La ‘ndrangheta medievale nella terra di nessuno

Donne dei boss che si “atteggiano a capi” e dal parrucchiere si fanno belle senza pagare. Soldati del gruppo che pretendono sesso da donne sposate come richieste per soddisfare i propri perversi piaceri carnali. Eccola la faccia perfida e perversa della ‘ndrangheta, col sangue amaro della povera gente
di Angelo De Luca
4 novembre 2016
17:15

Ius prime noctis, o quasi. E’ anche questa la faccia perfida e perversa della ‘ndrangheta, nonostante alcuni nelle mafie rivedano ancora un ideale di onore che non è mai esistito nei fatti, ma solo nei finti romanzi criminali. Emerge questo spaccato crudele e infame nell’operazione “Lex” di ieri a Laureana di Borrello. Un uomo, sodale del gruppo malavitoso dei Ferrentino-Chindamo, che voleva la moglie di un altro. E, utilizzando il suo vincolo associativo per soddisfare i suoi piacere carnali, puntava ad esigere il corpo di una donna non sua, di una donna che vedeva passare e gli stimolava fantasie sessuali non ricambiate. Lo si può già immaginare questo Maurizio Oppedisano alle prese con le sue pulsioni maniacali. Lui, un uomo dal volto poco rassicurante e la solita vita da malandrino di paese spesa tra birre al bar e “annacamenti” avanti e indietro. Lui, che alla vista di una figura femminile si eccita come il più piccolo degli uomini senza cervello. Lui, che credeva di poter avere tutto ciò che desiderava perché amico dei boss del paese. Lui, che ha talmente la convinzione prepotente di riuscire a mettere mani su quel corpo da chiedere “il favore” persino al marito della donna, il quale si opporrà senza ripensamenti. Lui, che subito lo sgarro del diniego muove la sua vendetta sparandogli la macchina. Lui, che le accuse lo indicano un trafficante di droga e armi, un uomo – appunto – brutto in tutti i sensi.


Di questa brutta storia, oltre alle intercettazioni, ne parla pure il pentito Roberto Furuli, che spiega proprio come il danneggiamento a colpi di arma da fuoco ai danni di un signore di una frazione di Laureana fu fatto perché Oppedisano “gli aveva chiesto la moglie”.



Eccola la faccia perfida e perversa della ‘ndrangheta, eccola la faccia vera e a volto scoperto del sedicente uomo d’onore.


A Laureana di Borrello la vita quotidiana era questa. La gestione ordinaria e sociale del paese della Piana era in mano al gruppo criminale dei “Ferrentino-Chindamo” e dei “Lamari”. Al di là dei traffici di droga e armi, delle estorsioni, delle “mazzette” e del controllo economico della zona, il loro stile era il comando sfacciato in stile camorra. Il procuratore Federico Cafiero de Raho li ha dipinti alla stregua dei “signorotti medievali”. “Pare di ritornare indietro di mille anni”, ha spiegato in conferenza stampa.


E quella medievale vita di paese la si può immaginare benissimo. Anche le mogli dei capi si atteggiavano a nobildonne nel regno di nessuno. Andavano a fare la spesa e non pagavano, magari servite e riverite da quei poveri commercianti che non avevano mai avuto il coraggio di mostrare un conto per non ricevere in cambio una ritorsione. Manco la messa in piega da dieci euro pagavano al parrucchiere. Dovevano farsi belle per dei mariti che succhiavano soldi ai danni della povera gente. In un caso specifico, viene addirittura detto che “Tiziana Pettè si atteggia a boss”. Pretendeva lei, per conto dei Ferrentino, i crediti non ancora saldati dai pusher.

 

Eccola la faccia perfida e perversa della ‘ndrangheta, eccola la faccia vera e a volto scoperto della sedicente donna d’onore col sangue amaro della povera gente di paese.

 

Angelo De Luca

Giornalista
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