Naufragio in Calabria

Strage di Cutro, il velista Soldini: «Legge del mare tradita, un Paese civile non lascia morire la gente»

Lo skipper italiano celebre per le traversate oceaniche in solitaria commenta quanto avvenuto al largo di Crotone: «Pronto a mettere la mano sul fuoco per la Guardia costiera, ma si ritrovano ingabbiati dalla politica e da regole nuove venute fuori dal nulla»

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di Redazione
4 marzo 2023
10:25

«Evidentemente c'è una volontà politica per cui queste cose succedono. Vuoi che non ci siano i mezzi per monitorare una barca che si avvicina alle coste italiane e per andare a prendere coloro che sono a bordo e salvare loro la vita? Non ci credo. Non ce le raccontiamo. È che quei mezzi non vogliamo impiegarli».

Sono durissime ed esplicite le parole di Giovanni Soldini, velista italiano già leggendario, celebre per le sue traversate oceaniche in solitaria. In un’intervista concessa a Fabio Pozzo per La Stampa, Soldini esprime un giudizio molto critico sul naufragio di Cutro (69 vittime accertate e diverse decine di dispersi). 

«C'è una legge del mare che obbliga a soccorrere una persona in difficoltà – dice Soldini al giornalista del giornale torinese -. È una norma, ma anche una legge morale, culturale, che risale ai romani e che è dentro di noi». E ancora: «Ci sono leggi in questo senso che arrivano a noi fin dall'epoca dei romani. E che ti obbligano a salvare chi è in difficoltà, anche se è un tuo nemico».

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Poi, per rendere ancora più esplicito il concetto, accenna a un episodio della Seconda guerra mondiale, quando il comandante del sommergibile Cappellini, Salvatore Todaro, affondò il cargo belga Kabalo per poi salvare 26 marinai nemici naufragati.

«Io mi metto nei panni anche di chi lavora nella Guardia costiera – spiega Soldini -. Sono sicuro che sarebbero stati lì, se fosse stato per loro. Ci metto le mani sul fuoco. Ma sono ingabbiati in una regola totalmente nuova, che è venuta fuori dal nulla. E che non coinvolge solo l'Italia, purtroppo, ma anche altri Paesi che dovrebbero essere sviluppati, dunque essere i fari della cultura, e che hanno smesso in esserlo... Non è così che si risolvono i problemi, un Paese civile non lascia fare al mare il suo mestiere, non lascia morire la gente».


 

 

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