La storia di Ferdinando Caristena raccontata dal pm Di Palma

A ripercorrere la drammatica vicenda del commerciante di Gioia Tauro il pm nel corso di un’intervista rilasciata a Klaus Davi per la trasmissione “Gli Intoccabili”: «Ancora oggi per la ‘ndrangheta l’omosessualità è un tabù»
11 novembre 2016
13:05

«Aveva solo 33 anni ed era uno dei negozianti più in vista di Gioia Tauro e fu ucciso senza pietà da due sicari, nel 1990, in uno dei retro bottega dei suoi esercizi. La colpa? Intrattenere – secondo quanto rivelato successivamente dal pentito Annunziato Raso - una presunta relazione con tale Gaetano Mazzitelli, esponente di una famiglia di ‘Ndrangheta, imparentata con il ferocissimo clan Mole».

 


A raccontare la storia di Ferdinando Caristena è il sostituto procuratore Roberto Di Palma che fa luce sui retroscena di uno dei più crudeli omicidi ordinati dalla mafia calabrese in un’intervista rilasciata al programma di Klaus Davi dal titolo ‘Gli Intoccabili’ in onda su LaC, canale 19 del digitale terrestre.

 

«Caristena – aggiunge Di Palma - non solo aveva avuto la colpa di aver avuto una presunta tresca col cognato del boss ma, secondo le risultanze processuali, aveva in contemporanea anche una relazione con la sorella di lui, dal nome Donatella, che si era innamorata follemente di lui al punto che tra i due si parlava di un possibile matrimonio. Un triangolo esplosivo ed inaccettabile per il mondo della ‘ndrangheta e per la potentissima cosca dei Molé che decise di farlo fuori. I Molè, erano allora uno dei clan più influenti e sanguinari della Piana di Gioia Tauro, con interessi di rilievo nei traffici illeciti che passano dal porto della città tirrenica.

 

Allora come oggi, l'omosessualità per i clan era tabù, spiega Di Palma. Solo l’idea che un gay potesse avere rapporti certe famiglie suscitava scandalo. Caristena, in più aveva convissuto con un uomo che poi morì per alcune complicanze, risultando positivo all'Hiv. Per tale ragione, si diffuse la voce in città che lui fosse gay. Per i clan solo l’idea che un omosessuale potesse introdursi in una famiglia di ‘ndrangheta non era accettabile. Per Caristena, non ci fu nessuna pietà. E, infatti, venne ucciso da due killer, uno dei quali era Girolamo Molé.

 

Il tema è ancora oggi assolutamente tabù per la ‘ndrangheta - aggiunge Di Palma - e un gay non solo non verrebbe mai affiliato ma creerebbe seri problemi di ‘reputazione’ al Clan».

 

Ora il Comune di Gioia Tauro pensa di intitolargli una strada come anticipa l’assessore Francesco Toscano, che, ha competenze sulla toponomastica: «Caristena è stato una vittima del pregiudizio. Non deve essere dimenticato; ed ora che si è fatta veramente luce sulla vicenda, grazie al lavoro dei magistrati, anche la città deve fare la sua parte».

 

 ***

In relazione all'articolo riceviamo e pubblichiamo di seguito le precisazioni dei familiari di Caristena: 

 

Quanto al titolo dell’articolo (ucciso perché “insidiava” il cognato del boss), è fuorviante ed altresì lesivo dei diritti del defunto zio e della mia famiglia.

Si badi che nell’intervista il PM di Palma non fa altro che riportare le dichiarazioni di un terzo (Raso), il quale, per quanto coinvolto nel processo, non è portatore di verità assoluta. Infatti, lo stesso PM ammette che non vi sono prove dibattimentali a conferma sia di quanto affermato dal Raso circa l’omosessualità di Ferdinando Caristena sia del “chiacchiericcio” di paese attorno alla sua figura.

Ebbene, il titolo del vostro articolo dà tutt’altra idea a chi si limita a leggerlo, senza ascoltare l’intervista al pm Di Palma.

 

Inoltre, a un certo punto si legge: Caristena, in più aveva convissuto con un uomo che poi morì per alcune complicanze, risultando positivo all'Hiv. Per tale ragione, si diffuse la voce in città che lui fosse gay; circostanza che, sebbene riportata dal PM Di Palma nell’intervista, comunque nell’articolo in oggetto risulta superflua e pure lesiva e fuorviante poiché rischia seriamente di ingenerare in chi legge un’idea errata sullo stato di salute del defunto mediante l’associazione del suo nome alla parola Hiv.

 

Tengo a ribadire che come spiega il pm Di Palma – rispondendo alla domanda dell’intervistatore – non v’è stata alcuna prova in giudizio sull’omosessualità del defunto Caristena Ferdinando. Si tratta di narrazione su dichiarazioni di una persona.

Nell’articolo deve emergere in maniera chiaro per evitare che il lettore creda di leggere di circostanze provate nel processo sull’omicidio di Ferdinando Caristena.

 

Per concludere e giusto per completezza informativa, ogni iniziativa legata al nome di mio zio ed al suo omicidio dovrà essere discussa con i famigliari e preceduta dal loro eventuale consenso.

 

Alla luce di quanto sopra vi intimo di rettificare senza ritardo il titolo dell’articolo elidendo la parte “ucciso perché “insidiava” il cognato del boss" ed il suo contenuto come segue:

 

- SPECIFICARE che trattasi di affermazioni che non hanno trovato riscontro nel processo ma sono solo frutto di dichiarazioni di un soggetto e di chiacchiericcio di paese;

 

- RIBADIRE a fine articolo che non si tratta di circostanze certe ma solo raccontate da Raso … e non dal PM Di Palma che invece si limita a riportarle.

 

- TRALASCIARE di narrare della circostanza sulla convivenza-Hiv

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