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di Asmara Bassetti
27 febbraio 2024
15:25

A Corigliano Rossano uno dei monasteri più ricchi del sud Italia: ecco l’abbazia di Santa Maria del Patire

Situata a circa 600 metri di altezza tra i boschi dell'ultima area della Sila Greca, si affaccia sulla piana di Sibari. All'interno, preziosi mosaici pavimentali che raffigurano degli animali fantastici

Destinazioni

Nel comune di Corigliano Rossano, in provincia di Cosenza, si trova uno tra i più ricchi monasteri del sud Italia. Si tratta dell'abbazia di Santa Maria in Patire o Pathirion, in località Ronconiate, chiamata anche “Luogo dei Padri”, costruita in epoca normanna nel 1095, per disposizione del monaco Bartolomeo da Simeri, intitolata a Santa Maria Nuova Odigitria ma da sempre ricordata come Santa Maria del Patire, termine che deriva dal greco "pater", padre, come ringraziamento al monaco che la volle edificare. Al suo interno si trovano dei preziosi mosaici pavimentali che raffigurano degli animali fantastici.

L'origine dell'Abbazia

Situata tra la valle del Cino e il vallone degli Aranci, a circa 600 metri di altezza tra i boschi dell'ultima area della Sila Greca, e con affaccio sulla piana di Sibari, si trova il Complesso monastico basiliano di Santa Maria del Patire, costruzione in stile bizantino-normanna dell’inizio del XII secolo. La chiesa fu edificata dal monaco e sacerdote basiliano Bartolomeo da Simeri al fine di  creare una scuola per i tanti monaci basiliani eremiti suoi seguaci. E fu proprio grazie ai basiliani se l'intera Calabria diventò un importante centro non solo religioso ma anche culturale ed economico. Si fecero strada gli studi filosofici, le lettere, le arti, la patristica, l’ innografia e l’agiografia.


Per questo l'abbazia possedeva anche una vasta biblioteca e uno scriptorium dove monaci amanuensi si occupavano di trascrivere antichi codici e volumi, molti dei quali ancora conservati in Vaticano. Dall'inizio della sua costruzione e per tutta l'epoca normanna, quello di Santa Maria in Patire fu uno dei più ricchi e importanti monasteri del Sud Italia, situazione fiorente che si protrasse fino al XV secolo, quando, come il resto dei monasteri basiliani in Calabria, andò incontro ad un decadimento che ne preannunciò la fine, arrivata agli inizi dell'800 con l'arrivo dei francesi che lo soppressero definitivamente.

La Chiesa

Di forma rettangolare, divisa in tre navate che terminano con tre absidi semicircolari, la parte più antica della costruzione: così si presenta la chiesa la cui edificazione iniziò sotto il ducato di Roberto il Guiscardo, prima che la Calabria fosse sotto il dominio del fratello Ruggero. Modificato varie volte con il passare dei secoli, l'edificio sacro conserva ancora la sua architettura romanica normanna che gli conferisce una bellezza immortale. L'accesso alla chiesa è al centro della facciata, mentre in alto sono situati due rosoni di grandezza diverse e ai lati due finestre. Tra le tre absidi, quella centrale si presenta più alta rispetto alle altre, con la parte che sovrasta le archeggiature formata da una fascia decorata con rombi di colore giallo e nero alternato. Ma ad attirare maggiormente l'attenzione è il pavimento musivo all’interno della chiesa, fatto eseguire dall’abate Biagio nel 1152, che in origine rappresentava un terzo della superficie. Protagonisti dell'opera sono animali particolari, figure mitologiche e zoomorfe racchiuse in dei cerchi e arricchite da fregi di diversa foggiatura.

Animali allegorici e mitologici sul mosaico della chiesa

Il pavimento della chiesa di Santa Maria del Patire si presenta coperto di un vasto mosaico, in cui compaiono animali allegorici e forme mitologiche, immagini popolari durante il medioevo, volute dall'abate Biagio nel 1152, come si evince anche dalla scritta musiva realizzata. Oltre a poterne ammirare l'arte e la cura con le quali sono stati realizzati, è facilmente intuibile che rappresentino anche delle metafore che si ricollegano all'immagine stessa. Uno degli animali rappresentati è l'unicorno, animale di fantasia che si presenta come un cavallo, con zoccoli, criniera, coda e un corno sulla testa, simbolo di potenza e di forza fisica e sovrumana, ma anche di dignità e di onore, attribuibile alla figura di Cristo.

Rappresenta invece la lotta tra il male e il bene una seconda opera del grande mosaico: la caccia del centauro al cervo. Per metà uomo e per metà cavallo, armato di arco e freccia il primo, animale dei boschi libero ma non selvaggio il secondo, l'opera simboleggia l'attacco della lussuria alla castità tramite il centauro. Quest'ultimo emblema della corruzione umana, vuole cacciare l'animale, che invece con i suoi zoccoli in grado di farlo saltare in alto, simboleggia il dialogo tra terra e cielo.

Oltre a quello in procinto di cacciare il cervo, troviamo un altro centauro, mentre compie l'opera di suonare il corno. Essendo una figura negativa, considerata una creatura primitiva e violenta con un attaccamento feroce al vino e alle donne, quello che esce dal corno non è dolce e melodioso ma sgradevole, al fine di spaventare gli animali.

A completare l'elenco degli animali fantastici del mosaico del Pathirion, il grifone, animale con corpo, criniera e coda di leone, e becco, testa, zampe dagli artigli taglienti e due grandi ali d'aquila. L'insieme dei due animali "padroni" di terra e cielo, è il simbolo della natura umana e allo stesso tempo divina di Cristo. Negli spazi tra i cerchi sono rappresentati inoltre un’oca, una sirena ed altri fregi della pittura del V secolo.

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