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sabato 5 settembre 2020 | 07:01
Cronaca

«Ho adagiato il corpicino senza vita di mio figlio sul petto della mamma morta con lui» - Notizie

VIDEO | La drammatica testimonianza del compagno della donna al sesto mese di gravidanza deceduta all’Annunziata di Cosenza per un arresto cardiaco. Dopo la denuncia in Procura, l’uomo punta il dito contro le inefficienze della sanità calabrese: «I miei angeli hanno pagato per colpe non loro, basta ingiustizie»

di Salvatore Bruno

Le spoglie di Mariangela Colonnese e del piccolo Leonardo riposano nel cimitero di Longobardi. Dopo la cerimonia funebre celebrata nella Chiesa di San Nicola Saggio, Marco Abate, compagno della donna e padre della creatura che portava in grembo, ha adagiato il bimbo sul petto della mamma, stringendo i loro corpi in un tenero ed eterno abbraccio.

Progettavano di sposarsi

Marco e Mariangela vivevano insieme da più di quattro anni in una casa affacciata sul Tirreno cosentino. Quel figlio lo desideravano da tempo. Avevano scelto il nome e, progettando in futuro di unirsi in matrimonio, immaginavano il piccolo percorrere la navata centrale della chiesa, accompagnando la sposa all'altare. Un sogno spezzato dalla morte improvvisa della giovane.

In attesa dei risultati dell'autopsia

L'esame autoptico, già eseguito dai periti, dovrà chiarire le circostanze del decesso. Mariangela, 34 anni, era al sesto mese di gravidanza, con data presunta del parto fissata per il 5 dicembre. Ha cessato di vivere poche ore dopo il ricovero nel reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale dell'Annunziata, dove la ragazza era giunta, il 19 agosto scorso, in preda a vomito e forti dolori intestinali. Per la verità aveva già varcato la soglia del pronto soccorso una settimana prima, sempre a causa degli stessi sintomi. I sanitari le avevano somministrato alcuni farmaci prima di disporne le dimissioni.

La scelta di tornare in ospedale

Per qualche giorno le fitte erano cessate. Poi la nuova escalation di disturbi avevano indotto la coppia a tornare nel nosocomio bruzio. «La mattina del 20 agosto ho sentito Mariangela ed era stremata dopo quella notte trascorsa in reparto. Quasi non riusciva a respirare - racconta Carmine Abate ricostruendo le ultime drammatiche ore di vita della donna - L'avevano lasciata sola. Dopo le undici il suo telefono risultava spento. Non so chi lo abbia disattivato: la batteria era carica. Ho poi verificato che qualcuno aveva provato a riaccenderlo inserendo però per due volte un codice pin errato».

La sequenza delle telefonate

«Per avere notizie - continua Marco Abate - ho telefonato in reparto. Una prima volta hanno riagganciato, quindi mi hanno richiamato informandomi della gravità delle condizioni della mia compagna. Era andata in arresto cardiaco. Il suo cuore è rimasto fermo per più di quaranta minuti». Alle 21,10 i sanitari hanno dichiarato la morte della donna. In preda al dolore ma senza indugio, Marco Abate si è presentato negli uffici della questura di Cosenza, per sporgere denuncia.

Basta malasanità

«Mariangela e Leonardino hanno pagato per colpe non loro - dice l'uomo - È arrivato il momento di dire basta alle ingiustizie, nei confronti delle donne e di tutti noi cittadini, alle prese con una sanità inefficiente e medici che farebbero bene ad appendere al chiodo i ferri del mestiere». Sulla vicenda ci sono tre inchieste aperte. Quella della magistratura è condotta dal Procuratore capo di Cosenza Mario Spagnuolo e dal sostituto Emanuela Greco. C'è poi una indagine interna dell'Azienda Ospedaliera e quella del Ministero della Salute. Il titolare del dicastero, Roberto Speranza, ha inviato i propri ispettori per vagliare la dinamica dell'accaduto.

Appello ai testimoni

C'è poi un aspetto su cui presto potrebbero giungere novità. Secondo Marco Abate, Mariangela era in stanza con altre tre pazienti. Poi sarebbe stata spostata in una singola. Forse queste tre donne anche loro ricoverate, potrebbero offrire elementi utili a ricostruire la verità. Presto potrebbero essere convocate dagli inquirenti come persone informate sui fatti. Marco Abate ha lanciato loro un appello: «Mettetevi in contatto con La C Tv o direttamente con me attraverso i social: voglio sapere cosa è successo quella notte».