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«Frattura mai sanata tra politica e magistratura», l’indagine di Perfidia certifica lo squilibrio tra poteri

VIDEO | Antonella Grippo, con i suoi ospiti, ha esplorato il mondo dei riformisti socialisti e l’evoluzione dei rapporti dai tempi di Tangentopoli ad oggi

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di Claudio Labate
1 aprile 2023
13:25

Sulle note de “L’Internazionale” Antonella Grippo guadagna lo studio facendo trasparire un pizzico di nostalgia mentre sullo schermo passano le immagini di un Bettino Craxi in grande spolvero. «Che paese strano l’Italia – esordisce – ci sono riforme senza partiti e partiti senza riforme, e poi ci sono i socialisti riformisti orfani per antonomasia di partito». Questo il tema attorno cui ruota la trentunesima puntata di Perfidia, dal titolo “Il tempo nuovo dei socialisti riformisti. La giustizia”.

Il rapporto controverso tra politica e magistratura esige, per la conduttrice, un’analisi meticolosa per uscire dai soliti schemi che lo descrivono come un ruvido dualismo o un bipolarismo etico. Il punto di partenza non può che essere Tangentopoli dopo la quale «i post comunisti abdicarono la lotta politica per subappaltarla alle Procure». Una lacerazione a sinistra forse mai rimarginata.


A discutere con la giornalista di Sapri, supportata dalla satira irriverente di Enzo Filia, un parterre parterre di ospiti illustri. A partire dai due ex pm del pool di Tangentopoli, Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo. Insieme a loro ci saranno anche l’esponente storico del Partito socialista italiano e stretto collaboratore di Bettino Craxi, Ugo Intini; il politico, e già fondatore e direttore di “Liberal”, Ferdinando Adornato; l’ex deputato socialista, e oggi editorialista, Fabrizio Cicchitto; il politico, imprenditore, giornaliste ed ex sindacalista Giuliano Cazzola; l’ex parlamentare del Movimento 5 stelle, Francesco Forciniti; il massmediologo Klaus Davi e il giornalista e scrittore Michele Drosi.

Davigo: «I protagonisti della prima Repubblica hanno solo cambiato casacca»

Per l’ex magistrato Piercamillo Davigo «non sono affatto scomparsi i protagonisti della prima Repubblica, ma hanno cambiato solo casacca». Ci sono relazioni e rapporti di potere immutati nel tempo, per lui che offre anche esempi concreti, confermando tra l’altro che «quei processi sono stati tutti provati». Riferendosi poi a Bettino Craxi, ha affermato: «Sono stati commessi errori clamorosi dall’allora leader del Partito socialista altrimenti sarebbe rientrato come tutti gli altri».

Alla domanda se è reale la debolezza della magistratura, Davigo risponde: «Certo, è da trent’anni che viene attaccata dalla politica, e mi meraviglio che ancora riaprano i tribunali».

Cicchitto: «Due Csm per arrivare a separazione delle carriere»

«Ho difficoltà ad interloquire con Davigo e Colombo, perché quando si discute di questa materia, non stanno al dibattito, ma procedono per querele. E questo è pure il segno dei due pesi e delle due misure che riguarda la situazione italiana. Io con loro non discuto». L’esordio di Fabrizio Cicchitto contribuisce ad accendere il clima della serata, ma Grippo, da consumata conduttrice di talk, vira sulla riforma della giustizia. Cicchitto va subito al cuore del suo ragionamento: «La separazione delle carriere non si farà mai, perché il Csm è quello che fa le carriere dei magistrati, era ed è dominato dalle correnti che in genere sono dominate dai pubblici ministeri, quindi non è più un problema di frequentazione tra pubblici ministeri e magistrati giudicanti che tutti i giorni lavorano nello stesso ufficio, ma c’è anche un’altra cosa: i magistrati inquirenti dominando il Csm fanno anche le carriere dei magistrati giudicanti con i quali ci dovrebbe essere una dialettica processuale». La soluzione per poter attuare la “separazione”, per lui dovrebbe seguire una unica direzione: la creazione di due Csm, uno costituito da magistrati giudicanti e uno da pubblici ministeri. «In tal modo ognuno fa la sua carriera e così la magistratura giudicante forse diventerebbe più terza tra le due parti contrapposte, quella degli inquirenti e degli avvocati».

Lo squilibrio tra poteri

Per lo scrittore e giornalista Michele Drosi «c’è un forte squilibrio tra i poteri e senza una riforma difficilmente sarà superato. Nordio ha presentato una proposta che condivido, ma ritengo sia difficile che quella impostazione possa diventare realtà». Per lo scrittore però sono stati troppi gli eccessi all’epoca di Tangentopoli.

