Storie di sport

Badjinka: il viaggio della speranza e il calcio, sognando di diventare come Manè

La storia di Ansoumana, partito dal Senegal con il barcone per cercare fortuna in Calabria, fra il mondo dei dilettanti sui campi di periferia in Eccellenza e Promozione e i tanti lavoretti per mantenersi

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di Redazione
26 dicembre 2021
14:01
Ansoumana Badjinka con le maglie di Isola Capo Rizzuto e Acri
Ansoumana Badjinka con le maglie di Isola Capo Rizzuto e Acri

La “nuova” vita in Calabria, inseguendo il sogno di fare il calciatore e confrontandosi con la realtà di mantenersi facendo il badante oppure l'imbianchino. Quella di Ansoumana Badjinka è una storia di sport, ma è anche una storia di vita e di coraggio. Di chi è partito da molto lontano, per l’ormai noto “viaggio della speranza” e per quella traversata su mezzi di fortuna che ormai troppo spesso, purtroppo, si trasforma in tragedia. Inizia dal Senegal la sua storia. Dal villaggio nel quale, con i fratelli, affronta la durezza della vita africana, ma anche la spensieratezza che ti regala il calcio, sia pure senza giocare sul sintetico, senza avere la divisa da gioco, senza avere le scarpette firmate. Anzi, le scarpe, quelle per giocare, non le ha mai avute. Sempre a piedi scalzi.

La partenza dall’Africa

Nasce a Badjicounda, regione di Sedhiou, nel 1999, in Senegal, ed è lì che da bambino inizia a giocare a calcio. La vita non è semplice, tutt’altro. Crescendo non è più tempo di giocare, almeno da quelle parti, bensì di lavorare per mantenersi e per aiutare la famiglia. Ma lì, dove è nato, di lavoro non ce n’è. Ed allora, ecco il lungo viaggio per arrivare in Italia. Dapprima si sposta a Dakar, capitale del Senegal. Poi in Mali, in Burkina Faso, Niger e Libia. Da qui l’approdo in Italia con il barcone, con il classico viaggio della speranza. Un viaggio difficile, lungo, accompagnato dalla paura di non farcela.


Il Centro di accoglienza a Briatico

Il viaggio si conclude con l’approdo in Italia. La sua storia in Calabria comincia nel Vibonese. A Briatico un mese e mezzo nel Centro di Accoglienza per poi trasferirsi a Cosenza. Ed a proposito di accoglienza, Badjinka spiega di non aver mai dovuto fare i conti con il razzismo. «Nei miei confronti ho sempre trovato generosità e ospitalità. Per me gli italiani e quindi i calabresi sotto questo aspetto sono state delle persone fantastiche. Ho trovato gente che ha fatto del bene per me».

Il calcio per mantenersi

«Sono arrivato qui per lavorare e per aiutare la mia famiglia». Ed allora «mi sono trovato a fare il calciatore fra i Dilettanti per guadagnare qualcosa. E grazie a Dio finora ho sempre giocato». Ha iniziato in un campetto a Cosenza, dove un ragazzo togolese, vedendolo giocare, e notando le sue qualità, gli ha fatto conoscere il tecnico cosentino Toni Vivacqua. Questi «un giorno di venerdì, dopo la preghiera, mi ha fatto giocare in un campetto di calcio a 5 in via Popilia». È una sorta di provino, che Ansoumana supera brillantemente.

La carta d’identità e la Terza categoria

Vivacqua lo aiuta con le pratiche burocratiche per ottenere la carta d’identità. Quindi inizia a giocare in Terza categoria per farsi notare con la formazione cosentina del Nuova Magna Graecia. «Toni Vivacqua mi ha aiutato tantissimo. Ho giocato nella sua squadra dodici partite, segnando undici gol. E da lì sono passato a giocare in Promozione a Soveria Mannelli».

Le avventure in Calabria e l’idolo Manè

Salto triplo per Badjinka: approda infatti alla Garibaldina nel torneo di Promozione ed anche qui inizia a mettersi in mostra con qualche gol, tanto da trasferirsi poi al San Fili. Ha giocato anche con l’Acri, dove ha trovato due persone come Alessandro Reda e Danilo Ferraro «dirigenti che per me hanno fatto tanto, consentendomi di guadagnare qualcosa con il calcio e che ringrazio». Quindi eccolo alla Palmese e di recente con l’Isola Capo Rizzuto. Alessandro De Rose, che gli fa da procuratore, lo ha aiutato a trovare squadra durante questi anni. «Il calcio è il mio sogno. Il mio modello è Manè (attaccante del Liverpool e della Nazionale senegalese, ndr): sogno di diventare come lui. È nato dalle mie parti ed è un esempio per tutti noi, sia come calciatore, sia per quanto di buono sta facendo per il Senegal». Per quanto lo riguarda, dice di non aver ancora trovato, a livello calcistico «una vera opportunità, che mi consenta di emergere e di farmi valere».

I tanti lavori per mantenersi

Chi lo conosce lo descrive come un ragazzo umile, affettuoso, simpatico, riconoscente, voglioso di darsi da fare e di lavorare. Ed a proposito di lavori, ne ha fatti davvero tanti da quanto è arrivato in Calabria: «Ho fatto il manovale, il badante, l’addetto alle pulizie nel Centro di accoglienza, il pittore e altro ancora. Faccio questo per pagare l’affitto e per le scarpe da calcio. Qualcosa riesco a mandarla ai miei. Ma spero sempre di sfondare nel mondo del calcio».

Il Natale a Cosenza e il pensiero al Senegal

Della sua terra gli mancano tante cose, a cominciare dagli affetti, i genitori, gli amici, per proseguire con il cibo e con alcuni piatti tipici senegalesi. «Adesso vivo a Cosenza e mi sento cosentino ma spero un giorno di ritornare  nella mia terra per riabbracciare tutti». Il Natale, invece, non lo festeggerà: «Sono musulmano, però ho tanti amici che mi hanno invitato e lo passerò con loro, comunque in compagnia, e va bene così».

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