Collettivo Riscossa, in nove a giudizio VIDEO

Rissa, lesioni aggravate e tentato omicidio sono le accuse da cui a vario titolo si dovranno difendere nel corso del dibattimento
di Gabriella Passariello
6 luglio 2015
16:44

Tutti a giudizio i nove imputati facenti parte di due gruppi di giovani militanti in opposte fazioni politiche, protagonisti il 30 ottobre 2010 di una mega rissa davanti al centro sociale Riscossa che culminò nel tentato omicidio di Ruben Munizza, 29 anni, raggiunto da due fendenti alla schiena. Il gup del Tribunale di Catanzaro Domenico Commodaro ha mandato a processo Giuseppe Rossi , Dario De Liberto e Fabio Saliceti, militanti di estrema sinistra che secondo le ipotesi accusatorie “in concorso tra di loro avrebbero colpito ripetutamente con un’asta Carmelo La Face”, anche lui a giudizio, “provocando fratture multiple e la rottura della milza”. E ancora  Vincenzo Marino, Salvatore Mazza, Carlo Cassala, Stefano Mancuso e lo stesso Ruben Munizza, che dovranno difendersi a vario titolo  l’11 dicembre prossimo quando avrà inizio il dibattimento (assistiti dai legali Orlando Sapia, Carlo Petitto, Nicola Cantafora, Alessio Spadafora, Gianfranco Marcello), di  rissa, lesioni aggravate dall’uso delle armi e tentato omicidio.  Il giudice per le udienze preliminari ha accolto quasi in toto la richiesta del pubblico ministero che aveva però invocato in aula il non luogo a procedere per Marino, Mazza e  un decimo imputato Valerio Bagnato, che nella scorsa udienza è stato ammesso al rito abbreviato. La Procura fece notificare in periodi diversi due avvisi di conclusione delle indagini,  ricostruendo tutte le fasi della rissa e del successivo accoltellamento del giovane del collettivo “Riscossa”, grazie sia alle testimonianze dei protagonisti, che hanno iniziato a collaborare con gli inquirenti dopo le reticenze iniziali, sia grazie alle indagini della Digos e ad alcune intercettazioni ambientali fatte nella stanza di ospedale in cui era stato ricoverato La Face, che nella rissa riportò la frattura del braccio. Sarebbe stato lui stesso, parlando con un amico, a fornire uno spaccato di quanto accaduto la sera del 30 ottobre 2010 davanti alla sede del centro sociale Riscossa. «Te l’ho spiegato come è andata - dice La Face - schiaffi, pugni e calci. Loro picchiavano e io salivo, loro picchiavano ed io salivo. Mi hanno chiuso la porta in faccia. Hanno avuto paura perché avevo la faccia piena di sangue. Se eravamo tre in più gli sfondavamo tutto». Dalle intercettazioni emerge anche come  Marino, parlando con lo stesso La Face si dica intenzionato a fornire agli inquirenti la sua “verità” per alleggerire la posizione del figlio e degli amici. Una “verità” che, a suo avviso, vedeva i militanti di destra aggrediti a bastonate dagli esponenti della sinistra. Per l’accusa, tuttavia, i fatti si svolsero in maniera diversa in un primo momento. Furono gli esponenti dell'estrema destra a passare davanti alla sede del centro sociale ed a sbeffeggiare i "rivali" per poi lanciare un mattone contro una delle finestre della sede, rompendola. Un gesto che provocò la reazione dei frequentatori del collettivo Riscossa e che portò ad una rissa nella quale ci furono feriti da entrambe le parti, tanto che per rissa sono stati indagati, già un anno fa, anche alcuni militanti di sinistra. Dopo quell'episodio, però, a distanza di poche ore, per gli inquirenti Marino, La Face e Mazza avevano organizzato “una vera e propria spedizione punitiva nei confronti dei giovani del collettivo Riscossa”, che si concluse con l’accoltellamento di Ruben Munizza, raggiunto da due fendenti alla schiena sferrati da un uomo la cui identità resta ancora misteriosa.


Gabriella Passariello


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