Elezioni regionali, Calabria aperta: appello dei 141 al campo riformista - Notizie
I firmatari: «Il consenso di cui la destra gode si basa sull'astensione del 56% dell'elettorato calabrese: più di metà della popolazione della regione è priva di rappresentanza»
La pandemia ha cambiato il mondo, le nostre vite, le nostre relazioni con gli altri. Ha abbattuto i confini ma rischia di erigerne di nuovi, fra ricchi e poveri, fra garantiti e precari, fra stati e regioni. Ci ha fatto capire che siamo tutti vulnerabili e tutti interdipendenti ma ci costringe a vivere confinati nelle nostre case e connessi solo in rete.
Rende più pressante la domanda di diritti e beni comuni, ma ci obbliga a lottare duramente per imporla sui criteri del profitto e del mercato. Ci dice che nessuno si salva da solo, ma ci obbliga per evitare il contagio a una disciplinata solitudine. Accentua il bisogno di partecipazione democratica, ma ci espone a soluzioni di governo tecnocratiche e autoritarie.
Siamo dunque sul bordo di una crisi che può portarci molto avanti, o spingerci molto indietro. A deciderne la direzione, come in tutte le grandi crisi della storia, può essere solo uno scatto politico. A livello globale, e a livello locale: mai come oggi occorre pensare globalmente e agire localmente. Vale anche per noi, nella nostra regione.
Come e più di altre parti d'Italia, la Calabria è arrivata sguarnita a questo evento imprevisto: con un sistema sanitario dissestato; un tessuto economico esile; un sistema scolastico carente dei necessari supporti tecnologici; una rete dei trasporti piena di buchi. Ma ha scoperto anche i suoi punti di forza: l'aria pulita che non toglie il respiro ma lo alimenta; gli spazi poco popolati che non rischiano assembramenti; una forma di vita che non dipende interamente dal mercato e dal consumo. Sembra poco ma saranno risorse ricercatissime nel prossimo futuro.
Come e più che in altre parti d'Italia, in Calabria la politica è screditata. Non c'è bisogno di fare la storia di questo lungo e progressivo screditamento. Ma il suo punto d'arrivo più recente, che ha portato la destra sovranista alla guida della regione, rischia di mettere sulla politica una pietra tombale definitiva, perché copre tutte le sue falle con un richiamo all'orgoglio e all'identità calabrese che chiudono la Calabria su se stessa invece di aprirla sul mondo e sul futuro.
Il consenso di cui la destra gode si basa sull'astensione della maggioranza, il 56%, dell'elettorato calabrese. Significa che più di metà della popolazione della regione è priva di rappresentanza e non l'ha trovata nell'offerta politica delle regionali dello scorso gennaio. Anche di questo elettorato fa parte quella società vitale che non sale mai alla ribalta dei media: donne e uomini che lavorano, in ogni campo e ad ogni livello, fuori da condizionamenti criminali e da pressioni indebite, amministratori e amministratrici innovativi, imprenditori e imprenditrici che aprono nuove strade, associazioni di volontari che suppliscono le carenze del welfare, esperienze di cittadinanza attiva, pratiche di politica autorganizzata, comunità di accoglienza dei e delle migranti, reti di produzione e circolazione culturale dentro e fuori le istituzioni scolastiche e universitarie, reti di connessione fra calabresi residenti e calabresi della "diaspora".
A questa società che vive e fa vivere la Calabria ci rivolgiamo per chiederle un atto di fiducia in se stessa e nella rinascita di una comunità politica. Alle forze politiche progressiste interessate a un vero cambio di passo chiediamo di aprirsi con generosità e senza egoismi a questa rinascita, e di esserne parte.
Come in tutti i momenti di svolta, è la realtà a indicare la strada e a scrivere l'agenda. Ripristinare i diritti costituzionali alla sanità, al lavoro, all'istruzione, alla mobilità; riscrivere il titolo V della Costituzione e contrastare gli attuali progetti di autonomia differenziata; perseguire una legalità garantista ed una intransigente lotta alla criminalità mafiosa; valorizzare le minoranze linguistiche arbëreshe, grecaniche e occitane e, anche attraverso esse, instaurare più strette relazioni con i vicini Paesi mediterranei; portare la Calabria come una risorsa, non come un problema, al tavolo della ricostruzione post-pandemica, ambientale, economica e istituzionale, nazionale ed europea.
È la normalità che in Calabria equivale a una rivoluzione.