Dirty soccer, la Figc parte lesa

L’aveva già annunciato e ha mantenuto la promessa. La Federazione italiana gioco calcio ha depositato in Procura la richiesta di costituirsi parte lesa nella maxi inchiesta Dirty soccer coordinata dal pm Elio Romano, e che ha portato la Squadra mobile di Catanzaro coadiuvata dal Servizio centrale operativo e dalla Dia, all’esecuzione di 50 fermi e 26 indagati a piede libero.
di Gabriella Passariello
25 maggio 2015
13:45

Tra i fermati e gli indagati vertici di diverse società calcistiche, direttori sportivi, tesserati ed ex calciatori accusati a vario titolo  di associazione a delinquere finalizzata alla frode, sequestro di persona, estorsione  e concussione. Svelata l’esistenza di due organizzazioni criminali, i cui componenti  inseriti in ruoli di vertice nelle strutture organizzative  hanno fatto valere le loro conoscenze con calciatori disponibili alle combine ai quali venivano corrisposti  somme di denaro o promesse di ingaggi remunerativi in altre squadre ottenendo prestazioni compiacenti finalizzate ad alterare i risultati. Le organizzazioni criminali avevano messo le mani anche sulle partite di serie B. Partite truccate  nei campionati in corso di 20 squadre di Lega Pro e 13 di Lega Nazionale Dilettanti.  Un’inchiesta che svela il ruolo centrale di Pietro Iannazzo, che avvalendosi  “della sua caratura criminale in quanto esponente di spicco dell’omonima cosca di ’ndrangheta e delle sue conoscenze con esponenti di varie società calcistiche calabresi, era riuscito a realizzare una vera e propria rete di “personaggi”, capaci di condizionare le partite di calcio, serie D”.  Per gli investigatori, il consulente di mercato «aveva stabili rapporti, già dal campionato precedente», con il presidente e il direttore sportivo del Neapolis e il suo scopo era quello di far vincere – «spendendo il suo nome dietro lauto compenso» – ai campani, «attraverso le alterazioni dei risultati delle partite, il campionato in cui milita, pur non avendo uno spessore tecnico tale da poter raggiungere lealmente» il risultato. E’ lo stesso Iannazzo, in una conversazione captata dalle microspie degli inquirenti, a spiegare che il Neapolis è «una squadra di “babbi”» e che, per vincere, il presidente è “costretto” ad avvalersi dei suoi particolari servizi, anche perché «i giocatori non ti fanno vincere il campionato». Nei cinquanta arresti dell’operazione Dirty soccer c’è anche il nome di Alberto Scarnà, cosentino,  sovrintendente della polizia di Stato in servizio alla questura di Ravenna. Avrebbe avuto un ruolo attivo all'interno dell'associazione criminale, grazie all’amicizia dell’imprenditore Fabio Di Lauro, ex calciatore del Cosenza. Il poliziotto partecipa alle attività della consorteria criminale con un duplice ruolo: prende parte ai summit dei componenti dell’associazione, in base a quanto merge dalle 1267 pagine che compongono il decreto di fermo di indiziato di delitto firmato dal pm distrettuale di Catanzaro Elio Romano sotto il coordinamento del procuratore Vincenzo Antonio Lombardo e dell’aggiunto Giovanni Bombardieri, in alcuni casi facendo le veci dello stesso Di Lauro, e lucrando attraverso le scommesse effettuate sui risultati alterati delle partite combinate. Scarnà, era conoscenza delle frodi sportive e ha constatato personalmente i molteplici reati commessi dai suoi complici e ciononostante ha omesso di riferire tutto alle autorità. Di Lauro, considerato promotore e organizzatore al vertice della società era certo delle informazioni ricevute e della combine da suggerire a Scarnà. Fai una chiamata in Lega”. “E vedi se riesci a farmi dare una giornata”. A scrivere questi sms è il giocatore Andrea Ulizio che, a seguito della squalifica rimediata dopo la combine Cremonese-Pro Patria, si rivolge al padre Mauro perché gli faccia avere la punizione meno severa possibile. E proprio dallo scambio di messaggi e conversazioni riferite a questa specifica vicenda emerge il riferimento ad un membro della Lega che sarebbe immischiato negli accodi fraudolenti, in un’indagine quella di Dyrti soccer che è tutt’altro che conclusa, come gli stessi inquirenti hanno rivelato nel corso della conferenza stampa.

“Nei giorni della combine – scrive il pm Elio Romano –  Mauro Ulizio (padre del giocatore Andrea,) riusciva a trarre massima soddisfazione impiegando tutta la rete di conoscenza di cui poteva disporre, sfruttando anche le sue amicizie negli uffici della Lega per alleggerire la squalifica che il figlio Andrea si era procurato con dolo e per denaro per procurare la sconfitta della sua squadra. Era Andrea Ulizio a sollecitare il padre, il giorno seguente la combine, perché intervenisse su chi di dovere per ottenere che la squalifica inflittagli sul campo della Cremonese non fosse superiore ad una giornata di campionato”.  Intanto la Procura distrettuale è in attesa di conoscere gli esiti delle perquisizioni e delle udienze di convalida effettuate negli altri distretti italiani.

Gabriella Passariello

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