Inchiesta Cosa Mia, restituiti i beni all'imprenditore Mattiani

La Cassazione accoglie la tesi degli avvocati Alvaro e Milicia. Ritornano nella disponibilità della famiglia Mattiani l'hotel "Arcobaleno" e il "Gianicolo", importante struttura ubicata nel cuore di Roma

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di Redazione
31 maggio 2018
20:00

Accogliendo le tesi difensive degli avvocati Domenico Alvaro e Giuseppe Milicia, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura Generale di Reggio Calabria che aveva chiesto l’annullamento del decreto della Corte di Appello – Sezione per le Misure di Prevenzione – con il quale, nel dicembre dello scorso anno, erano stati revocati il sequestro e la confisca dell’ingente patrimonio aziendale ed immobiliare di Giuseppe Mattiani, 82 anni, noto imprenditore alberghiero di Palmi, da diversi decenni impegnato in politica ricoprendo anche rilevanti ruoli istituzionali. 

 


Gli hotel

La Suprema Corte ha convalidato la legittimità del provvedimento di appello che aveva ribaltato la decisione del Tribunale di Reggio Calabria, con la quale Giuseppe Mattiani era stato ritenuto appartenente alla cosca dei Gallico ed era stato quindi sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza oltre che alla confisca del compendio patrimoniale ed aziendale suo e di tutta la sua famiglia, compresi l’hotel “Arcobaleno”, sito sulla costa palmese e l’hotel “Gianicolo” posto in uno dei quartieri più prestigiosi di Roma, che ritornano, pertanto, nella disponibilità della famiglia Mattiani.

 

“Cosa Mia”

La proposta per la misura di prevenzione personale e patrimoniale aveva avuto origine dalle indagini investigative della DDA di Reggio Calabria relative al processo “Cosa Mia”, nei confronti della cosca Gallico e, in particolare, da alcune intercettazioni tra Giuseppe Gallico, già condannato all’ergastolo, ed il suo difensore ed i familiari, nel corso delle quali, allo scopo di predisporsi la linea difensiva per l’accusa di estorsione in danno di Giuseppe e Pasquale Mattiani, il detenuto faceva riferimento ad appoggi elettorali dati a Giuseppe Mattiani nel contesto delle sue candidature a Sindaco del Comune di Palmi. Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, Pasquale Gagliostro e Marcello Fondacaro, avevano poi indotto la Procura Distrettuale a chiedere ed ottenere dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione Misure di Prevenzione - il sequestro e poi la confisca dell’intero patrimonio della famiglia Mattiani, stimato dagli amministratori giudiziari in oltre trenta milioni di euro.

 

L'iter giudiziario

I difensori avevano impugnato il decreto del Tribunale di Reggio Calabria contestando analiticamente l’assunto che Giuseppe Mattiani fosse colluso con la cosca Gallico. Hanno poi proceduto ad una complessiva valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, mettendo in risalto le contraddizioni, le inattendibilità, le aporie e le smentite documentali del loro narrato.

 

 

La Corte di Appello, riesaminando l’intero incarto processuale, aveva dato ragione alla difesa, escludendo la pericolosità sociale di Giuseppe Mattiani e disponendo la restituzione alla famiglia Mattiani di tutti i beni immobiliari, dei conti correnti, della villa e delle case di abitazione, dei due alberghi e di tutti gli altri cespiti, che erano stati sequestrati e confiscati in primo grado. Ma la vittoria della difesa era stata subito cancellata dal ricorso per Cassazione proposto dalla Procura Generale, che aveva anche chiesto ed ottenuto la sospensione degli effetti della decisione della Corte di Appello sino all’esito del giudizio di legittimità.

 

Il conflitto dialettico tra accusa e difesa si era così spostato nelle sedi romane della Suprema Corte di Cassazione, dove gli avvocati Domenico Alvaro e Giuseppe Milicia hanno sostenuto con corpose memorie in diritto l’inammissibilità del ricorso della Procura Generale. Tesi ora accolta dagli Ermellini che hanno posto fine al contenzioso confermando la mancanza di profili di pericolosità sociale dell’anziano imprenditore palmese e, quindi, l’intangibilità del patrimonio della sua famiglia.

 

La soddisfazione dei difensori

Comprensibile la soddisfazione dei difensori di Giuseppe Mattiani, avvocati Giuseppe Milicia e Domenico Alvaro, che hanno dichiarato:  “il procedimento di prevenzione  che aveva prodotto il sequestro e poi la  confisca  degli hotel Gianicolo e Arcobaleno  e l’imposizione della sorveglianza speciale nei confronti dell’ottantenne Peppino Mattiani, si è concluso ieri sera dopo cinque anni, con il pieno e definitivo riconoscimento delle ragioni della difesa. E tuttavia la vicenda giudiziaria che ha investito l’imprenditore palmese mette in evidenza le molte ombre di un sistema, quello delle misure di prevenzione, che, sulla base di un processo poco più che sommario, non risparmia nemmeno le vittime di reati di mafia, come nel caso di Mattiani ed aggredisce le aziende, le sottrae all’imprenditore e solo quando, tardivamente, il diritto si riprende il suo spazio, le restituisce gravate di danni spesso irreparabili. Salutiamo quindi con soddisfazione - hanno concluso i due penalisti –  l’esito della procedura, rafforzato dall’autorevole e definitiva decisione della Corte di Cassazione, ma auspichiamo che la materia delle misure di prevenzione si arricchisca di una maggiore cultura della giurisdizione a garanzia di beni costituzionalmente protetti”.

 

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