Il colonnello Fazio “vittima del dovere”, prossima udienza nel 2019

L’amarezza del figlio: «Speravo che questa giornata potesse mettere fine a questo dolore che mi porto dentro da cinque anni. Invece mi ritrovo a dover continuare la mia lotta»
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di Redazione
4 maggio 2018
10:28
Il figlio del colonnello Fazio
Il figlio del colonnello Fazio

«In merito alla vicenda che vede coinvolta la figura di mio padre e il diniego da parte del Ministero degli interni, per ben due volte, al riconoscimento dello status di vittima del dovere, dopo essermi rivolto prima al Tar, questi mi rimandava per competenza d’innanzi al giudice del lavoro, presso il quale ieri si è svolta la prima udienza». Così il figlio del colonnello dei Carabinieri Cosimo Giuseppe Fazio, Antonino Carlo Fazio, morto il 15 agosto del 2013 mentre stava coordinando le operazioni di sbarco di un gruppo di migranti al porto di Reggio Calabria.

 


«Dopo quasi 5 anni speravo di poter mettere la parola fine a questa dolorosa vicenda, ma evidentemente mi sbagliavo. Benché sia arrivata la solidarietà da centinaia e centinaia di persone, scrivo queste righe in assoluta solitudine, utile a smaltire (o almeno ci provo) la delusione e il dolore che la giornata appena trascorsa mi ha riservato.

Udienza rinviata

Da un lato mi lascia sorpreso il rinvio di un anno e mezzo (19 novembre 2019) della prossima udienza, determinato da un surplus di lavoro che affolla le aule dei tribunali reggini e mi fa pensare a quanto sordo sia il Consiglio Superiore della Magistratura nel non aver mai cercato di ovviare a questo annoso problema che porta la giustizia, in questo caso reggina, a tempistiche fuori dalla norma, dettato da un organico di magistrati inferiore a quello necessario, ma probabilmente il Csm non lo sa o, cosa ancora più grave, ne è a conoscenza ma non lo ritiene tanto importante da impegnarsi per una rapida risoluzione, ovvero quella di aumentare il numero dei magistrati….ma questa è un’altra storia.

Negato il riconoscimento di “vittima del dovere”

La cosa che maggiormente mi ferisce – continua il figlio del colonnello - è il modo con cui il Ministero degli Interni abbia cercato di difendere la propria posizione in merito al diniego del riconoscimento dello status di vittima del dovere per mio padre. Secondo questi il 15 agosto 2013 non è da considerarsi una giornata “particolare” per Reggio Calabria (mai prima di allora la citta dello stretto aveva vissuto un’emergenza simile….); non è da considerarsi una situazione di “emergenza” il fatto che stessero sbarcando, per la prima volta e quindi con tutte le novità organizzative del caso, dei migranti venuti da paesi in guerra; non è da considerarsi un rischio superiore alle normali attività d’istituto il fatto di essere impegnati in qualcosa che non era mai avvenuto nella nostra città.


In soldoni, per il Ministero degli Interni, il fatto che agenti della Polizia Municipale vengano impiegati in delicate attività di soccorso e accoglienza, rientra nella “normale attività di servizio”; altresì sottolinea che gli appartenenti alle Forze dell’Ordine fanno di per sé un lavoro esposto a rischio, vale a dire: “indossi una divisa, pertanto lo sai che puoi morire, quindi fatti tuoi se durante il lavoro perdi la vita!”

«Una menzogna che mio padre fosse cardiopatico»

Ma c’è un passaggio che più di ogni altro mi addolora e non poco, perché credo che in un contenzioso legale ci stia il volersi fronteggiate con ogni mezzo, ma la menzogna no!  Perché trovo indecente che il Ministero degli Interni attribuisca il malore di mio padre non come conseguenza di una giornata infernale sotto tutti i punti di vista, ma perché (secondo loro) mio padre fosse afflitto da una pregressa patologia cardiaca e quindi fosse predisposto alla possibilità di un malore simile. Trovo questa menzogna di una cattiveria assoluta.

 

Mio padre non era affatto cardiopatico, non ha mai sofferto di cuore e le patologie a lui riconosciute come causa di servizio non hanno nulla a che vedere con il cuore o il sistema cardiocircolatorio.

«Continuo ad avere fiducia nella giustizia»

Speravo che questa giornata potesse mettere fine a questo dolore che mi porto dentro da 5 anni, che potessi finalmente dire: “Giustizia è fatta!”….invece mi ritrovo a dover continuare la mia lotta, a doverla combattere su più fronti, conscio che sarà dura, molto dura, ma la fiducia nella giustizia e la vicinanza di tutti coloro i quali oggi hanno espresso il loro disappunto e la loro solidarietà mi da la forza di andare avanti, per mio padre e per tutti quelli che come me sono alla ricerca della vera giustizia!».

 

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