Il caso

Detenuto morto in carcere a Cosenza, il gip: «No all’archiviazione». E dispone nuove indagini

Respinta la richiesta del pm che voleva chiudere il caso a due anni e mezzo dalla scomparsa di Pasquale Francavilla, proseguono gli accertamenti investigativi su tre medici   

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di Marco Cribari
28 gennaio 2024
12:45

L'inchiesta sulla morte del detenuto cosentino Pasquale Francavilla non sarà archiviata. Nelle scorse ore, infatti, il gip Alfredo Cosenza ha rigettato la richiesta della Procura, disponendo la prosecuzione delle indagini per accertare cosa accadde realmente tra l'agosto e il settembre del 2021, epoca in cui si verificò il decesso del quarantaseienne all'epoca ristreto nel carcere di Cosenza. La soluzione del caso, dunque, resta ancora in bilico tra presunto episodio di malasanità o tragica fatalità. 

Per quest'ultima ipotesi propendevano i consulenti nominati dal pm Bianca Maria Battini, i medici legali Berardo Cavalcanti e Vannio Vercillo, mentre di diverso avviso è lo specialista Francesco Perticone prescelto dall'avvocato Mario Scarpelli, difensore dei familiari della vittima. I rilievi mossi da quest'ultimo hanno convinto il giudice a disporre un surplus di accertamenti quando sono trascorsi ormai due anni dalla via crucis che, all'epoca, il povero Francavilla dovette affrontare: dal carcere, andata e ritorno, passando per l’ospedale di Cosenza.


Il suo dramma ha inizio alla fine di agosto del 2021, quando è colpito da una trombosi a una gamba che determina il suo trasferimento dalla casa circondariale all’Annunziata. I medici riescono a salvargli la vita in extremis e, dopo una settimana in terapia intensiva, l’8 settembre l’ospedale dà il via libera alle sue dimissioni.

Un provvedimento che il suo avvocato reputa subito inopportuno: chiede che il suo assistito resti in corsia, che sia assegnato a un reparto o che in alternativa vada ai domiciliari. L’istanza non trova accoglimento, e così per il detenuto si spalancano nuovamente le porte di via Popilia. Vi resterà solo due giorni, il tempo che gli resta ancora da vivere.

Da allora gli inquirenti hanno tentato di accertare se, come ritengono i familiari, all’epoca dei fatti le condizioni di salute del loro congiunto fossero già gravi al punto da rendere sconsigliabile il suo ritorno dietro le sbarre. Sul punto, la medicina legale non è concorde. L'inchiesta però va avanti con tre medici iscritti nel registro degli indagati. In passato, la vicenda è stata anche al centro di un’interrogazione parlamentare presentata dall’allora deputata Enza Bruno Bossio.

Giornalista
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