Fibrosi cistica, la lettera di una paziente del centro di Lamezia: «Ci hanno abbandonati. Voglio vivere»

Il centro depauperato di professionalità a causa della burocrazia avrebbe al momento in organico solo una pediatra e una psicologa
di Tiziana Bagnato
8 febbraio 2018
18:20

«Mi chiamo Lucia, ho 44 anni, sono affetta da fibrosi cistica e dipendo dal centro F.C. regione Calabria di Lamezia Terme». Inizia così la lettera indirizzata alla stampa da una delle pazienti che dipendono per le cure dall’ospedale Giovanni Paolo II, l’unico in cui è allocato un centro per la cura della fibrosi, ma anche quello teatro di proteste e sit in perché, a quanto pare, i medici sono sempre meno e sempre meno formati.


Dall’apertura, afferma l’associazione "Respirando La Vita" «tutti i medici e il fisioterapista respiratorio sono stati precari. A mano mano, si è arrivati a un punto di non ritorno: come personale medico, sono rimasti solo il direttore (un pediatra) e la psicologa. Da quanto noto, al momento, non c’è nessun medico».



«Sono nelle liste trapianti polmonari del centro Ismett Palermo. Da questo si può benissimamente dedurre che la mia situazione clinica non è delle più rosee – scrive Lucia - sono quattro anni che il nuovo centro è aperto e, con esso, in noi pazienti si era aperto un grande canale della speranza. Avremmo avuto palestre, fisioterapisti, stanze idonee e medici specializzati che si sarebbero presi cura di noi, invece siamo rimasti con un pugno di mosche. Il problema è che purtroppo la burocrazia ha messo letteralmente il centro in ginocchio, siamo rimasti con un solo dottore, che sicuramente è una figura importantissima e capace, ma da solo è completamente inutile; in più non abbiamo un fisioterapista respiratorio dal mese di luglio del 2017, anch'esso una figura preziosissima per la nostra patologia, anzi fino alla data sopracitata, il fisioterapista respiratorio è stato pagato dall'associazione "Respirando la Vita”, che si sta impegnando molto in questa direzione, altrimenti non ci sarebbe stato», continua lo sfogo di Lucia che ammette: «Io ho paura, ma tanta paura perché questa situazione precaria mi mette un'ansia che mi rende difficile l'approccio con le terapie.

 

Sono con l'ossigeno 24 ore al giorno e di queste 24 ne passo almeno 10 con un'altra terapia, respirazione ventilata, la mia condizione e grave e a me servirebbe tanta tranquillità. Con mio marito combattiamo tutti i giorni facendo tutto quello che c'è da fare per non morire e lasciare una bimba orfana e invece ci ritroviamo con i bastoni tra le ruote messi proprio da chi ci dovrebbe dare sollievo e, cosa più importante, fiducia e forza di volontà. Invece ci hanno abbandonati, e purtroppo qui c'è tanta gente che non può e non vuole portare i suoi cari in altri centri e in altre regioni.


«Come è possibile che possa succedere una cosa del genere? Non potevano lasciare quelle dottoresse -conclude Lucia - visto che hanno fatto un lavoro eccellente e hanno fatto dei master? Hanno trascurato le loro famiglie per far sì che i pazienti stessero bene e tranquilli: non finirò mai di ringraziarle. Ecco che mi vengono in mente tanti perché e tanti se, cosa ci rimane in Calabria


«Voglio solo che le cose si sistemino, voglio solo vivere per me, voglio vivere per la mia bambina e per mio marito e non lo trovo giusto che, per queste beghe burocratiche, ci vanno in mezzo vite di persone innocenti che hanno avuto solo la sfortuna di trovarsi dall'altra parte del fil di ferro».

 

Giornalista
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