«Salvini dove sei? La mia bambina bruciata viva e lasciata sola»

La commovente lettera del papà di Maria Antonietta Rositani, aggredita 4 mesi fa dall’ex marito a Reggio Calabria e oggi costretta a un lungo e doloroso recupero: «Mia figlia merita giustizia e aiuto, scriverò anche a Mattarella»

di Angela  Panzera
7 luglio 2019
11:44
Carlo e Maria Antonietta
Carlo e Maria Antonietta

È mezzanotte. A Reggio Calabria centinaia di giovani e famiglie invadono la via Marina, godendosi una tranquilla sera d’estate. A Bari, invece, c’è un padre che da una sedia guarda inerme la sua bambina soffrire, sotto calde coperte di lana, i dolori non solo della carne, ma anche quelli dell’anima. Carlo Rositani - il papà di Maria Antonietta, la 42enne reggina ricoverata al policlinico di Bari dopo che l’ex marito, Ciro Russo, il 12 marzo le ha dato fuoco con della benzina - è stanco di assistere alle quotidiane sofferenze della giovane figlia. È anche stanco di aspettare di sapere perché quella mattina nessuno delle forze dell’ordine ha avvisato la donna della fuga di Russo. Nessuno, tra carabinieri e polizia, si è accorto che l’uomo è evaso dagli arresti domiciliari in piena notte e da Ercolano è giunto, la mattina intorno alle sette a Reggio Calabria, armato di una tanica di liquido infiammabile e di odio mortale.

 


Eppure Maria Antonietta aveva denunciato e Russo era già stato condannato per i reati di stalking e maltrattamenti in famiglia. Nonostante i suoi comportamenti reputati dai giudici violenti e persecutori Russo era stato scarcerato ed era a casa senza braccialetto elettronico. Sarebbe bastato davvero poco e questa tragedia si sarebbe potuta evitare e Maria Antonietta oggi sarebbe a casa insieme ai suoi familiari e ai suoi due figli, Annie e William.

 

A bruciare, in questi in 4 mesi, non sono solo le ferite sul suo corpo martoriato, ma sono anche il senso di indifferenza e di abbandono. Abbandono da parte di chi doveva proteggerla e che invece l’ha trattata come un numero, una sterile pratica giudiziaria. Carlo Rositani ha scritto più volte al ministro della giustizia Alfonso Bonafede e si è appellato ai vertici di Polizia e Carabinieri. Le Istituzioni, però non hanno mai fornito risposte né a Maria Antonietta né a lui.

 

Papà Carlo ha scritto anche ministro degli Interni Matteo Salvini il quale però, dopo il “solito” messaggio sui social in cui esprimeva il plauso alle forze dell’ordine per la cattura di Russo, non ha mai risposto né è mai tornato sull’argomento. Il 21 maggio il vicepremier si è recato in Puglia, per il tour elettorale delle amministrative, toccando anche la piazza di Bari. La stessa città in cui Maria Antonietta è costretta a vivere da quasi 4 mesi. Quattro mesi di inferno. Nessun membro del Governo, o parlamentare calabrese, ad eccezione del forzista Francesco Cannizzaro, è mai andato a trovarla. Neanche uno sterile comunicato stampa di circostanza.

 

Papà Carlo è stanco, ma non smette di lottare. Vuole sapere perché lo Stato non ha protetto sua figlia e in una calda notte, l’ennesima passato al fianco di Maria Antonietta, ha scritto una lettera alla nostra testata affinché il suo messaggio possa giungere alle Istituzioni. Un messaggio di dolore, ma non di resa. Un messaggio di amore e non di odio, perché nonostante tutto questa famiglia non vuole vendetta, ma giustizia.

La lettera

«Scrivo perché nel cuore non porto odio ma amore. Ci sono tante persone nel mondo che come me soffrono sete di giustizia di verità di pace di amore. Con oggi sono centoquindici giorni che io con la mia famiglia facciamo su e giù da Reggio verso Bari alternandoci per non lasciare sola mia figlia la mia Bambina mai da sola, neanche un attimo di tempo dentro questo atroce momento di vita che sta vivendo da quella mattina del dodici marzo. Oggi sono con lei accanto al suo letto e mentre la guardo coperta fino al mento da grosse coperte di lana penso a tutto questo tempo trascorso.
Lo leggo il tempo passato stretto tra mani e cuore e in questo momento è come se lo stessi sfogliando il tempo. Sfogliandolo dentro un libro lo leggo il tempo trascorso Penso ai suoi occhi belli. Al suo sorriso di ieri. La ricordo felice sul triciclo e poi felice sul suo primo motorino. E poi la patente… La gioia del diploma e poi… poi… poi… Amore sempre e solo amore.


