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di Giusy D'Angelo
13 febbraio 2023
07:07

Il culto della Madonna della Neve di Zungri e l’antico dipinto rinascimentale proveniente dalla bottega di Raffaello

Non solo grotte. La cittadina vibonese conserva un’opera di grande valore che la collega al noto artista rinascimentale. I dettagli sulle origini scoperti dopo un recente restauro (ASCOLTA L'AUDIO)

 

Storie
Madonna della neve, foto dalla pagina fb del santuario e della direttrice del Museo di Zungri Pietropaolo
Madonna della neve, foto dalla pagina fb del santuario e della direttrice del Museo di Zungri Pietropaolo

Le grotte, l’Insediamento rupestre e l’annesso Museo sono sicuramente i siti turistici più attrattivi per Zungri. Ma c’è un altro gioiello custodito nel cuore della città di pietra. E rappresenta il fulcro del sentimento religioso e della devozione popolare. Culto che ruota attorno al dipinto della Madonna della Neve. Dal 2006, la Chiesa che lo ospita è stata elevata a santuario mariano diocesano. Dal 2014, Zungri si fregia del titolo di “Citta mariana”. In occasione della festa, che si celebra ogni anno il 3, 4 e 5 agosto, il paese accoglie fedeli di ogni dove. I festeggiamenti partono già dal 26 luglio con l’avvio della novena, spettacoli pirotecnici e l’accensione delle luminarie. Ma quando nasce la devozione? E quali sono le particolarità del quadro che richiama ogni anno pellegrini da ogni angolo della Calabria e non solo? Ne abbiamo parlato con Caterina Pietropaolo, direttrice del Museo della civiltà contadina. 

Il culto della Madonna della neve

La devozione risale ad epoca rinascimentale: «Dai documenti storici si rileva – spiega la direttrice – la parrocchia era intitolata a San Nicola. Intono al 1600 a questo titolo è stato aggiunto quello di S. Maria ad Nives. Ricordiamo un insediamento rurale denominato “Zungri” esisteva da tempi ben più antichi. Il più antico documento a noi noto che parla del paese risale al 1310. È nota la citazione del castrum Messianum nel Malaterra e nelle Rationes decimarum Italiae. Si tratta di atti nei quali veniva riportato il pagamento delle decime, erano delle imposte stabilite dal papa sulle rendite degli istituti religiosi».


I fattori che influenzarono il culto verso la Madonna in Calabria sono molteplici: «Innanzitutto la presenza dei monaci orientali che dal VI all’ XI secolo d.C., a più tappe, arrivarono in Calabria, diffondendo il culto mariano con i “monasteri basiliani”. Poi la diffusione del monachesimo occidentale testimoniato dalle “abbazie benedettine e cistercensi” a cui seguirono altri prestigiosi ordini fino ad arrivare alla riforma del Concilio di Trento a metà del 1500, quando si ebbe un rifiorire della devozione popolare verso la Vergine». Il culto della Madonna della neve, molto diffuso in tutta l’area del Monte Poro, «può essere fatto risalire al periodo rinascimentale quando si moltiplicarono le dediche di chiese parrocchiali con il titolo di Santa Maria ad Nives o Santa Maria Maggiore. A Zungri, presumibilmente nello stesso periodo, venne eretta una chiesa in onore della Madonna della Neve. Non è però nota la data di costruzione ma di certo alla data 5 maggio del 1586 questa esisteva già, in quanto compare nei documenti inerenti la visita pastorale del vescovo di Mileto, monsignor Del Tufo, che descrisse nei particolari gli arredi ed il quadro posto nell’altare maggiore».

La leggenda del quadro

Del quadro si hanno pochissime notizie. Tante leggende ma nessun documento che ne attesti la provenienza: «Secondo la tradizione popolare, il dipinto venne rinvenuto casualmente in un terreno privato pieno di spine e rovi. Una volta recuperato venne collocato nella chiesa matrice di San Nicola, poi distrutta dal terremoto del 1905. Tuttavia l’opera, inspiegabilmente, il giorno successivo venne rinvenuta nel luogo in cui era apparsa per la prima volta. Gli abitanti non ebbero dubbi, non poteva che trattarsi di un segno. La Madonna stava indicando il luogo dove, per suo volere, doveva essere eretta la chiesa a lei dedicata».

L’opera, la particolarità

Il dipinto (120 x 110, olio su tavola), rappresenta un momento di incontro tra la Madonna, il bambino Gesù, San Giovannino e Santa Elisabetta: «La Madonna, dai lineamenti fini, è seduta al centro avvolta in un manto color oro che ricopre la sua veste rossa di raffinato velluto. Con il suo sguardo amorevole – fa presente la direttrice del Museo - osserva compiaciuta il gesto del figlio che allunga il braccio per accarezzare sul volto Giovannino che, inginocchiato sulle gambe di Elisabetta, si sporge verso il Bambino Gesù. Elisabetta appare di profilo, ha lo sguardo rivolto ai due bambini ed è in ginocchio accanto al trono su cui siede la Madonna. Nella parte superiore del dipinto, alle spalle di Elisabetta, si apre una finestra su un paesaggio in lontananza. Vi è rappresentato il Colle Esquilino innevato con chiaro riferimento alla Madonna della Neve (Santa Maria Maggiore), un rivolo d’acqua e un alberello che si staglia sui colori del cielo al tramonto».

