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Le parole (senza senno) della destra infiammano Perfidia: «Disabituati a ruoli istituzionali»

VIDEO | Puntata ricca di argomenti quella andata in onda ieri sera. Antonella Grippo passa ai Raggi X l’attualità politica coi suoi ospiti. In studio e in collegamento Pasquino, Foa, Macchioni, Fazzalari, Cordova, Furgiuele e Aieta

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di Claudio Labate
8 aprile 2023
12:21

Dopo la parentesi dedicata al riformismo socialista e al rapporto controverso tra politica e magistratura da Tangentopoli ai giorni nostri, Perfidia si rituffa nell’attualità politica. Che ad inizio puntata non può non richiamare lo stato di salute di Silvio Berlusconi a cui Antonella Grippo invia un augurio affettuoso di pronta guarigione. «Silvio Berlusconi non è un leader qualunque. Prima di lui il corpo del leader era protocollare, con lui il corpo del leader si è prestato a tante declinazioni, tra cui quella di un corpo da sanare».

Con il titolo “Varie ed eventuali”, il talk politico più caldo del piccolo schermo si è occupato di parole (quelle di Ignazio La Russa) e di fatti (il codice degli appalti e le grane del governo sul Pnrr), con un parterre come al solito esplosivo composto dal politologo Gianfranco Pasquino, dal già presidente Rai Marcello Foa, dalla giornalista Monica Macchioni, il direttore di Avanti della domenica Giada Fazzalari, il direttore de ilDispaccio.it Claudio Cordova, il deputato della Lega Domenico Furgiuele e il già consigliere regionale Giuseppe Aieta.


«Parole usate come testate nucleari»

Due le frasi che finiscono nel mirino di Perfidia. Quella di Ignazio La Russa («A via Rasella colpita una banda musicale di semi pensionati») e quella di Lollobrigida («Lavorare nei campi invece di stare sul divano con il reddito di cittadinanza») e poi Rampelli che ha proposto centomila euro di multa a chi non viola l’obbligo di parlare l’italiano nella pubblica amministrazione virando su termini forestieri.

Ma su cosa succede alle parole – «usate come testate nucleari» per dirla con Grippo - e sulla scena politica, non sembra avere dubbi di sorta Pasquino: «In parte hanno studiato poco quei politici, e leggono ancora meno, probabilmente parlano solo fra di loro. In parte manipolano deliberatamente, in parte in qualche modo sbagliano e però nessuno li corregge adeguatamente, quindi continueranno così, c’è poca speranza». Rampelli? «Fa bene anche perché presumo che lui l’inglese non lo sappia. La Russa ha una striscia molto lunga di fascismo e ne ha anche un pezzo in casa e Lollobrigida ripete quello che si sente dire da una parte dei suoi elettori. Il lavoro dei campi è un lavoro faticoso che richiede competenza ma probabilmente Lollobrigida non lo sa».

Per l’ex presidente Rai, Foa, a farla da padrone è la «disabitudine ai ruoli istituzionali» e siccome, «purtroppo», la politica vive di comunicazione, «spesso chi ha visibilità e successo si fa sentire solo con un titolo di giornale» e questo ha provocato un abbassamento della qualità del dibattito che riguarda tutte le parti politiche.

Per il deputato leghista Furgiuele si tratta di frasi estrapolate da un contesto più ampio, delle «opinioni», che poi «non collimano con l’esito elettorale perché nei fatti, nonostante le esternazioni e i provvedimenti poco utili per la propaganda o il consenso, gli elettori votano per il centrodestra».

Al direttore de l’Avanti della domenica, Fazzalari, pare si sia trattato di un «tentativo goffo di riscrivere la storia». Un modo per Fazzalari di delegittimare la Resistenza: «sembra che il Governo voglia alzare una bandierina ideologica al giorno per poi alle urne battere cassa».

«C’è un passato che non passa» per Aieta, e «l’esordio di questi mesi sul piano formale, fallimentare. L’idea di creare confusione su via Rasella non è creata a caso, ma matura nel lessico di coloro che vengono fuori dalla cultura post fascista».

«Sono scarsi». Esordisce così invece il giornalista Cordova secondo cui in Italia c’è «la peggiore classe dirigente d’Europa e tra le peggiori del mondo. Credo sia una questione di lanciare dei segnali», più che altro identitari.

