Un viaggio a Staiti nel cuore dell’area grecanica

Ci troviamo a pochi chilometri dalla costa dei Gelsomini. Il borgo riposa sul crinale della rocca Giambatore a 550 metri di altitudine, nella parte meridionale del Parco nazionale d’Aspromonte

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di Giuseppe Gervasi
17 febbraio 2023
21:00

Si prospetta una lunga notte di pioggia e di vento.
Un gatto miagola e forse trova riparo sotto la mia auto, lo spero.
È difficile trovare la calma giusta per dormire: ci provo ma il vento fa sbattere infissi stranamente aperti.
Una musica in sottofondo dribbla il maltempo… all’improvviso il silenzio.
Mi alzo incuriosito dalla quiete improvvisa, sono già vestito e pronto per vivere una nuova avventura nella mia terra.
Ancora una volta l’area grecanica mi chiama e mi ritrovo dopo aver percorso la statale 106 Jonica verso Reggio Calabria a contatto con l’entroterra calabrese.

Staiti

Raggiungo Staiti il comune più piccolo della Calabria. Ci troviamo a pochi chilometri dalla costa dei Gelsomini e Staiti riposa sul crinale della rocca Giambatore a 550 metri di altitudine, nella parte meridionale del Parco Nazionale d’Aspromonte. Volge lo sguardo sulla grande vallata della fiumara di Bruzzano, conservando la tipica struttura medievale dalle caratteristiche ancora immutate.
Raggiungo la parte bassa del paese e riesco a posteggiare l’auto
Scendo e volgo lo sguardo verso il cielo grigio, pare che dovrebbe piovere a breve, ma vado avanti.
 Una salita e arrivo nella piazza principale dove incontro alcune persone che saluto, ma non rispondono: mi regalano un sorriso e un abbraccio, ricambio ma non capisco e come se io parlassi una lingua diversa, lontana.


Spicca la Chiesa della Vittoria e i suoi gradoni: custodi di storie, risate, promesse d’amore e pianti. Il bellissimo campanile cuspidato eretto nel settecento, mi costringe a guardare l’orologio e l’ora che non coincide con il tempo reale. 

Entro per un attimo nella chiesa, lo sguardo si posa sul lato sinistro dell’altare maggiore dove una piccola nicchia conserva una bellissima statua della Madonna col bambino in marmo bianco di Carrara. Fu realizzata nel 1622 dallo scultore Rinaldo Bonanno e ritrae la vergine della Vittoria o del Rosario. La guardo e mi guarda teneramente come solo la mamma delle mamme riesce a fare. Lascio quel luogo e mi incammino tra i vicoli e attraverso le sue strette viuzze esplodono panorami mozzafiato. Il mare all’orizzonte sembra chiamarti e con i suoi colori inebria lo sguardo e la mente.Lungo il cammino ascolto la voce saggia di porte antiche e colorate di poesia:

“Fare ciò che

ami

è libertà

Amare

ciò che fai

è felicità…”

“Chi desidera

vedere

l’arcobaleno

deve imparare

ad amare

la pioggia”

                Paulo Coelho

 

“Guarda con

gli occhi

del cuore

e amerai

ciò che vedi”

 

Staiti

E mi metto in ascolto di una porta con la voglia di bussare ma quello che doveva dirmi lo ha detto. In queste frasi ritrovo il senso del viaggio e proseguo con il suono dell’acqua delle tipiche fontane di Staiti. Delle belle ragazze bevono e per un attimo comprendo la loro limpida bellezza, discutono con un  viaggiatore di nome Edward: un inglese a Staiti.

Saluto e riconosco anche il sorriso dell’inglese.
Mi ritrovo nella parte bassa dietro la chiesa della Vittoria e scorgo una porta aperta.
Non freno la mia curiosità ed entro dopo aver bussato invano:

“È il Museo dei Santi Italo-Greci e ti trovi all’interno dei locali del Palazzo Cordova che è stato anche sede delle prigioni. Una roccia sfonda i muri dell’edificio: esempio di rifunzionalizzazione dei luoghi. Ospita 22 preziose icone dei Santi venerati in Calabria e realizzate dal maestro iconografo russo Sergey Tikhonsv.”

La voce guida non si sente più ed io cerco di capire chi ha parlato: noto il viaggiatore inglese andare via. Esco velocemente per ringraziare ma non riesco a capire dove sia finito: mi imbatto nelle tipiche maschere apotropaiche, tradizionali sculture spesso poste sulle porte delle case, che proteggono dal malocchio o dalla negatività di chi varca la soglia dell’abitazione.

Staiti

E poi 18 bassorilievi in terracotta mi conducono alla scoperta dei siti più significativi della millenaria cultura bizantina della provincia di Reggio: è il sentiero delle chiese bizantine.

Edward l’inglese è scomparso ed io prima che inizi a piovere mi rimetto in macchina e riprendo la via del ritorno. All’improvviso l’indicazione Abbazia di Santa Maria di Tridetti mi esorta a fermarmi e imboccare una strada di campagna.

Raggiungo la località detta ancora oggi Badìa sulle sponde del torrente Fiumarella e innanzi a me si mostra maestosa l’antica Abbazia di Santa Maria di Tridetti, scoperta dal grande Archeologo Paolo Orsi nel 1912 e risalente all’XI secolo.

La leggenda narra che sulla stessa area sorgesse un tempio edificato dai “Lokresi Zefhiri’’ nel V-VI secolo a.C., elevato in dono al Dio Nettuno per averli salvati da una tempesta. La sua statua era stata coperta da un prezioso mantello gemmato, poi trafugato da Annibale durante la sua permanenza sulla costa Jonica calabrese, per punire i Lokresi, alleati di Roma.

A confermare l'ipotesi di un preesistente tempio dedicato al Dio Nettuno fu il ritrovamento nelle vicinanze dell'attuale Chiesa, di una moneta recante la sua immagine col tridente. L’abbazia priva del tetto è legata ai colori del cielo e il campanile a vela che svetta imponente ed elegante, nelle giornate d’azzurro intenso pare anticipare l’arrivo di una barca nel mare calmo.

 

Devo andare, il buio sta avvolgendo l’interno dell’edificio sacro.

Un’ombra si muove tra le mura dell’abbazia e riconosco la sagoma del viandante inglese.

Le sue impronte nel sentiero ricorderanno il suo passaggio.

Un tuono mi scuote, sono a letto e continua a piovere…

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