LONG FORM

Le ali della Calabria: il viaggio di LaC nella base dell’Aeronautica di Montescuro

Le ali della Calabria: il viaggio di LaC nella base dell’Aeronautica di Montescuro
di Antonio Clausi e Mariassunta Veneziano
Coordinamento editoriale: Altomonte, De Girolamo, Rende, Serra

Al comando del distaccamento che ha sede tra i monti della Sila c’è il tenente colonnello Massimo Alligri. L’attività spazia dalla rilevazione dei dati metereologici ai corsi di sopravvivenza in territorio ostile, dall’addestramento dei piloti alle operazioni di supporto in caso di calamità naturali

Un piccolo mondo silenzioso ma mai addormentato. Al contrario, sempre sveglio giorno e notte e per tutto l’arco dell’anno. A Celico, in un angolo di Sila cosentina, isolato dai rumori delle piste da sci e del viavai tra le botteghe di Camigliatello, protetto da monti e alberi altissimi, ha sede il Distaccamento di Montescuro, uno dei quattro reparti dell’Aeronautica militare presenti in Calabria.

Una storia lunga cento anni quella dell’istituzione nata il 28 marzo 1923 e che nell’immaginario collettivo ha le sembianze delle Frecce tricolori, la pattuglia acrobatica che ogni 2 giugno tinge il cielo con i colori della bandiera italiana. Una storia che, però, è fatta di molto altro. Di donne e uomini che si muovono per cielo, mare e terra.

In pianura o, come in questo caso, tra le montagne della Sila.
Nel Distaccamento di Montescuro vivono e operano circa 50 persone, dallo scorso settembre al comando del tenente colonnello Massimo Alligri, arrivato qui dalla Puglia ma ormai pienamente integrato nella realtà calabrese. C’è chi si occupa del meteo, chi delle telecomunicazioni, chi della parte amministrativa e chi di quella logistica. 

salvataggio

Gli uomini e le donne del’Aeronautica Militare di Montescuro sono addestrati a prestare soccorso anche e soprattutto in zone impervie e condizioni climatiche ostili. L’attività non è circoscritti solo all’ambito militare, ma estesa a tutta la popolazione civile 

sopravvivenza

Durante i corsi di addestramento i cadetti trascorrono 12 ore tra i boschi della Sila con a disposizione solo il survival kit in dotazione. Poi vengono verricellati a bordo dell’elicottero militare simulando un salvataggio in situazioni estreme

meteo

La stazione meteorologica di Montescuro si trova a 1700 metri di altitudine. Da qui il personale osserva e monitora le variabili atmosferiche e le elabora ora dopo ora con accurate strumentazioni.

telecomunicazioni

Il nucleo Tlc dell’Aeronautica Militare si occupa dell’assistenza in volo dei velivoli attraverso continue comunicazioni terra-cielo che coprono tutto l’arco del giorno e della notte. Potenti server occupano le frequenze sfruttate dai piloti che sorvolano il Mediteranno e l’Italia Meridionale

Accanto a loro anche personale civile della Difesa, che collabora per assolvere ai compiti istituzionali quotidiani. Un meccanismo complesso ma fatto di ingranaggi perfettamente combacianti che, muovendosi in maniera armoniosa, consentono di far funzionare questa grande macchina al servizio del Paese.
Il comandante Alligri riassume tutto in poche parole: «Siamo sempre attivi per offrire supporto e assistenza alle altre forze armate ma anche alla popolazione civile»

La stazione meteorologica

La sede logistica si trova un po’ distaccata dal resto del complesso. Un cartello affisso al cancello ne vieta l’ingresso al personale non autorizzato. Un privilegio che, per un giorno, viene concesso anche a noi. Ai piedi della grande antenna lavorano i militari addetti al servizio Meteorologico e al servizio Telecomunicazioni.
Il luogotenente Pietro D’Ippolito ci parla volgendo le spalle alla grande “tavola delle nubi” appesa a una delle pareti.

