Alta tensione

Scene di ordinaria follia al carcere di Rossano, gruppo di detenuti occupa una sezione

La denuncia del Sappe: «Negli ultimi mesi destinati qui diversi reclusi già protagonisti di rivolte in altri penitenziari». A pesare anche la carenza di personale: a fronte di 153 agenti previsti, ce ne sono solo 57

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di Luca Latella
7 giugno 2023
22:09
Il carcere di Rossano
Il carcere di Rossano

Scene di ordinaria follia nel carcere di Rossano, nuovamente teatro di violenze. Oggi, un gruppo di detenuti, tutti assegnati nell’istituto rossanese, già noti per essere stati protagonisti di rivolte in altri penitenziari, sono riusciti ad occupare la sezione dove erano ubicati. A denunciarlo, il Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Il gruppo di detenuti ha prima tentato di aggredire il vice comandante del reparto e, successivamente, ha preso possesso della sezione.

«Solo grazie alla professionalità del personale in servizio – denunciano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Damiano Bellucci, segretario nazionale – è stato scongiurato il peggio, poiché gli agenti sono riusciti a riportare i detenuti nelle rispettive camere detentive, ripristinando la sicurezza all’interno della sezione detentiva. Purtroppo, nel carcere di Rossano, negli ultimi tre mesi, sono stati destinati numerosi detenuti che negli istituti di provenienza pare si siano resi promotori di eventi simili. Si tratta di soggetti di difficile gestione. Infatti – proseguono i sindacalisti – negli ultimi mesi, più volte sono stati posti in essere atti di violenza contro il personale di polizia penitenziaria che, tra l’altro, è in numero molto ridotto».


La denuncia è di quelle forti. Secondo il sindacato, a fronte di 153 unità previste nella pianta organica da decreto ministeriale, in servizio nell’istituto penitenziario di Rossano, con sezioni ad alta sicurezza As2 e As3, ce ne sono solo 57. Un terzo rispetto alle previsioni.

«Altro grave problema del carcere rossanese – sostengono Bellucci e Durante – è dato dalla presenza dei detenuti affetti da problemi psichiatrici, molti dei quali considerati abbastanza gravi, nonostante non sia presente un’articolazione territoriale di salute mentale per la gestione degli stessi. Tra l’altro, ci riferiscono che nello stesso istituto lo psichiatra fa due accessi a settimana, assolutamente insufficienti per seguire i detenuti che ne avrebbero bisogno».

Un problema che grava sulle carceri “ordinarie” ormai, dalla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, ovvero da quando tutto il «disagio» si è riversato negli istituti di pena, «compresi, a volte, anche i soggetti prosciolti per incapacità di intendere e di volere che, se in custodia cautelare, continuano a permanere in carcere, com’è avvenuto a Rebibbia di recente, fatto per il quale la Convenzione europea dei diritti dell'uomo ha condannato l’Italia». Un problema sul quale è intervenuta anche la Corte costituzionale, a gennaio di quest’anno, evidenziando che «la riforma fatta a suo tempo andrebbe riscritta, poiché il coordinamento delle Rems deve restare in capo al mistero della Giustizia».

 

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