Quanta tenerezza e gioie insieme vissute con i suoi fratelli. E quanto amore con la sua sorellina Valeria. E adesso mi sento come un passerotto ferito all'ala: fermo, immobile, appesantito dal dolore di mia figlia, dagli occhi tristi di Annie, di William e dalla tristezza della mamma e della nonna novantatreenne che porta il suo stesso nome, Maria Antonietta.
E poi c'è Valeria. Nel suo silenzio soffre. E poi Rosario e Danilo: i loro occhi parlano da soli. E gli zii, le zie, i cugini, gli amici e tutti coloro che ci scrivono e sono migliaia i tanti volti buoni sconosciuti che con noi soffrono il dolore. Un dolore e una tragedia che si poteva si doveva evitare. Sarebbe bastato solo un attimo di attenzione in più verso mia figlia. Ecco perché non smetto di scrivere e di chiedere giustizia per Maria Antonietta.


Non chiedo più un solo attimo di attenzione ma chiedo a chi ha il dovere di farlo una vita di attenzione verso una donna che dopo aver trovato il coraggio di denunciare si è trovata da sola a combattere contro l'Orco. Lo faccio anche pensando a tutte quelle donne che come lei soffrono offese, angherie e vengono derise trattate come delle nullità tra le mura di casa. Lo faccio affinché altre donne non debbano patire le stesse amarezze di mia figlia.


Ho scritto a tutti chiedendo Giustizia. Ho invaso il Web grazie anche ai tanti amici e ai tanti volti sconosciuti che hanno condiviso le mie preghiere. Nessuno fino a oggi mi ha risposto! Parlo del Ministro di Grazia e Giustizia e del Ministro degli Interni. Loro erano e sono troppo impegnati per dedicare a mia figlia un attimo d'umanità. Eppure queste persone passano parecchio tempo a scrivere "fatti loro" sulle pagine dei social network. Eppure il giorno dell'attentato il Ministro dell'Interno ha dedicato un poster a mia figlia. Sotto quel link migliaia di commenti a cornice della grande solidarietà che aveva portato in giro per il mondo quel bel poster fatto dal Ministro Salvini a mia figlia. Ma poi niente di più che il silenzio…


Purtroppo viviamo in un mondo che non è umano, dove la sofferenza spesso viene ignorata. C'è poca umanità e solidarietà da parte di chi dovrebbe stare dalla parte di chi soffre dei più deboli, dalla parte di chi ha subito un sopruso. Ma esattamente questo principio è la sorgente della disumanità del nostro tempo, poiché misconosce la propria ed altrui umanità.


Non si supera la paura se accanto non si ha chi prega amore.


Chi è Maria Antonietta? È mia figlia! E non avrò pace finché non avrà giustizia, perché ad armare la mano del suo ex marito è stato chi ha permesso a lui di compiere quel gesto disumano. Quelli sono i veri colpevoli, chi ha lasciato nel cassetto le sue denunce e chi quella mattina - la mattina dell'evasione - non ha fatto un cordone di solidarietà e di protezione verso Maria Antonietta. La mia Bambina è bruciata via nella sua città. Tra le strade della sua vita. Da sola a combattere per salvarsi la vita. Una donna, una mamma lasciata sola a lottare per i suoi figli.


E io non so finché il buon Dio mi lascerà accanto a lei su questa terra per aiutarla nella sua non facile guarigione.
Ho tanta voglia di ieri. Della sua gioia, del suo sorriso. Prendere con lei un gelato, scegliere insieme un vestitino, andare a prendere una pizza. Vivere insieme ai suoi figli una vita vera fatta di verità e di tanta tanta felicità. Lo voglio...
Ecco perché in questi giorni scriverò una lettera aperta al Presidente della Repubblica per chiedere Giustizia. Lui mi ascolterà, ne sono certo. Nel suo cuore porta il dolore ancora vivo di una tragedia. Lui conosce quel tipo di dolore. Ecco perché mi rivolgo a lui, da padre a padre, da uomo a uomo, pur sapendo che rappresenta la massima autorità della nostra bella Italia.


Giustizia per Maria Antonietta, questo chiedo. Maria Antonietta che lunedì dovrà essere sottoposta a un altro intervento chirurgico… grazie Italia».

 

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