LONG FORM

Hasta la sanidad siempre, Calabria!

Hasta la sanidad siempre, Calabria!
di Salvatore Bruno, Luana Costa e Vincenzo Imperitura
Coordinamento editoriale Francesco Altomonte e Manuela Serra
La Regione ha reclutato decine di medici cubani per far fronte alla mancanza di camici bianchi. Un'attesa lunga sei mesi dal primo annuncio del governatore Occhiuto nel luglio del 2022. Scelta controversa che ha alimentato polemiche infuocate. Da L’Avana alla Calabria: ecco chi sono, cosa pensano e perché sono qui
Locri, Polistena, Gioia e Melito: sono arrivati nei quattro avamposti più sgangherati della claudicante sanità regionale, i 52 medici cubani messi sotto contratto per (almeno) i prossimi 12 mesi dal commissario Occhiuto. Una soluzione tampone e provvisoria alla proverbiale carenza di camici bianchi disposti ad accettare incarichi in un’azienda sanitaria, quella reggina, che negli anni non si è fatta mancare proprio niente: strutture fatiscenti, mancata organizzazione, medici imboscati, concorsi dall’iter elefantiaco, persino un commissariamento per infiltrazioni della ‘ndrangheta arrivato qualche mese dopo il clamoroso omicidio di Franco Fortugno, che oltre ad essere vice presidente del consiglio regionale, era primario del pronto soccorso di Locri.

Subito in prima linea: gli ospedali che accolgono i medici cubani

LOCRI

Sono 16 i medici cubani impiegati nel presidio di contrada Verga: 7 sono in forza al pronto soccorso, 4 in ortopedia, 1 in radiologia, 1 in cardiologia e 1 in ginecologia

GIOIA TAURO

In pronto soccorso andranno a lavorare anche i camici bianchi, 10, che da lunedì hanno preso servizio in quello che resta dell’ospedale Papa Giovanni XXIII

POLISTENA

Sedici al Santa Maria degli ungheresi: 7 al pronto soccorso, 2 in cardiologia, 1 in ostetricia, 1 in pediatria, 1 in radiologia, 2 in ortopedia e 1 in medicina di riabiltazione

MELITO

Più scarna la pattuglia destinata al Tiberio Evoli: 3 al pronto soccorso, 1 in cardiologia riabilitativa, 1 oculistica, 3 in ortopedia, 1 al laboratorio di anatomopatologia, 1 servizi preparazione al parto

Nell’emorragia continua di dottori dal Servizio sanitario nazionale alle cooperative di servizio (che assicurano contratti economicamente molto più vantaggiosi per i propri iscritti) e alle mastodontiche, e spesso più efficienti, strutture private, gli ospedali della provincia profonda sono quelli che hanno pagato il prezzo più alto. Statistiche che si impennano quando ci riferisce alla provincia di Reggio e che hanno causato, non uniche, una serie di operazioni acrobatiche nel tentativo di riempire le caselle rimaste desolatamente vuote per tenere in piedi la baracca.

Ortopedici scippati ad un ospedale per tenerne in piedi un altro, medici di emergenza raccattati nei centri periferici di primo intervento per evitare la chiusura dell’unico pronto soccorso operativo, girandole di (costosissime) “prestazioni aggiuntive”, ricorso alle famigerate coop di servizio: i 52 camici bianchi formati nelle università cubane sono stati catapultati nei quattro ospedali reggini per tamponare una situazione che sta diventando sempre più drammatica.
In attesa dei concorsi e attaccati alla speranza che i candidati risultati idonei accettino il ruolo – nella pittoresca sanità reggina può capitare che un concorso in ginecologia finisca con cinque candidati risultati idonei su otto, senza che nessuno firmi poi il contratto, storia di qualche settimana fa – i professionisti caraibici dovrebbero consentire all’utenza, più di 300mila persone, un accesso meno complicato alle prestazioni sanitarie.