Per l’ex deputato pentastellato Francesco Forciniti tanto la politica che la magistratura sono due poteri agonizzanti. «L’indebolimento della politica – aggiunge - è iniziato già nella prima Repubblica con quei politici, poi la tecnocrazia ha imposto riforme col pilota automatico e mentre quelli pian piano scomparivano, la bomba è deflagrata dopo, quando non c’erano più. Io non li rimpiangerei più di tanto».

Molto articolato l’intervento di Giuliano Cazzola, secondo cui «la politica si è suicidata e la magistratura è scesa nella classifica delle istituzioni di cui il paese si fida però la magistratura è ancora in grado di fare e disfare ciò che vuole soprattutto le Procure».

Cazzola ne ha anche per Gratteri che «fa arrestare 300 persone, poi il tribunale della libertà ne libera 250 e il giudice terzo ne condanna otto, Se un medico si azzarda a fare una cosa così lo cacciano, questo invece prospera, scrive libri ed ha rischiato di fare il ministro». Per l’economista «è meglio un plotone d’esecuzione rivoluzionare che fucila gli avversari, perché una giustizia che toglie a una persona la libertà è come se gli togliesse la vita».

Il massmediologo Klaus Davi è d’accordo a metà con Cazzola. Per lui la scelta di non sciogliere il Csm nel dopo Palamara è stato un grande errore, e Gratteri fa le indagini con il suo team ma è il gip a decidere se gli arresti sono giusti o meno.

Se ci sono degli eccessi «la politica deve assumersi le responsabilità – ha aggiunto - ma la politica è vigliacca perché non cambia le leggi e i meccanismi della giustizia».

Intini: «La fragilità della politica sta nella sua scarsa credibilità»

La Riforma della giustizia? «La vorrei come la si vuole da oltre mezzo secolo, almeno dai socialisti». Così risponde alla domanda Ugo Intini che argomenta: «Si pensa che la frattura sia nata dopo Mani pulite. Il povero Pietro Nenni volle il Consiglio superiore della Magistratura, ma poco dopo, era il 1964, si accorse che la magistratura che aveva voluto indipendente era peggio dei partiti e disse che era l’unico potere irresponsabile perché non risponde a nessuno». Pochi anni dopo, ricorda ancora Intini, lo stesso Nenni si “accorse” che il Consiglio superiore della magistratura era divisa in partiti e partitini peggio dei partiti con le loro correnti. «Il problema è sempre lì, anzi si è aggravato ulteriormente».

«La fragilità della politica sta nella sua storia attuale e nella sua scarsa credibilità – ha poi aggiunto -. Una politica di ex comunisti ed ex fascisti che sono diventati democratici e iper atlantisti lascia un po' a desiderare».

L’editoriale di Adornato

Per Ferdinando Adornato, tre sono i momenti nella storia italiana nei quali sono nati forti movimenti anti parlamentari: il primo alle origini del movimento del fascismo; il secondo nel 1968, in cui molte frange diedero vita a fenomeni di rottura democratica; il terzo è recente, con l’attacco alla casta con la nascita del movimento 5 stelle. «Però l’incubazione di quest’ultima fase è stata molto lunga e va datata alla fine degli anni ’70 quando la politica fu incapace di fare riforme necessarie. L’assenza di riforme fu la causa del tramonto della politica della prima Repubblica, ma a determinare questa fine ingloriosa, fu il fatto che alcuni settori della magistratura spinta dal malcontento popolare verso la politica, si assunsero la missione storica di essere i vendicatori del popolo. Fu una rivolta della magistratura in chiave punitiva nei confronti della politica a determinare la fine di quasi tutti i partiti, l’unico che rimase in piedi fu quello dell’opposizione. La classe politica fu incapace di autoriformarsi e di riconoscere i suoi errori lasciando spazi aperti alla magistratura. Da allora il rapporto non è stato più sanato».

Colombo: «Fino agli anni ’80 magistratura succube della politica»

In palese disaccordo con Adornato, Gherardo Colombo, ha sottolineato che la magistratura fino alla metà degli anni ’80 è stata sostanzialmente succube della politica, «lo dico per inchieste che ho condotto io (la P2 e i fondi neri dell’Iri) e perché fino alla caduta del muro di Berlino le inchieste che riguardavano i reati che avevano come interpreti i politici sono stati regolarmente insabbiati».

«Mi sento emotivamente coinvolto quando mi si dice che abbiamo svolto una funzione che esorbitava dalla necessaria misura dovuta alla necessità che i giudici siano soggetti soltanto alla legge. Quel che abbiamo scoperto era incredibilmente grave. Storicamente i partiti tradizionali sono scomparsi per via della caduta del muro. Abbiamo investigato nei confronti dell’ex Pci tanto quanto nei confronti degli altri».

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