Esondazione Crati, la rabbia degli agricoltori: «Tragedia annunciata e denunciata»

VIDEO-INTERVISTE | Sono anni che lo dicono agli Enti competenti ma i loro esposti sono caduti nel vuoto. «Gli argini ceduti a Gorgana del Crati erano fragili da anni». La provvidenza ha voluto che in quel momento non ci fossero persone in quei campi che ogni giorno si riempiono di raccoglitori di clementine

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di Marco  Lefosse
28 novembre 2018
16:53
Esondazione del fiume Crati
Esondazione del fiume Crati

C’è chi ha perso tutto, c’è chi con fatica prova subito a rialzarsi, c’è chi aveva avvisato che prima o poi sarebbe accaduto e, oggi, con rabbia vuole giustizia; e c’è anche chi si rimbocca le maniche per aiutare quanti stanotte sono stati svegliati dalla furia improvvisa del Crati. Sono questi i fotogrammi dei volti, delle espressioni, delle azioni che da stamattina si scorgono a Thurio, nella storica frazione a ovest di Corigliano-Rossano, piombata nello sconforto e nella desolazione di un’inondazione che ha spazzato via qualsiasi cosa avesse difronte.

L’Amico Crati - così lo chiamano da queste parti con non poca diffidenza - dall’inondazione dell’antica Sibari in poi non ha mai lasciato tregua a quanti gli abitano attorno. Prima li avvisa e poi mangia tutto quello che gli è davanti. Quello di stanotte non è stato un evento eccezionale, ma ancora una volta il dramma e la paura di centinaia di famiglie, poteva essere evitato se solo fosse stata fatta prevenzione. In quelle case dove nessuno sa come e quando ritornare, ormai c’è solo acqua e disperazione. Ci sono mamme che piangono disperate e affrante perché le case dei loro figli, messe su con i sacrifici di una vita, forse non saranno mai più come prima. Ci sono i vivaisti della zona, come Carmine Falco, che con l’esondazione di stanotte ha registrato un danno aziendale di quasi un milione di euro. Ci sono i pastori che hanno perso tutto il bestiame. E ci sono agrumicoltori, produttori di quell’oro della Sibaritide chiamato Clementina, che d’un tratto hanno visto portarsi via dalle acque il raccolto di una stagione intera. Oltre 500 ettari di terreno sono stati sepolti dalla sabbia e dal limo del Crati e altri mille hanno subito quasi la stessa sorte, nel solo comune di Corigliano-Rossano.


Una tragedia annunciata… da anni

Il primo campanello d’allarme fu nel 2009, quando, causa un alluvione che si abbatte nell’area urbana di Cosenza, il Crati (che sgorga dalle montagne bruzie) si riempì cancellando gli argini nel tratto che dalla Diga di Tarsia, per una ventina di chilometri, sfocia nello Jonio. Ci furono, allora, anche due feriti per il crollo di un ponte. Quella piena straordinaria trascinò nel letto del fiume, uno dei più grandi della Calabria, detriti di ogni genere che non solo innalzarono il greto fluviale, quanto, in alcuni tratti modificarono lo stesso corso delle acque.

 

Nel gennaio 2013 la replica. Il Crati esonda e riempie d’acqua tutto l’agro sulla sponda destra, nei comuni di Spezzano Albane, Cassano Jonio e un’area di Apollinara (estrema periferia dell’allora comune di Corigliano). Non solo, la furia del potamòs della Magnagrecia, fece registrare la più grande inondazione mai registrata dell’antica Sybaris, dopo quella epicamente indotta dai crotonesi e da Pitagora. Gli scavi archeologica dell’antica colonia achea vennero sommersi e portati a galla solo nella primavera del 2017 dopo un intervento costato circa 4 milioni di euro. Ma quegli argini fragili rimasero li.

L’anima fragile del Crati: gli argini

«Non sono bastate le decine e decine di segnalazioni, esposti, denunce fatte ai Vigili del Fuoco, alla Protezione civile, alla Procura, al Comune, alla Regione Calabria – dice Francesco Romano ai microfoni di LaC News24 – dove noi agrumicoltori della zona segnalavamo che l’argine di località Gorgona era diventato così sottile, tanto che avrebbe potuto provocare danni irrimediabili». Così è stato. Quell’argine stanotte ha ceduto sotto i colpi di una piena, forte ma non eccezionale. E meno male che è arrivata di notte. Perché se quanto accaduto si fosse verificato di mattina, nel momento in cui i campi, di questi tempi, si affollano di raccoglitori, sarebbe stata una tragedia immane. È stata una fortuna oggi per Thurio e nel 2015 per Rossano, quando, con simili modalità straripò il Citrea in località Sant’Angelo: tutti illesi. Ma la provvidenza e la fortuna non aiutano sempre. Soprattutto quando non si è audaci. E l’audacia a queste latitudini si chiama prevenzione. 

 

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Giornalista
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