Locri e Melito, soccorso cubano per ospedali allo stremo

Ventisei dei 52 medici che hanno preso servizio lo scorso lunedì, sono sbarcati nei due ospedali della fascia jonica sopravvissuti ai tagli dell’era Scopelliti. 16 destinati a Locri, dieci al presidio di Melito Porto Salvo.
Nell’ospedale spoke di Locri, gli specialisti andranno a dare una mano soprattutto in medicina d’emergenza: il pronto soccorso di contrada Verga è quello dove, nel tempo, sono emersi i problemi più gravi, più volte degenerati in violente aggressioni al personale di servizio da parte dei pazienti e dei loro accompagnatori a causa dei tempi d’attesa sempre più lunghi. E poi 4 ortopedici, un radiologo, un cardiologo e un ginecologo, immediatamente aggregati allo sparuto personale già in forza al nosocomio dopo un breve corso intensivo d’italiano.
Più scarna la pattuglia destinata all’ospedale generale Tiberio Evoli di Melito. Anche qui i dottori cubani andranno ad aiutare i colleghi italiani principalmente in Pronto soccorso. Tra i dieci professioni destinati all’ospedale melitese anche un elemento di supporto alla cardiologia riabilitativa, assieme al laboratorio di anatomopatologia e ai servizi di preparazione al parto (l’ospedale non ha un punto nascite) e di oculistica, tra i reparti che funzionano meglio. Ma soprattutto, nel risiko dei nuovi arrivi, il “ritorno” dei tre ortopedici dirottati nel 2017 a Locri per evitarne la chiusura, dovrebbe consentire la riapertura del reparto di ortopedia che, negli anni, era diventato un centro di riferimento importante per la popolazione con una media di circa 300 interventi l’anno.
L'arrivo dei medici cubani all'ospedale di Locri: «Siamo lavoratori e daremo il cuore nel periodo che staremo qui. Per un medico un limite può essere rappresentato dalla lingua, ma l'italiano e lo spagnolo si assomigliano molto e in queste settimane abbiamo studiato bene. Siamo pronti per iniziare»

A Polistena e Gioia Tauro stesso copione: benvenuti medici cubani 

Sull’orlo di una crisi di nervi anche il Santa Maria degli ungheresi di Polistena. Qui sono sedici i medici caraibici che hanno preso servizio. Anche qui, il gruppo più numeroso (sette) andrà a coprire i preoccupanti vuoti d’organico registrati nella medicina di prima emergenza. Buchi così profondi che hanno causato, oltre alla chiusura per oltre un mese del reparto di terapia intensiva (storia del luglio scorso), anche il “rastrellamento” nei centri di primo intervento della zona, dei medici necessari a impedire la serrata del pronto soccorso, nel tentativo un po’ approssimativo, di coprire i buchi di una coperta sempre più corta e che, come contraltare, ha registrato la chiusura degli stessi punti di primo soccorso. E poi due cardiologi, un ostetrico, un pediatra, un radiologo, un ginecologo, un medico per la medicina di riabilitazione e due ortopedici. E in pronto soccorso, infine, andranno a lavorare anche i camici bianchi – dieci – che da lunedì hanno preso servizio in quello che resta dell’ospedale di Gioia Tauro.

Da Cuba all'Unical a lezione di italiano

Intanto, come preannunciato da Lacnews24, il 27 dicembre scorso la brigata medica cubana è sbarcata in Italia, giungendo in serata a Cosenza, ospite della caserma del Primo Reggimento Bersaglieri. Il presidente della Regione e commissario ad acta della sanità Roberto Occhiuto, li ha informalmente salutati il giorno successivo, diffondendo poi un video attraverso i social del breve incontro nel quale il governatore ha sottolineato l'impegno profuso per superare i problemi burocratici legati all'allestimento della documentazione necessaria a consentire loro di intraprendere questo percorso nelle corsie dei nosocomi della provincia reggina.
Il primo step ufficiale si è poi registrato il 2 gennaio con l'avvio del corso intensivo di italiano organizzato al Centro Linguistico d'Ateneo dell'Università della Calabria. Nella giornata inaugurale i 51 camici bianchi sono stati accolti tra i cubi del campus dal delegato del rettore, il professor Lorenzo Caputi, dal Prorettore Patrizia Piro e dal Direttore Generale del Dipartimento Salute della Regione, Iole Fantozzi.
«Noi ci metteremo il cuore» il messaggio lanciato dagli specialisti giunti d'oltreoceano, accompagnati dal capo delegazione Luiz Enrique Perez Ulloa, animati da una genuina volontà di sostenere la sanità calabrese in difficoltà. Quasi tutti hanno già maturato una precedente esperienza all'estero, in particolare in Venezuela, Brasile, Panama, ma anche nel continente asiatico, in Kuwait, ed in quello africano, in Angola.
L'università di Arcavacata, tra l'altro, è tra le mete preferite degli studenti provenienti dall'isola caraibica: dal 2017 si contano almeno duecento iscritti
La testimonianza di una radiologa 37enne: «A Cuba ho lasciato la mia famiglia, il mio bambino di sei anni. Ma sono tutti molto felici per me. Sono qui per contribuire a migliorare la situazione critica della sanità calabrese al fianco dei miei colleghi che già operano in questo contesto»
Al Centro Linguistico d'Ateneo, presieduto dalla docente Carmen Argondizzo, il corso si è protratto per tre settimane, concentrandosi non tanto e non solo sulle modalità espressive, già conosciute ad un livello accettabile da buona parte degli specialisti, ma soprattutto sui termini tecnici, anche attraverso i seminari tenuti dal docente Marcello Maggiolini, insegnante di patologia medica. Un test scritto ed un colloquio orale hanno certificato il superamento degli esami dell'intero contingente.
«Tutti i partecipanti, al termine di questo periodo davvero carico di emozioni profonde anche per l'intero team del centrolinguistico – ha detto Carmen Argondizzo - ci hanno abbracciato con le loro storie personali. Abbiamo capito lo spirito con cui affrontano lunghi periodi lontani da casa, dal loro ambiente, dagli affetti familiari. Hanno usato diverse e significative parole chiave: molto spesso hanno utilizzato il termine adrenalina, e poi sorriso: il sorriso dei bambini, il sorriso delle donne. Saranno certamente un valore aggiunto in corsia. Siamo tutti molto fiduciosi: certamente si integreranno perfettamente con i bravissimi medici che già operano nei reparti degli ospedali calabresi. Sarà un supporto vicendevole».
Siamo tutti molto fiduciosi, saranno un valore aggiunto in corsia. Abbiamo capito lo spirito con cui affrontano lunghi periodi lontani da casa, dagli affetti familiari