È il responsabile del servizio meteorologico. Questa stazione, evidenzia, ha una «notevole importanza perché tra quelle del sud Italia è l’unica che si trova in quota, a un’altitudine di circa 1700 metri».
Da quassù si osservano e si acquisiscono le variabili atmosferiche che servono sia in ambito di climatologia sia di meteorologia applicata alla navigazione aerea.
Il funzionamento lo spiega D’Ippolito: «Noi ci occupiamo di rilevare pressione atmosferica, vento, umidità e temperature. Questi dati, uniti all’osservazione dell’operatore su visibilità, copertura nuvolosa e fenomeni meteorologici in atto, vengono trasmessi al Cnca, il nostro centro nazionale per la climatologia, che è inserito in un circuito mondiale che è l’Omm. Qui i dati vengono codificati attraverso dei bollettini che vengono acquisiti dal servizio meteorologico dell’Aeronautica e diffusi su tutto il territorio, a uso anche dei siti che tutti consultano». 
I dati, dice, sono molto precisi. «Siamo partiti con strumenti analogici: le cartine diagrammate, l’inchiostro e il pennino, che sono comunque ancora in uso e vengono conservati anche per mostrarli a chi viene qui». Nella stanza in cui il luogotenente opera il passato convive con il presente. C’è il barometro, per esempio, che tuttora viene utilizzato come strumento di comparazione per accertare l’affidabilità dei nuovi mezzi digitali.
E poi il barografo e un idrografo a capello: dentro, appunto, un fascio di capelli. «Biondo e di donna», precisa D’Ippolito, perché sono quelli più sensibili all’umidità che, appunto, bisogna misurare. «Ora abbiamo strumenti digitali, che qui a Montescuro sono stati inseriti da poco, circa un anno. L’affidabilità è estrema».
Affidabilità degli strumenti e costanza nelle rilevazioni: questo il connubio vincente. Il ritmo è di un bollettino ogni ora, fatte salve situazioni particolari – come i temporali – che richiedono l’inoltro di un ulteriore bollettino. 

Comunicazione cielo-terra

Alla distanza di una rampa di scale si trova invece il servizio telecomunicazioni. Responsabile è il primo maresciallo Enzo Calvosa. Qui ci si occupa dell’assistenza alla navigazione aerea lavorando con i sistemi informatici presenti a Montescuro.
Una serie di luci si illuminano tra due file di grossi armadi azzurri: da qui arrivano le comunicazioni dei velivoli. «Servono a far sì che i mezzi in volo abbiano sempre la copertura – spiega Calvosa – perché l’aereo che si muove ha bisogno di una copertura radio, di essere costantemente controllato: questi apparati gli consentono di navigare in completa sicurezza».
Gli aerei in volo sul basso Mediterraneo, in un’area che copre dalla Sardegna a Cipro, vengono visualizzati su uno schermo. Hanno colori diversi in base alla tipologia e sono accompagnati da sigle che ne indicano il tipo, l’altitudine a cui si trovano e la destinazione.

A lezione di sopravvivenza

Accanto a queste, c’è l’attività di addestramento. «Ci occupiamo di erogare corsi di sopravvivenza in montagna al personale pilota e agli operatori di bordo delle forze speciali, che vengono qui ad addestrarsi in ambiente montano in clima particolarmente rigido», spiega il comandante Alligri.
Ogni anno, qui in Sila vengono organizzati 7-8 corsi, distinti tra basici e applicativi: gli allievi apprendono particolari tecniche da utilizzare nei casi in cui dovessero trovarsi a operare in ambiente ostile, così imparano a sopravvivere nell’attesa dell’arrivo del soccorso aereo. Sono corsi generalmente svolti in inverno, proprio perché le condizioni climatiche sono più sfavorevoli e, di conseguenza, più adatte.
Tra le altre attività, in estate il Distaccamento funziona anche come luogo per garantire un periodo di recupero psicofisico ai militari di ritorno da missioni internazionali. «Qui possono riposarsi – dice Alligri – dopo operazioni che durano anche diversi mesi». È l’Aerostello silano a ospitarli, un bell’edificio con le fattezze tipiche delle strutture montane, in cui si trovano anche la mensa del personale, un bar e il Centro di sopravvivenza, una sorta di piccolo museo in cui sono conservati gli equipaggiamenti – passati e presenti – a uso dei militari alle prese con le attività quotidiane di soccorso.

La formazione

Attività di soccorso per le quali nulla può essere lasciato al caso: in ballo ci sono le vite degli altri e per imparare a tutelarle occorre una formazione ferrea che non ammette superficialità né distrazioni. Addestramenti continui per formare le donne e gli uomini che fenderanno i cieli e non solo.
A Montescuro le eliche degli elicotteri dell’Aeronautica militare non emettono frastuono, ma un leggero stridio rassicurante per chi, da terra, osserva il gigante d’acciaio levarsi e scendere agile come una mosca. L’elemento caratterizzante del servizio offerto alla Nazione è l’assistenza alle persone in situazioni di estrema difficoltà, ma tra gli abeti della Sila rappresenta qualcosa di più: esercitazioni continue, come quella che ha visto protagonisti i cadetti dell'Accademia di Pozzuoli, i piloti e lo stesso equipaggio dell'HH 139 Bravo, giunto per l'occasione dall'82° centro Sar di Trapani che è uno dei centri del 15° stormo dell'Aeronautica Militare. 
Parte della formazione prevede il superamento di dure prove sul campo, come quelle che mettono alle corde le capacità di resistenza, ingegno e sagacia. In gergo tecnico viene definito “abbandono”. I giovani in uniforme trascorrono 12 ore, compresa una notte intera, tra i boschi dell’altopiano simulando situazioni estreme e cercando di cavarsela in attesa dell’arrivo dei soccorsi. Con loro il minimo indispensabile per resistere al gelo, accendere un fuoco, rendere potabile l’acqua, costruire armi rudimentali per difendersi e cacciare. L’unico sostegno calorico è una barretta energetica in tasca.

