Le indagini

Vibo, la cooperativa “Nautilus” usata come un bancomat: arrestato il liquidatore, sequestrati beni per 864mila euro

Il commissario si sarebbe appropriato di ingenti somme di denaro della procedura concorsuale giustificazione, sia in favore proprio che a beneficio di un'altra persona

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29 febbraio 2024
11:27

La Sezione di Polizia giudiziaria - aliquota Guardia di finanza - della Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha dato esecuzione a un'ordinanza di applicazione di misura cautelare personale degli arresti domiciliari per il reato di peculato, nei confronti di un indagato, e ad un decreto di sequestro preventivo di beni per un ammontare pari a € 864.396,00, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti di due soggetti e di una società operante nel settore dell'elaborazione di dati, emessi dal Gip del Tribunale di Vibo Valentia su richiesta della Procura della Repubblica.

Le indagini hanno permesso di appurare come uno degli indagati, Mauro Damiani, di Foligno, nominato dal ministero dello Sviluppo Economico quale commissario liquidatore della società cooperativa vibonese "Nautilus", posta in liquidazione coatta amministrativa, si sia appropriato, nel tempo, di ingenti somme di denaro della procedura concorsuale - pari all'importo sequestrato - attraverso assegni e bonifici, privi di giustificazione, sia in favore proprio che a beneficio di un'altra persona, nonché di una società riconducibile al proprio nucleo familiare.


In particolare, dagli accertamenti svolti è emerso che il commissario liquidatore avesse aperto due conti correnti intestati alla società in liquidazione coatta amministrativa, uno solo dei quali veniva reso noto al ministero dello Sviluppo Economico, e tramite gli stessi effettuasse importanti movimentazioni di denaro, senza fornire alcuna rendicontazione né documentazione giustificativa, procurando così un indebito vantaggio economico a sé e a soggetti a lui vicini, causando al contempo un danno patrimoniale di rilevante gravità alla società in liquidazione e ai creditori della stessa. Al professionista viene, inoltre, contestato il reato di cui all'art. 223 del R.D. 267/1942, per aver aggravato il dissesto della società esponendo fatti non rispondenti al vero.

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