Carmen Argondizzo
I 51 medici cubani hanno preparato le valigie nella stessa serata di chiusura del corso. Da sabato si sono trasferiti nella provincia di Reggio, nelle città in cui saranno chiamati a prendere servizio. Con l'avvicinarsi del momento in cui indossare nuovamente il camice, crescono in loro le aspettative, ma anche i timori.
«Mi sento pronto» dice il dottore Desi Pozo Alonso. «C'è un po' di paura poiché non so come saremo accolti dai nostri colleghi italiani. Il nostro obiettivo è lavorare insieme a loro per migliorare l'offerta sanitaria. Abbiamo l'esperienza necessaria per operare anche in condizioni complicate. Mi aspetto anche di imparare»
La calda estate in attesa dei medici cubani
Polemiche, barricate e ricorsi al Tar. Ecco le tappe che hanno portato all'arrivo dei professionisti caraibici dopo l'annuncio di Occhiuto
L'anteprima di LaC News24
L'1 luglio LaC News 24 dava la notizia dell'accordo tra la Regione e Cuba per l'arrivo di medici negli ospedali calabresi
L'annuncio di Occhiuto
Il 17 agosto il presidente della Regione Occhiuto annuncia l'accordo con la Comercializadora de servicios medico cubanos
Scontro con l'Ordine e ricorso al Tar
La notizia dell'accordo scatena la furante reazione dell'Ordine dei medici. Parte anche il primo ricorso al Tar
L'attacco alle coop dei medici
Occhiuto risponde alle critiche attaccando le cooperative dei medici pagate a peso d'oro dalle Aziende sanitarie e ospedaliere calabresi
L'accusa di schiavitù
L'europarlamentare Laura Ferrara critica la scelta di Occhiuto e parla apertamente di sfruttamento del lavoro
Arrivano i primi 51 medici
Il 27 dicembre la prima pattuglia caraibica sbarca in Calabria. I medici iniziano i corsi di italiano all'Unical e il 23 gennaio prendono servizio

