La sentenza

Il senatore Rapani mentì su un assegno scoperto: «Me l’hanno rubato». Condannato a un anno e 6 mesi per calunnia

L’esponente calabrese di Fdi riconosciuto colpevole in primo grado dal Tribunale di Castrovillari. Il titolo di credito senza la corrispondente provvista bancaria era stato utilizzato a garanzia del pagamento per un’iniziativa sull’unione dei Comuni di Corigliano e Rossano (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Antonio Alizzi
15 settembre 2023
17:31
Fdi, Ernesto Rapani
Fdi, Ernesto Rapani

Il senatore di Fratelli d'Italia Ernesto Rapani è stato condannato per calunnia a un anno e sei mesi di reclusione dal giudice del tribunale di Castrovillari Orvieto Matonti, il quale ha concesso allo stesso imputato la pena sospesa e la non menzione nel certificato del casellario giudiziale. La storia processuale del politico di Corigliano Rossano, tuttavia, parte nel 2017.

Quando Rapani accusò tre persone per il presunto smarrimento di un assegno

La vicenda giudiziaria del senatore Ernesto Rapani inizia proprio a causa sua. Quando si dice che "chi è causa del suo mal pianga se stesso". Il tutto comincia quando l'esponente del partito di destra presenta una denuncia nei confronti di tre persone, tra cui un direttore di banca, accusando loro di aver utilizzato l'assegno in maniera fraudolento, titolo di credito che lui stesso riteneva che gli era stato rubato da ignoti. Rapani sosteneva che l'assegno non lo aveva consegnato ai due organizzatori di un evento che si è svolto a Corigliano Rossano per promuovere l'unione dei due comuni.


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Il fascicolo archiviato a Cosenza

Il gip di Cosenza Manuela Gallo, nell'archiviare le posizioni dei due organizzatori e del direttore di banca, sottolineò che «verosimilmente, Rapani, dopo aver consegnato l'assegno in garanzia» a una delle due persone offese «entro la prima quindicina di ottobre del 2017 ed averne dolosamente denunciato lo smarrimento consapevole della mancanza di provvista in data 28 ottobre 2017, ha poi deciso di presentare la falsa denuncia di rinvenimento del titolo solo nel tentativo di evitare il protesto e nella prospettiva di raggiungere un accordo» con l'imprenditore «in ordine al pagamento del dovuto, essendo del tutto irragionevole ipotizzare che la predetta falsa denuncia sia stata sollecitata dal direttore di banca».

«Rapani si è mentito da solo»

Rapani, si legge nelle carte del fascicolo, «ha motivato la denuncia di smarrimento dell'assegno riferendo che era solito lasciare nella cassaforte di casa un assegno sottoscritto e già compilato nell'importo per eventuali necessità della famiglia. Lo stesso aveva fatto con l'assegno di 3.500 euro di cui si discute, titolo che in un primo momento aveva custodito nella cassaforte di casa e che quindi aveva trasferito in un cassetto della scrivania del proprio studio, per poi smarrirlo» scriveva il giudice. «Ebbene, si osserva in primo luogo che è del tutto implausibile che la parte offesa», ovvero Ernesto Rapani, «abbia potuto lasciare a disposizione dei familiari un assegno già sottoscritto di un importo così rilevante, non vedendosi a quali esigenze improvvise e non programmate occorrerebbe far fronte mediante un esborso di denaro così consistente».

Per il giudice delle indagini preliminari «Rapani si è mentito da solo quando ha riferito che, al tentativo di incasso del titolo il 23 novembre 2017, il conto corrente era privo di fondi». Così, una volta archiviato il fascicolo, la procura bruzia trasmise gli atti alla procura di Castrovillari, invitando a valutare la configurabilità del reato di calunnia ai danni dei precedenti indagati. E difatti, a seguito del processo svoltosi nella città del Pollino, il senatore è stato dichiarato colpevole, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, per aver denunciato le tre persone pur essendo innocenti.

Rapani condannato anche al risarcimento del danno

Il giudice ha altresì ravvisato il vincolo di continuazione tra i reati contestati, condannandolo anche al risarcimento del danno delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede, nonché alle rifusioni delle spese legali sostenute dalle parti civili che si determinano in 2500 euro per ciascuna delle parti civili costituite con differenti difensori, ovvero i penalisti del foro di Cosenza Emilio Lirangi e Pasquale Vaccaro. Infine, Rapani è stato assolto per un capo d'imputazione, quello relativo al direttore di banca, perché il fatto non sussiste. Anche in questo caso era accusato del reato di calunnia.

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