Rinascita Scott, il pentito Giuseppe Giampà e le alleanze da Lamezia a Crotone sino al Vibonese

Il collaboratore si è soffermato sul tentativo di creare una struttura mafiosa, chiamata “Provincia”, staccata da Reggio Calabria. Nella sua deposizione anche il ruolo dei Mancuso ed il potere dei clan su Tropea (ASCOLTA L'AUDIO)

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di G. B.
11 febbraio 2021
18:10
L’aula bunker dove si tiene il processo
L’aula bunker dove si tiene il processo

Diversi omicidi alle spalle, da quasi un decennio collaboratore di giustizia, è stata la volta di Giuseppe Giampà, 41 anni, di Lamezia Terme, nel processo Rinascita-Scott contro i clan del Vibonese. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, il collaboratore ha ricostruito il ruolo del clan fondato dal padre Francesco (alias “Il Professore”) negli anni ’80 e le alleanze con le altre cosche.

«Siamo entrati in guerra con i Gualtieri e i Torcasio e nel 2004 sono divenuto il capo del clan. È solo nel 2011, però, - ha ricordato Giampà – che ho ricevuto in carcere la dote di ‘ndrangheta di Padrino. Non c’era in quegli anni un locale di ‘ndrangheta riconosciuto a tutti gli effetti, ma quello che veniva denominato come Buon ordine mafioso. I Giampà avevano rapporti con Domenico (alias “U Longu”), Carmelo, Umberto e Gregorio Bellocco di Rosarno. Nella mia copiata del grado dello sgarro portavo i nomi di Luigi Mancuso di Limbadi, Carmelo Bellocco di Rosarno e Franco Muto di Cetraro. Tale copiata mi venne data dopo la guerra di mafia con i Torcasio».


Quindi le alleanze con i clan crotonesi come i Megna di Papanice, i Nicoscia di Isola Capo Rizzuto e i Grande Aracri e il tentativo di creazione di una Provincia mafiosa staccata dal Crimine di Reggio Calabria. «Era un progetto che stava portando avanti Nicolino Grande Aracri di Cutro e doveva ricomprendere anche il territorio di Lamezia Terme e parte del Cosentino. Del Vibonese – ha spiegato Giampà – doveva aderire a tale progetto mafioso il clan Bonavota di Sant’Onofrio guidato dai fratelli Pasquale e Domenico Bonavota».

Lo scontro fra Cracolici e Bonavota e il ruolo di Mantella

«Dopo l’omicidio di Alfredo Cracolici di Maierato nel 2002, il fratello Raffaele, detto Lele Palermo, è venuto a Lamezia a dire che erano stati i Bonavota ad eliminare suo fratello. Poi nel 2004 è stato ucciso anche Raffaele Cracolici e ricordo che venne da me a Lamezia Domenico Cracolici, figlio di Raffaele, a chiedermi una mano – ha spiegato Giampà – per vendicare i familiari. Io, però, sapendo che nell’omicidio di Raffaele Cracolici era coinvolto pure Andrea Mantella, che era cognato di mio zio Pasquale Giampà – anche lui poi ucciso - , non diedi alcun aiuto a Domenico Cracolici».

Giuseppe Giampà si è quindi soffermato sul ruolo di Andrea Mantella, ex affiliato al clan Lo Bianco di Vibo Valentia e poi staccatosi per formare un autonomo clan entrato ben presto in contrasto con il clan Mancuso. «Si era formata in quel periodo – ha riferito il collaboratore – un’alleanza fra il gruppo di Mantella, i Bonavota di Sant’Onofrio, Rosario Battaglia del clan dei Piscopisani, il clan dei fratelli Rocco e Tommaso Anello di Filadelfia di cui faceva parte pure Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga, tutti uniti contro il clan Mancuso di Limbadi».

Il ruolo dei Mancuso e dei La Rosa

Secondo Giuseppe Giampà, il clan Mancuso vantava una forte alleanza con il clan Pesce di Rosarno ed i Piromalli di Gioia Tauro, ma al tempo stesso era diviso al suo interno in due articolazioni: una facente capo al boss Luigi Mancuso e ricomprendente anche «il fratello Cosmo Michele, il nipote Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, Agostino Papaianni che comandava nella zona di Ricadi e riforniva di generi alimentari tutti i villaggi turistici, Antonio Prenesti». Del gruppo di Giuseppe Mancuso (nipote di Luigi), ad avviso del collaboratore, avrebbero invece fatto parte il fratello Diego Mancuso, Salvatore Ascone ed i Cuturello.

«I La Rosa comandavano invece a Tropea – ha concluso Giampà – e ricordo che il capo era Tonino La Rosa. Dai La Rosa a Tropea ha villeggiato anche mio cugino Pasquale Giampà e lì ha conosciuto Mimmo Polito. Sempre in quel periodo ricordo di aver partecipato ad una cena-summit nella zona di Ricadi e in tale occasione, oltre ai Mancuso ed ai La Rosa, erano presenti pure i Bellocco di Rosarno e venne affrontata la questione riguardante lo strapotere su Vibo Valentia, primi anni 2000, da parte di Andrea Mantella».
Il controesame di Giuseppe Giampà da parte degli avvocati degli imputati si terrà il 25 febbraio.

Giornalista
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