Occhiuto annuncia l'arrivo dei medici cubani e scoppia la polemica

E tuttavia, l’accordo – ormai concretizzatosi - tra Regione Calabria e Comercializadora de Servicios Médicos Cubanos non è stato certamente accolto dal favore della pubblica opinione o favorito nelle trattative che si sono protratte per quattro lunghi mesi. L’annuncio arriva in piena estate, immediatamente qualche giorno dopo Ferragosto. È questo il periodo dell’anno in cui la sanità calabrese mostra con maggior trasparenze le sue ferite: l’arrivo dei turisti, l’aumento progressivo dei residenti, gli ospedali che iniziano a traboccare sulle coste e nelle aree interne, ambulanze ed elisoccorso sotto stress per l’enorme mole di lavoro e i sanitari che, dopo un lungo anno di fatiche, necessitano anche del meritato riposo.
L’assistenza sanitaria va in apnea. E l’Asp di Reggio Calabria rappresenta l’anello fragile di un sistema andato in frantumi. Concedere le ferie al personale medico e infermieristico vuol dire non far più quadrare i turni, lasciare i reparti privi di assistenza e i pazienti in balia di sé stessi. È quel che è accaduto, appunto, il 10 di luglio: al pronto soccorso di Polistena c’è un solo medico in servizio e il commissario straordinario mette il camice e va in corsia. Appena una settimana dopo un presunto caso di malasanità: sempre nel pronto soccorso di quell’ospedale un giovane di 21 anni perde la vita. È questo il prologo della nostra storia.
In verità, già da settimane si rincorrevano le voci dell’imminente arrivo dei medici cubani. Dovrà trascorrere, tuttavia, più di un mese prima che le indiscrezioni di corridoio si trasformino in verità granitica. Dal dodicesimo piano della Cittadella il presidente della Regione, documenti alla mano, snocciola le cifre dei concorsi andati deserti, dei medici in fuga: è l’anteprima di una bomba che deflagrerà con inaspettata intensità trasformando la Calabria in una vetrina per la stampa nazionale e in una trincea per l’ordine dei medici e le associazioni di categoria.
La torrida estate calabrese diventa incandescente al fuoco delle polemiche alimentate dalla notizia dell’arrivo dei medici caraibici. L’ordine dei medici alza le barricate e grida allo scandalo: per i camici bianchi calabresi si tratta senz’ombra di dubbio di esercizio abusivo della professione. I cubani sono privi di titoli, non parlano la lingua e giù con la lista delle violazioni di norme. In difesa del sacro camice si invoca la giustizia amministrativa. Agosto non è ancora finito che già si deposita il primo ricorso al Tar. 

Il governatore non molla: «Chi critica difende interessi di casta»

Il feroce attacco non trova però impreparato il presidente della Regione che appare immediatamente pronto ad incrociare le spade. A stretto giro arriva la replica solo all’apparenza serafica ma con l’indice indagatore di chi invoca l’intervento della Procura per accertare presunti e opachi interessi. Tanta violenza verbale non è mai stata proferita nemmeno nei confronti di Cotticelli, è il ragionamento del presidente che infila dritto il dito nella piaga del business delle cooperative private.
È il 29 di agosto quando il presidente della Regione agita lo spettro di interessi opachi per replicare alle accuse dell’ordine dei medici. Ma già 24 giorni prima l’Asp di Reggio Calabria aveva licenziato, con un verbale di somma urgenza, l’esternalizzazione di 196 turni per medici anestesisti e 160 per medici di pronto soccorso alla Gap Medical alla modica cifra di 628mila euro, oltre mezzo milione per superare indenni l’estate. Dai social la cooperativa privata lancia la sua crociata in supporto della sanità calabrese: 1.800 euro per un turno di 12 ore ad anestesista, 1.620 euro per un turno di 12 ore a medico di pronto soccorso.
Il dibattito si avvita così sulle distorsioni e sulle speculazioni di mercato mettendo in sordina l’argomento divenuto pietra dello scandalo. La polemica finisce definitivamente in soffitta in autunno, quando la Regione annuncia pioggia di incentivi anche per i medici nostrani. Par condicio, verrebbe da dire adottando un lessico politicamente corretto. Ad ottobre il Consiglio regionale licenzia una legge che aumenta l’importo delle prestazioni aggiuntive. Da 60 fino a 100 euro all’ora per i medici che si dichiarano disponibili a prestare servizio nei reparti di frontiera. E così torna il sereno.
Tutto risolto? Nemmeno a dirlo. Le trattative si inabissano e la pattuglia di medici cubani sparisce dall’orizzonte per i successivi due mesi. Nel frattempo, la Calabria torna alla vita di sempre: pronto soccorso presi d’assalto, medici pochi e irreperibili mentre le procedure di reclutamento subiscono una inaspettata battuta d’arresto. Di ostacoli e impedimenti orditi da imprecisati burocrati ministeriali, parlerà poi il presidente della Regione che, nel giorno della visita dell’ambasciatrice cubana in Cittadella, può finalmente cantare vittoria.
Al momento solo una piccola pattuglia effettivamente è sbarcata in Calabria: 51 medici cubani con la promessa che altri ne arriveranno all’occorrenza. In attesa che i concorsi a tempo indeterminato centralizzati diventino una realtà anche a queste latitudini.