Stretto di Messina

Terremoto 1908, lo studioso: «Matematico che ce ne sarà un altro, non se ne può non tenere conto nella costruzione del Ponte»

A 115 anni dall’immane tragedia che provocò oltre centomila morti tra Reggio e Messina, il giovane ricercatore Domenico De Luca ripercorre quei momenti e sulla realizzazione della grande opera dice: «Ci sono importanti esempi di infrastrutture simili in zone del mondo altamente sismiche»

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di Franco Laratta
20 dicembre 2023
06:45
Reggio dopo il terremoto del 1908, in una foto d’epoca
Reggio dopo il terremoto del 1908, in una foto d’epoca

Tra pochi giorni saranno 115 anni dall’immane tragedia del terremoto che provocò oltre centomila morti tra Reggio e Messina. Lo studioso Domenico De Luca non ha dubbi: «È matematicamente certo che un terremoto di grande magnitudo colpirà in futuro lo Stretto di Messina». Era il mattino del 28 dicembre 1908 quando una violentissima scossa di terremoto, registrato come l’XI grado della scala Mercalli, sconvolse e devastò Sicilia e Calabria. Una tragedia immane come se ne ricordano poche nella storia.

Ma cosa è successo realmente quel 28 dicembre? Ne parliamo con un giovane studioso originario di Scilla e residente a Palmi, Domenico De Luca, laurea con una tesi sulla Rivolta di Reggio Calabria del 1970, poi una seconda laurea con il massimo dei voti con una tesi sul terremoto del 1908 nel Comune di Palmi. Storico e giornalista, ricercatore, è autore di saggi e di un libro fresco di stampa proprio sul devastante terremoto di Reggio e Messina dal titolo "La tosse della terra".


«La risposta è semplice quanto terribile: un'ecatombe! Il 28 dicembre 1908, alle ore 05:20 del mattino, una violentissima scossa di terremoto con magnitudo stimata intorno al 7.1 grado della nuova scala magnitudo Momento (7.3 grado della scala Richter e XI grado della scala Mercalli) colpì violentemente la Sicilia orientale e la Calabria meridionale per 40 interminabili secondi».
 
Una tragedia terribile che colpì senza pietà  non solo le città di Messina, Reggio Calabria…
«Esattamente, perché furono devastati centinaia di paesi lungo le due rive dello Stretto, i cui abitabile vennero colti nel sonno. Circa dieci minuti dopo la scossa, seguì una devastante onda di maremoto che travolse entrambe le coste dello Stretto. Lo tsunami aggravò enormemente le distruzioni e provocò ulteriori vittime fra i sopravvissuti».
 
I danni agli edifici e alle infrastrutture furono pressoché totali, oltre il 90% del patrimonio edilizio distrutto. 
«L’area colpita fu pari a circa 6mila chilometri quadrati. Impressionante il numero dei morti. Si stimarono ufficialmente perdite intorno le 80.000 unità, anche se alcune statistiche riportano il decesso di circa 100.000 persone. Incalcolabile il numero dei feriti. Difatti, in epoca contemporanea, il terremoto di Messina è la più grave catastrofe naturale in Italia ed Europa per numero di vittime a memoria d'uomo».
 
Nel suo libro racconta tanti particolari, anche fatti e notizie poco conosciute.
«Il libro “La tosse della terra” è una minuziosa ricerca, con la quale ho voluto scavare ed analizzare ogni aspetto di quel terribile giorno e non solo. Il saggio si spinge ad attenzionare anche il periodo della ricostruzione e l’attuale presente, suggerendo come possa essere possibile “difendersi da un terremoto”. Per la scrittura del libro, tuttavia, ho preferito soffermarmi principalmente intorno l’area territoriale del Comune di Palmi (Reggio Calabria), analizzando un campo d’indagine mai toccato prima. Questa zona, quella della Piana di Gioia Tauro,  ai tempi degli eventi fu la più flagellata dopo Messina e Reggio Calabria. In particolare i danni maggiori nella bassa area pianigiana si riscontrarono fra i comuni di Palmi e Seminara. Solo Palmi ebbe circa 700 morti e 1000 feriti».
 
Nel libro la ricostruzione dell’evento è ricca di documentazione d’epoca concessa da collezionisti locali e di materiale d’archivio mai pubblicato. Il tutto, oltre alle 50 fonti bibliografiche consultate, contribuisce a dare una visione del terremoto completamente nuova e inedita.
 
