Decisione Clamorosa

Stage di Erba, la Procura generale: «Rosa e Olindo sono innocenti, riaprire il caso»

Avanzata richiesta di revisione del processo per la morte di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouk di 2 anni, della nonna Paola Galli e di una vicina di casa Valeria Cherubini. I coniugi Romano stanno scontando l’ergastolo da 17 anni

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di Redazione
16 aprile 2023
07:14

Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo per la strage di Erba, sono innocenti. Lo sostiene il pg di Milano Cuno Tarfusser che, su input della difesa, ha avanzato richiesta di revisione del processo per la morte di Raffaella Castagna, del figlio Youssef Marzouk di soli 2 anni, della nonna del piccolo Paola Galli e di una vicina di casa Valeria Cherubini. Una richiesta, si legge nell'atto di 58 pagine in possesso dell'Adnkronos, che viene sollevata dal magistrato «in tutta coscienza, per amore di verità e di giustizia e per l'insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l'ergastolo».

In tal senso chiede che la corte d'Appello di Brescia, titolata a esprimersi sulla questione, voglia procedere alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante, «l'esame dei 57 consulenti tecnici che hanno redatto e sottoscritto le consulenze tecniche sulle modalità, le tecnologie, gli accertamenti da loro effettuati e sui risultati cui sono giunti, e voglia disporre, previa acquisizione degli atti processuali, ogni ulteriore accertamento ritenuto utile e necessario ai fini del decidere secondo verità e giustizia».


«Prove emerse in un contesto malato»

Il contesto in cui le tre prove, riconoscimento da parte del testimone oculare Mario Frigerio e macchia di sangue, trovata sul battitacco dell'auto di Olindo Romano, prima e le confessioni (di Olindo e della moglie Rosa Bazzi), successivamente, sono maturate, scrive il pg di Milano Cuno Tarfusser, «un contesto che definire 'malato' è fare esercizio di eufemismo». 

«Si tratta di considerazioni e di osservazioni che, se approfondite e valutate, avrebbero già sin dal giudizio di primo grado potuto portare a un diverso esito processuale, ma che oggi probabilmente da sole non avrebbero la forza necessaria per infrangere il giudicato", si legge nel documento di 58 pagine. "Esse però sono in grado di tracciare un netto punto di partenza, la base, su cui si innestano gli accertamenti tecnico-scientifici che attraverso tecniche e metodologie nuove e più sofisticate valutate unitamente agli elementi già in atti, valutati e non valutati, dimostrano che gli imputati devono essere prosciolti».

Revisione del processo in base a nuove prove

La richiesta di revisione sulla strage di Erba, proposta dal pg di Milano Cuno Tarfusser, è legata a due delle quattro ipotesi, previste dall'articolo 630 del codice di procedura penale, ovvero, «la scoperta di 'nuove prove' successivamente alla condanna tale da dimostrare che i condannati debbano essere prosciolti (lettera c) e quella, in parte discendente quale conseguenza delle 'nuove prove', di cui alla lettera d, ovvero la dimostrazione che la condanna venne pronunciata in conseguenza anche di falsità in atti o in giudizio».

In 58 pagine dense il pg di Milano Cuno Tarfusser mette in fila le prove su cui fonda la condanna in via definitiva all'ergastolo - per la strage di Erba - di Olindo Romano e Rosa Bazzi "indicandone le criticità ontologiche mai valutate", poi, passa a elencare le "prove nuove" evidenziando come queste «vadano ad annullare il valore e la forza probatoria delle prime collocandole molto al di qua di ogni ragionevole dubbio».

Gravi criticità dell'indagine sulla strage di Erba

Una ricostruzione particolareggiata in cui lascia a chi eventualmente dovrà giudicare «ogni ulteriore valutazione delle numerose e gravi criticità che hanno costellato l'intera indagine, le quali soprattutto alla luce dei profili di 'novità insite nelle nuove prove' gettano una luce di più di qualche ragionevole sospetto su come queste indagini son ostate condotte» scrive.