A cullare il sogno di diventare un giorno alti ufficiali, sono ragazzi perlopiù meridionali. Ma le eccezioni non mancano. Marco Lamperti, milanese, è il cadetto scelto per parlare a nome di un gruppo folto, coeso, dove la simbiosi è totale e gli intenti comuni.
Il corso basico di sopravvivenza in montagna fa parte del piano formativo dell’Aeronautica. Si segue al terzo anno, perché quello in mare è previsto al termine del primo.
In modo parallelo, sono obbligatori i corsi universitari. La specializzazione è soggettiva, ma coltivata con lo stesso grado di attenzione che si presta alla carriera militare. Non superare un secondo appello d’esame senza le attenuanti del caso non è opzione da prendere in considerazione e comporta l’abbandono dell’accademia.
Si tiene il ritmo tra i banchi universitari così come sul campo. «Arrivati in Calabria abbiamo tenuto un primo briefing con gli aerosoccorritori dei reparti di Trapani e Furbara – racconta Lamperti –. Ci hanno fornito le basi teoriche su come resistere in caso di incidente aereo con il survival kit in dotazione. Siamo stati inoltre indottrinati per ogni tipo di situazione, con particolare riferimento ai contesti che potrebbero generare pericolo qualora non si abbiano competenze tecniche e fisiche. Quali sono? Non c’è motivo, ad esempio, di pensare di scalare una parete rocciosa».

Gli angeli dell'Aeronautica militare

Tra gli obiettivi prioritari degli addestramenti, dicevamo, allenare il personale al recupero di civili o militari in territorio ostile o in ambienti non permissivi. E porsi come strumento sempre pronto a soccorrere la popolazione. L'attività ha turni di 24 ore, con un velivolo dedicato, fermo a terra ma con equipaggio pronto a decollare entro 30-60 minuti dalla richiesta di soccorso. Sono le responsabilità che hanno l’elicottero, il reparto e l’equipaggio che provengono dall’82esimo centro Sar di Trapani.
«Le responsabilità che ci vengono attribuite - spiega il pilota capitano Filippo Conforti - sono le ricognizioni in mare e su terra, di notte e di giorno, a supporto, nella stragrande maggioranza dei casi, della popolazione. Mi riferisco a persone che si sono ferite in attività di tipo privato, in incidenti montani, in malori in acqua o a gente in grave pericolo di vita»
«Siamo chiamati in causa in situazioni estreme, ad esempio quando devono essere recuperate delle persone a bordo di imbarcazioni (anche da crociera) in acque lontane o quando altri enti che fanno ricerca e soccorso civile non sono attrezzati ad arrivare dove noi invece possiamo avventurarci»

Il pilota capitano Filippo Conforti 
Per i ragazzi dell'Accademia di Pozzuoli, salire a bordo dell'elicottero che un domani potrebbero pilotare, non rappresenta semplicemente un momento formativo ma una parentesi emozionale intensa, un’esperienza di vita e professionale che serve a costruire i comandanti del domani.

Al servizio della popolazione civile

Un’esistenza controvento quella di chi opera a bordo di un elicottero. Perché, così ci spiegano, è un mezzo che viaggia sempre in direzione contraria alla corrente. In direzione contraria per abbracciare le esigenze della popolazione civile, con le quali l’Aeronautica militare si confronta di continuo.
Un piccolo mondo, abbiamo detto del Distaccamento di Montescuro, ma non chiuso in se stesso. Aperto all’esterno, sempre e soprattutto laddove altri non riescono ad arrivare.
Come i trasporti sanitari d’urgenza, di cui spesso si sente parlare, soprattutto riguardo a piccoli pazienti alle prese con patologie e problemi per i quali le nostre strutture non risultano sufficientemente attrezzate. «Proprio di recente – ricorda il comandante Alligri – è stata attivata la sala situazioni di vertice per un bambino di pochi giorni che è stato trasferito a bordo di uno dei nostri velivoli dal suo luogo di residenza all’ospedale Meyer di Firenze, dove ha potuto ricevere cure adeguate».
E poi c’è l’attività svolta durante il periodo più duro della pandemia da Covid. «Abbiamo sviluppato una particolare tecnica che è quella del trasporto in biocontenimento», dice il comandante. Il trasporto, cioè, di una persona infetta evitando che questa venga a contatto con l’esterno, estendendo così il contagio.
«Quando ancora non si conoscevano bene le dinamiche e i vari risvolti della pandemia, la professionalità dei nostri equipaggi e del nostro personale sanitario ha permesso di prestare assistenza alla popolazione civile anche in questo modo», afferma ancora Alligri. Un servizio straordinario ma non troppo, per chi è abituato a volare alto: «Abbiamo fatto quello che abitualmente facciamo: servire il Paese e la comunità».