L’inchiesta

La nomina alla Regione Calabria costa a Minenna gli arresti domiciliari, per il gip potrebbe «esercitare pressioni»

Ad aprile era stata respinta la richiesta di applicazione della misura cautelare, ma l'incarico da assessore cambia tutto. Tra i nuovi atti prodotti dalla Procura di Forlì spuntano minacce a un collaboratore e auto confiscate concesse gratuitamente ad esponenti politici: «Volontà di incidere sulle indagini a suo carico» (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Luana  Costa
22 giugno 2023
22:08

«Alla luce dei poteri ad esso affidati all'interno della giunta regionale calabrese e sulla base dei contatti e delle relazioni consolidate di cui dispone», l'indagato potrebbe «operare indisturbato al fine di esercitare pressioni e interferenze su chicchessia come dimostra di avere già fatto». È questa la conclusione cui giunge il gip del Tribunale di Forlì nel decidere sull'applicazione della misura degli arresti domiciliari a Marcello Minenna, ex direttore generale dell'Agenzia delle Dogane e di recente nominato assessore alla Programmazione Unitaria e all'Ambiente della Regione Calabria.

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Ed è proprio in virtù del nuovo incarico ricoperto in qualità di assessore regionale che il gip muta opinione su Minenna e sulla sua capacità di «interferenza e di pressione». Infatti, una prima richiesta d'applicazione della misura cautelare era stata avanzata dalla Procura nell'aprile scorso ma respinta. «Motivi che vanno ora completamente rivisti» per il gip alla luce delle deleghe ricevute in seno alla giunta regionale calabrese. «Deleghe di assoluto rilievo», tra cui appunto la programmazione unitaria «che significa in altri termini anche gestione delle risorse legate all'attuazione del Pnrr per la Regione Calabria».


In forza di tale incarico «egli continua ad esprimere l'autorevolezza necessaria per influire sulla condotta dei funzionari operanti all'interno dell'Agenzia delle Dogane» annota il gip, anche sulla scorta di un precedente procedimento a carico di Minenna ma incardinato alla Procura di Roma. «La lettura dei capi d'incolpazione provvisoria evidenzia una condotta particolarmente grave». Minenna avrebbe «abusato del suo ruolo apicale in veste di direttore dell'Agenzia delle Dogane allo scopo di minacciare un suo collaboratore affinché rivelasse notizie coperte da segreto istruttorio, con particolare riguardo alle indagini in quel momento condotte sull'agenzia».

Il rischio di inquinamento probatorio, per il gip, esiste: «Al momento della notifica agli indagati delle esecuzioni delle misure cautelari si determinerà una discovery piena di tutto il materiale probatorio anche nei confronti di Minenna, il quale cercherà di incidere sui testi che hanno già reso dichiarazioni, nonché su altri non ancora escussi affinché rendano dichiarazioni a lui favorevoli». L'ipotesi acquisisce «solida concretezza» a seguito dell'allegazione da parte della Procura di una intercettazione dalla quale si evince concretamente «la sua volontà di incidere proprio nella fase procedimentale sui pubblici ministeri che alla Procura di Roma stavano svolgendo indagini a suo carico».

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Minenna, secondo quanto emerge dalle carte dell'inchiesta, avrebbe contattato un parlamentare chiedendo come comportarsi in fase di indagini. La Procura, tuttavia, ad integrazione della precedente richiesta ha prodotto ulteriori elementi: la nota del capo ufficio legislativo del ministero delle Finanze sul caso della «gestione delle auto confiscate e concesse ad esponenti politici e ad altre cariche istituzionali al solo fine di creare rapporti di privilegio con i destinatari e in una ottica esclusivamente personalistica». 

Sarebbe stato lo stesso Mef a sottolineare «la non conformità di tale usanza introdotta da Minenna senza aver prima espletato aste pubbliche». Auto di grossa cilindrata concesse «gratuitamente ad esponenti politici o altri rappresentanti delle istituzioni» che gli sono valse, infine, una richiesta di annullamento in autotutela di tutte le assegnazioni.

Episodi significativi, per il gip, e sintomatici di come «l'indagato sia solito porre in essere in modo sistematico condotte in violazione della legge», tanto da concludere che l'odierna ipotesi di reato contestata, la corruzione per il presunto business delle mascherine, «lungi dal costituire un fatto episodico, sono espressione di un metodo seriale e ben collaudato».

Giornalista
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