I soccorsi sono arrivati dopo troppi giorni. Si sarebbero potute salvare centinaia di persone.
«Nel 1908 non esisteva quello che per noi è il moderno ed efficiente sistema di coordinamento soccorsi della Protezione civile, il quale nascerà solo dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980. Probabilmente se questo sistema fosse stato realtà già ai tempi degli eventi, si sarebbero potute salvare diverse vite umane».
 
Quello che quindi mancò nel 1908 fu l’assenza di qualsiasi tipo di coordinamento fra le varie forze impegnate per far fronte alla tragedia? 
«Il caos infatti fu immediato e pressoché totale grazie anche alla mancanza di ordini da Roma. Difatti, i primi soccorsi organizzati partirono solo nella tarda serata del 28 dicembre. Nell’immediatezza, si registrano comunque azioni d’aiuto significate come nel famoso caso dei marinai russi».
 
Facendo un excursus sulla storia dei terremoti in Calabria, è interessante sapere quali altri eventi disastrosi come quello del 1908 si sono verificati nella nostra regione.
«A livello sismico fra i più famosi c’è da annoverare il “Grande Flagello”, lo sciame sismico che fra il febbraio e il marzo 1783 distrusse diverse aree del Reggino e del Vibonese. In epoca contemporanea, oltre al terremoto del 1908, si devono segnalare il terremoto dell’8 settembre 1905 il quale ebbe  il suo epicentro nella provincia di Vibo Valentia provocando 557 vittime e il terremoto di Ferruzzano del 1907 il quale provocò 167 morti. Non si devono poi dimenticare i grandi eventi alluvionali con una serie storica di inondazioni, particolarmente rilevanti, le quali hanno colpito il territorio calabrese dal XIX secolo ad oggi».
 
E veniamo al momento attuale. Per capire se ci sono ancora le condizioni perché un evento tragico come quello di Reggio e Messina si possa ripetere.
«Purtroppo è matematicamente certo che un terremoto di grande magnitudo colpirà in futuro lo Stretto di Messina. Il fenomeno viene definito “terremoto caratteristico”, ovvero un evento sismico il quale si verifica in modo ricorrente e prevedibile in una determinata regione. I terremoti di questo tipo presentano fra loro analogie simili in termini di magnitudo, profondità e tipo di faglia sismica coinvolta. Questi eventi tellurici, inoltre, seguono un modello ciclico ripetendosi nel corso del tempo. La loro intensità e forza è causata dalla liberazione dell’energia accumulata lungo la faglia nell’intervallo di tempo trascorso dall’ultimo evento».
 
Il ponte. La favola ( o farsa, se preferite) del ponte sullo Stretto. Viene un atroce dubbio: ma come si può immaginare un ponte in un’area a così alto rischio sismico?
«La costruzione di questa infrastruttura, ovviamente, comporterà a livello ingegneristico anche un’elevata attenzione antisismica. L’area dello Stretto di Messina, d’altro canto, è una delle più sismiche d’Europa. Ci sono comunque importanti esempi di costruzioni simili in zone del mondo soggette frequentemente a terremoti, come ad esempio in Giappone».
 
Ma cosa appassiona un giovane studioso come lei nella ricerca finalizzata a capire la febbre e la tosse della terra?
«Dobbiamo immaginare il nostro pianeta come un paziente in condizioni gravi, affetto da una malattia provocata dagli  stessi uomini. Per rendersi conto di ciò basta osservare lo stato e l’inquinamento dei nostri territori. Per evitare il collasso occorrono, dunque, soluzioni efficaci».
 
Questo vale anche per i terremoti.
«Anche nel caso dei terremoti, la colpa non è della “tosse della terra”, della scossa in sé, ma degli stessi abitanti delle aree interessate. Il problema infatti sono le costruzioni. Per citare il geologo Mario Tozzi: “Non è il terremoto ad uccidere, ma la casa che ti crolla addosso”. Questa situazione, badate bene, si verificò anche nel caso del terremoto di Messina poiché la maggioranza degli edifici dell’area colpita dal terremoto del 1908 erano stati non solo sopraelevati, ma anche costruiti con tecniche scadenti contrariamente alle normative già imposte dai Borbone dopo il terremoto del 1783».
 
Oggi la situazione non è certo migliorata.
«Infatti una simile condizione è presente anche oggi con un accentuato abusivismo edilizio sia nel messinese che nel Reggino. Occorre perciò adeguare a livello antisismico più strutture possibili, fare prevenzione e programmare nuovi piani di emergenza, come tra l’altro già incorso».

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