Dubbi che lo hanno portato a chiedere la revisione del caso - e quindi il proscioglimento dei coniugi Romano - quale conseguenza delle "nuove prove" ovvero «la dimostrazione che la condanna venne pronunciata in conseguenza anche di falsità in atti o in giudizio». Alla richiesta di revisione il magistrato della procura generale si avvicina nell'autunno del 2022 quando i difensori, gli avvocati Fabio Schembri e Paolo Sevesi, gli sottopongono la questione poi il 14 febbraio scorso gli mettono a disposizione le "nuove prove" consistenti in due corpose consulenze multidisciplinari che riguardano il riconoscimento da parte di Mario Frigerio (testimone oculare della strage) e le confessioni dei due condannati; una consulenza tecnica biologico-genetica forense che riesamina e rivaluta alla luce dello sviluppo tecnologico e metodologico la macchia di sangue (di Valeria Cherubini, una delle quattro vittime) rinvenuta sul battitacco della macchina di Olindo. "Ebbene, se già dopo lo studio del caso molto più di solo qualche perplessità ma era sorta, l'analisi di queste 'nuove prove' da sole, ma soprattutto inserite nel tessuto probatorio complessivo, sin dall'origine infarcito di criticità, mi hanno convinto che esse dimostrano come la responsabilita dei due condannati sia tutt'altro che accertata 'al di là di ogni ragionevole dubbio' che solo giustifica una condanna e, di conseguenza, mi sono determinato definitivamente a proporre la presente richiesta di revisione" aggiunge il pg Tarfusser.

Il progresso scientifico può sgretolare i pilastri della condanna

«Moltissimi erano gli elementi che sin dal giudizio di primo grado sarebbero stati idonei, se solo valutati dai giudici, a giudicare inattendibile la prova del 'riconoscimento', fortemente dubbia la prova della 'macchia di sangue' e indotte, con modalità che definire poco ortodosse è fare esercizio di eufemismo, le 'confessioni', trattate invece alla stregua di prove regine» scrive il sostituto procuratore della corte d'appello di Milano.

«Oggi, a distanza di oltre 17 anni, la scienza - se auspicabilmente ammessa a farlo nel giudizio rescissorio - è fortunatamente in grado di fornire da sola, ma soprattutto in unione alle numerose criticità in atti e non in atti, comunque mai valutati, quelle certezze scientifiche idonee a fare sgretolare i tre pilastri probatori su cui fondano la condanna all'ergastolo di Olindo Romano e Rosa Bazzi» si legge nel documento.

La richiesta, indirizzata al presidente della corte d'appello di Brescia è il primo atto di una possibile revisione su quanto accaduto la sera dell'11 dicembre 2006 quando, sotto i colpi di spranga e coltello, perdono la vita Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Si salverà, solo per un caso fortuito, il marito Mario Frigerio, unico testimone della strage, morto qualche anno fa.

Confronto con la difesa

Il sostituto procuratore di Milano - che ha agito dopo un confronto con la difesa - mette in fila le tre prove su cui si fondano le sentenze di condanna e prova a 'sgretolarle' anche temporalmente: è il riconoscimento di Frigerio, poi la macchia di sangue della Cherubini trovata sul battitacco dell'auto di Olindo a far scattare le manette per i coniugi Romano, i quali renderanno poi piena confessione del quadruplice omicidio. Pagina dopo pagina il magistrato - che chiede il proscioglimento dei due condannati, "probabilmente vittime di errore giudiziario» - sottolinea «le numerose e gravi criticità che hanno costellato l'intera indagine, le quali soprattutto alla luce dei profili di 'novità insite nelle 'nuove prove' gettano una luce di più di qualche ragionevole sospetto su come queste indagini son ostate condotte».

La "falsa memoria" del testimone chiave

In particolare, facendo fede su consulenze firmate da luminari, e rileggendo ogni singolo atto dell'inchiesta, ritiene che la memoria di Frigerio «è una falsa memoria» su Olindo. Il testimone prima parla di uno sconosciuto con la pelle olivastra, poi diventa il suo vicino di casa. «Non si può non rilevare come questo riconoscimento abbia avuto una genesi tortuosa, sia inficiato da evidenti e gravi elementi di criticità che lo rendono estremamente dubbio ma, soprattutto, che si fonda su elementi che pur essendo in atti, mai sono stati scrutinati e valutati dalle Corti di merito» facendo riferimento a presunte 'sollecitazioni' nelle domande.

 

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