Expo, «Non sapete con chi avete a che fare. Vi butto giù i grattacieli» - I NOMI DEGLI INDAGATI

Le mani delle ‘ndrine sulla esposizione internazionale: ecco le minacce di uno degli indagati ad un ragioniere. Le tecniche per eludere le indagini e la certezza di non essere intercettati: «Aria pulita non ha paura di niente».
25 ottobre 2016
20:39

Ci sono diversi omissis nel decreto di sequestro emesso dalla Dda di Reggio Calabria nei confronti di presunti appartenenti alle cosche di ‘ndrangheta che si sarebbero infiltrati nei lavori per Expo ed altre importanti opere in Lombardia. È del tutto evidente, dunque, come il lavoro degli investigatori non si possa ritenere concluso. E devono essere omissis pesanti, vista la mole di materiale coperto ancora da segreto.

 


Le mani della ‘ndrangheta su Expo 2015: perquisizioni e sequestro beni

 

Ma da dove parte l’inchiesta che scoperchiato questi interessi delle ‘ndrine nei confronti di Expo? Tutto inizia da una società, la Infrasit spa, che è quella maggiormente “utilizzata” dagli indagati. «La società – scrivono i magistrati – è amministrata da un prestanome, ma, di fatto, totalmente gestita da soggetti riconducibili alla criminalità organizzata calabrese e segnatamente alle cosche Aquino/Coluccio sedenti a Marina di Gioisa Jonica e aree limitrofe e cosca Piromalli-Bellocco, operativa in Rosarno». I principali protagonisti degli affari illeciti, oggetto delle indagini, sono Salvatore Piccoli, Giuseppe Gentile e Antonio Stefano, oltre al già citato “omissis”. Secondo la ricostruzione della Guardia di Finanza, i quattro avrebbero ottenuto anche l’aiuto costante di Graziano Macrì e Pasquale Giacobbe.

 

Particolare rilievo assume la figura di Stefano, il quale sarebbe un soggetto di primo piano e di assoluto rilievo all’interno della cosca operante a Marina di Gioiosa Jonica. Ma per quanto importante possa essere, è comunque un uomo sottoposto al controllo di Giuseppe Coluccio che, dopo la sua scarcerazione, chiama il suo luogotenente e chiede di poter sapere tutto degli affari iniziati durante l’assenza dei vertici del clan. «Tutti devono dare conto alla persone che al momento tiene le redini nelle mani – afferma Coluccio – quando manca quella persona poi…. Deve dare conto a quell’altra persona… inc … se no si deve cominciare a sparare Antò». Dunque, ipotizzano gli inquirenti, proprio la caratura criminale di Coluccio fa sì che Stefano non abbia potuto fare tutto da solo, ma sarebbe stato un mero tramite al fine di acquisire il controllo e la gestione di varie società italiane e rumene.

 

Non meno rilevante poi, risulta la figura di Salvatore Piccoli. Solo per dare un’idea, basti ricordare l’episodio avvenuto il 23 gennaio 2015, quando, a fronte di un ritardato pagamento da parte della società Bergamelli, Salvatore Piccoli andava nella sede dell’azienda e testualmente diceva ad un ragioniere: «Voi non sapete con chi avete a che fare; vi butto giù i grattacieli, i palazzi». Un linguaggio emblematico del contesto nel quale il gruppo operava. Ma c’è di più. La Guardia di Finanza ha anche accertato come gli indagati volessero tenere tutto segreto. Dice Giuseppe Tarantini (commercialista romano che ha gestito la fusione fra Infrasit e Stella) a Giuseppe Colelli: «Avevamo deciso di attuare la politica di tenersi tutto dentro, così non facciamo sapere i cazzi nostri… la politica era stata fatta per dire teniamoci tutto dentro».

 

E che Tarantini non sia un tipo tenero lo si capisce da un’altra conversazione, laddove questi si lascia scappare un’espressione tipica di un momento di rabbia, con riferimento alla gestione di Infrasit: «Se i calabresi vogliono giocà è un altro paio di maniche perché ricordiamoci sempre che ho origini abbastanza dure io eh?».  

 

Insomma, questo era il contesto nel quale si muovevano i soggetti oggi accusati di aver fatto affari per conto della ‘ndrangheta. Di sicuro qualcuno di loro si sentiva tranquillo e libero da rischi. Così tanto da lasciarsi scappare una confidenza con l’amante: «Aria pulita non ha paura di niente». Ma quell’aria, tanto pulita non doveva essere.

 

L’elenco degli indagati

 

Cristina Alitei

Jacopo Antonioli

Pierluigi Antonioli

Venturino Austoni

Alina Axinte

Giuliana Bombara

Alfredo Caldara

Massimiliano Cavaliere

Giorgio Cervino

Amerigo Colelli

Giuseppe Maurizio Colelli

Claudio Falconi

Giuseppe Gentile

Marco Ghilardi

Pasquale Giacobbe

Angelo Giavarini

Sara Kanziz

Elisabetta Leone

Graziano Macrì

Erika Marenzi

Livio Peloso

Alfredo Piccoli

Ernesto Piccoli

Francesco Piccoli

Giuseppe Piccoli

Salvatore Piccoli

Antonio Stefano

Giuseppe Tarantini

Genni Orsola Turiani

Pierino Zanga

Ewa Zarkowska

 

 

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