Berlusconi, il corpo del leader

Grippo conduce i suoi ospiti sul sentiero dell’uso del corpo in politica. Pasquino tira fuori mirabili esempi di corpi immortalati dalla fotografia (come quello di Mussolini alla battaglia del grano e quello di Berlinguer in barca vela) e appunto di Berlusconi che si è giovato della spinta televisiva. Fazzalari da parte sua ricorda, vedendolo trasposto nel Cavaliere, il concetto di «politica totalizzante» che fu di Bettino Craxi. Per Aieta Berlusconi ha sdoganato la destra condizionando la cultura popolare. Cordova pone invece l’accento sulle insicurezze fisiche di Berlusconi che l’hanno fatto sentire più vicino alla gente. Da cultore dell’esteriorità, per Foa, «il corpo di Berlusconi è anche l’anima di Berlusconi». Macchioni da parte sua è convinta che Berlusconi abbia rappresentato un salto di qualità nella comunicazione e nella politica, trasformando la comunicazione in politica con canoni nuovi e fino al 2011 ha cambiato il volto del Paese.

La difesa di Aieta

«Scambia i voti coi dipendenti delle Terme Luigiane». Questa l’accusa contro cui ha dovuto lottare Giuseppe Aieta, costretto al divieto di dimora fin quando il Tribunale della Libertà non ha giudicato «gracile» l’impianto probatorio. Una vicenda dolorosa - «quattro anni di via crucis» li descrive l’ex consigliere regionale – per la quale Aieta dice di non conservare risentimenti: «Il punto vero – dice con un sentimento di amarezza misto a rabbia - è che non si può tenere un uomo tutto questo tempo sotto indagine».

Aieta raccoglie la solidarietà di Pasquino che definisce proprio questi aspetti la priorità del paese e non solo del tema giustizia, fino ad affermare che «ce lo chiede anche l’Europa». Il politologo punta l’indice contro l’assenza di responsabilità per i magistrati che trascinano i processi in maniera inspiegabile. Lo stesso Foa schierandosi apertamente con Pasquino aggiunge due elementi: la magistratura che non sempre è neutrale, svolgendo un ruolo politico; e poi la visibilità mediatica che un magistrato ottiene agendo nei confronti di un personaggio pubblico, senza curarsi chi soffre per una vita fortemente inibita.

Pnrr, «fare in fretta»

Furgiuele si dice nient’affatto preoccupato dalle frasi allarmanti e i titoloni dei giornali. «Il 2026 è alle porte, bisogna spendere i soldi a fondo perduto, gli altri solo se hanno un ritorno». 

Fazzalari di contro sottolinea che rischiamo di perdere la terza tranche di 19 miliardi di euro e a giocarsi il futuro non è Giorgia Meloni o il governo, ma il Paese che ha avuto più fondi dal Pnrr. «Non bisogna dare per forza la responsabilità a chi non sa fare i progetti».

Macchioni ricorda che sono soldi non regalati e che andrebbero spesi il prima possibile per pianificare sviluppo e crescita. «Chi deve decidere – dice - si assuma la responsabilità di andare avanti»

Aieta fa notare che se la maggior parte di quelle risorse è destinata ai Comuni, se non si rafforza la trama amministrativa non si va da nessuna parte: «I tecnici scappano dalla chiamata, anche perché li pagano poco e non hanno futuro».

Cordova, commentando amaramente lo scontro tra Sala e Occhiuto, respinge la «retorica dei terroni» sottolineando che «dovremmo essere abituati in Calabria all’incapacità di spesa di fondi europei».

Pasquino ritiene sbagliato dare la colpa ai governi precedenti e soltanto alla burocrazia. Suggerisce quindi di ricorrere a misure alternative come l’unione di Comuni o il coinvolgimento dell’Anci.

Ponte, in project financing con pagamento del pedaggio

Il dibattito sul Ponte come al solito divide. Per Pasquino può essere grande motore di sviluppo anche per tutto ciò che è attorno, ma anche un’attrazione turistica: «credo che bisogna affidare a qualcuno impeccabile, in grado di garantire i tempi e nessun elemento di corruzione, perchè credo sia giusto preoccuparsi di ciò che ha in mente la criminalità. Se si è deciso di farlo lo si faccia in tempi brevissimi perché per avere un senso non può essere un’opera fatta in otto anni.

Fazzalari fa le pulci alla mega opera e ai finanziamenti domandandosi se sarà finanziato con un project financing e con il Pnrr. Ma quando?

Per Cordova sarà irrealizzabile nelle tempistiche con cui si fa la propaganda del Ponte. «In ottica area integrata dello Stretto la prima cosa da fare è abolire il monopolio dei traghetti».

Furgiuele da relatore del decreto Ponte, rispondendo ai dubbi dello studio rimarca che il Ponte sarà fatto in project financing e che si pagherà un pedaggio, e sarà un’opera co-partecipata dalla società Stretto di Messina. Dopo aver spiegato le ragioni del Ponte, si è soffermato sul codice degli appalti.

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