Il quadro di Zungri e i legami con la bottega di Raffaello

Ci sono caratteristiche degne di nota che accostano l’opera conservata nella cittadina del Poro a dipinti ospitati in prestigiosi musei: «Una tavola simile a questa della Madonna della Neve di Zungri che ripropone lo stesso tema, quello della Sacra Famiglia, con una medesima configurazione e disposizione delle figure, si conserva al Louvre ed è ritenuta opera eseguita nella bottega di Raffaello tra il 1518 e il 1519. Nel dipinto di Zungri, la scena non si svolge su uno sfondo paesaggistico. Il paesaggio appare dall’interno di un ambiente tra un tendaggio e una finestra. Questa soluzione è stata adottata in un’altra opera di Raffaello, la Sacra Famiglia di Francesco I datata al 1518 che fu commissionata dal Duca di Urbino Lorenzo».

Pertanto «l’impostazione delle figure, la soave espressione dei volti, la somiglianza tra il viso di Elisabetta nel dipinto di Zungri e quello della stessa nell’opera di Raffaello, la medesima soluzione di trasferire la scena su uno sfondo paesaggistico fuori dall’interno in cui essa si svolge adottando la soluzione della finestra, i forti contrasti dei colori, lasciano dedurre che l’autore del dipinto della Sacra famiglia di Zungri, potesse essere stato, se non proprio Raffaello, qualche suo discepolo», rimarca la Pietropaolo.

I restauri del 1977 e 2018

Oltre ai parallelismi, a fugare ulteriormente i dubbi anche un restauro messo in atto nel 2018. Ad eseguire i lavori, Caterina Bagnato. Ma già nel 1977, dopo restauro portato avanti dalla Soprintendenza di Cosenza, nella relazione a firma della storica dell’Arte Maria Pia Di Dario Guida si faceva presente: “La tavola raffigurante la Madonna col Bambino, S. Elisabetta e San Giovannino della chiesa parrocchiale di Zungri, nota come la Madonna della Neve, è da ritenersi copia antica o replica dalla cosiddetta Piccola Sacra Famiglia ora conservata nel museo di Louvre a Parigi, ritenuta di solito opera eseguita nella bottega di Raffaello negli anni 1518-1519 per il cardinale Gouffier de Boissy.”

Bisogna ricordare che «alla morte di Raffaello nel 1520 la sua bottega fu ereditata dal pittore Giulio Romano. Sul manto della Madonna di Zungri, casualità vuole, vengono riportate proprio due iniziali, probabilmente attribuibili a Giulio Romano, GR. Dunque, secondo il parere degli storici dell’arte, il quadro proviene direttamente da questa importante bottega ed il finissimo disegno di base, emerso durante il restauro ed evidenziato grazie a speciali radiografie, sia stato eseguito dallo stesso Raffaello».

La pulizia del quadro e la sua conservazione

Entrando nei dettagli tecnici «l’azione pulente realizzata durante il restauro fu selettiva e conservativa. Si intervenne sulle sostanze estranee e puntò a non lasciare residui dei solventi impiegati che avrebbero potuto danneggiare i materiali originali. Gli esami stratigrafici dell’opera, eseguiti preliminarmente con la collaborazione della Emmebì di Roma, servirono a svelare il disegno preparatorio sottostante. La campionatura materica e pigmentaria fu utile a identificare le sostanze impiegate nei precedenti restauri. Un’operazione indispensabile, in quanto alcuni interventi risultarono approssimativi e poco attenti alla “durabilità”, qualità fondamentale perché l'opera possa resistere nel tempo. In più la dottoressa Bagnato riscontrò la presenza di gesso, una sostanza sopraggiunta estranea, che avrebbe potuto rivelarsi dannosa per la conservazione del dipinto».

Proprio per questo, l’ultimo intervento sull’opera è stato fondamentale per la sua conservazione: «Oltre ad una pulizia dell’opera ed un lavoro di reintegrazione, è stato realizzato un “clima-box”, ovvero una teca a tenuta stagna, in grado di preservare l’opera dagli agenti atmosferici, di mantenerla ad una temperatura e un’umidità costanti, e monitorare “da remoto” eventuali variazioni fisico-chimiche interne, grazie a uno specifico programma computerizzato», conclude la Pietropaolo. Segno che la cura nei confronti del prezioso reperto è al centro degli interessi degli abitanti di Zungri e di tutti i fedeli che si sentono intimamente legati alla Madonna venerata con il titolo “della Neve”.

*Alcuni dettagli e informazioni storiche provengono dal libro di Monsignor Aurelio Sorrentino, “Maria SS. della neve patrona del popolo di Zungri” e dal volume “La chiesa e il quadro della Madonna della neve” di Eugenio Sorrentino. Sul restauro, dall’articolo pubblicato nel 2018 su Affaritaliani.it a firma di Antonio Magliulo.

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