Caso Matacena, l'ex senatore D'Ascola spinse per non ratificare il trattato di estradizione?

L'ex agente dei servizi segreti Francesco Pazienza ha dichiarato agli uomini della Dia che l'ex presidente della Commissione giustizia del Senato avrebbe esercitato pressioni per ritardare la convalida dell'accordo fra Italia ed Emirati Arabi Uniti. Informazioni apprese dall'ex 007 da un noto legale italiano a Dubai. Le dichiarazioni sono agli atti del processo

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di Consolato Minniti
23 settembre 2018
10:05

L’avvocato ed ex presidente della Commissione giustizia del Senato, Nico D’Ascola, avrebbe esercitato pressioni per ritardare la ratifica del trattato di estradizione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti. È quanto emerge dalle dichiarazioni – tutte ovviamente da verificare – di Francesco Pazienza, l’uomo dei servizi segreti coinvolto in alcuni dei misteri più controversi d’Italia.

Parlando con gli uomini della Dia, infatti, Pazienza rivela loro un episodio che viene riportato nella memoria che il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha depositato nella scorsa udienza del processo “Breakfast”.


 

Le pressioni dall’Italia

Fra le domande che il pm intende fare a Pazienza, nell’escussione chiesta al presidente del collegio, figura anche una riguardante le dichiarazioni che lo stesso ha reso il 22 novembre scorso, spiegando di aver saputo da una sua conoscente, la dottoressa Stefania Franchini, residente a Dubai, che ci sarebbero state pressioni da parte di un parlamentare italiano per non far concludere i trattati fra EAU e Italia. Il nome della Franchini, peraltro, ricorre anche nella denuncia che l’ambasciatore Starace aveva fatto nei riguardi dell’ex capo centro dell’Aise, Paolo Costantini.

 

Le parole di Pazienza

Pazienza spiega in modo molto chiaro che la Franchini, uno dei pochi avvocati italiani a poter perorare cause addirittura davanti alle corti islamiche, gli avrebbe confidato quanto appreso: che sarebbe stata l’Italia a non voler ratificare l’accordo con gli Emirati. «La vera storia – dichiara Pazienza – è che dice dietro chi ha spinto per non ratificare un avvocato di Reggio Calabria che è anche senatore adesso non mi ricordo il nome». Passa qualche istante e Pazienza aggiunte che non si tratta di un vecchio, ma di «presidente della commissione giustizia del Senato, perché è uno degli avvocati di Matacena». Gli uomini della Dia sono cauti. Chiedono se davvero quest’uomo possa avere il potere di bloccare la ratifica.

 

Pazienza replica: «Io le sto dicendo quello che m’ha detto l’avvocatessa Franchini, m’ha detto è lui che ha bloccato la ratifica da parte dell’Italia perché giù l’hanno firmata». Su sollecitazione della Dia, Pazienza ricorda il nome: «D’Ascola, D’Ascola». Pazienza ricorda anche dove ha visto la Franchini: «Ha fatto un master alla Sapienza a Roma, allora ci siamo visti». Verità o parole senza fondamento, quelle di Pazienza? È proprio per questo che il pubblico ministero ha chiesto l’escussione di Pazienza. Per comprendere se davvero vi siano state pressioni di questo livello per impedire il rientro di Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova ad oggi latitante, dovendo scontare una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo riprenderà domani all'aula bunker di Reggio Calabria, dove le difese si esprimeranno sulla memoria depositata da Lombardo.

Giornalista
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