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Chi si fila la Sila? Paradiso calabrese senza angeli custodi

Chi si fila la Sila? Paradiso calabrese senza angeli custodi
di Alessia Principe
Coordinamento editoriale: Altomonte, De Girolamo, Rende, Serra
Video editing: Vallone
Tre laghi, scenari alpini, boschi antichi e una fauna unica. La regina delle montagne calabresi domina su tre province: Cosenza, Catanzaro e Crotone. La sua storia si intreccia con leggende millenarie ma il suo presente ha ancora le forme e i colori del boom edilizio degli anni ‘70 e ‘80
La Sila, Silva, da “foresta” dove la sorgente d’acqua scorre sfiorata dal granito a mica nera. Posto antico, in cui i mammut camminavano quando il lago era una pianura. Lì popolazioni coperte da pelli intagliavano lance, morivano in battaglia, venivano sepolti. Adesso, in un balzo in avanti di millenni, laghi artificiali riflettono nuvole veloci. Adesso la Silva è Sila.
Nonostante la necessità di parlare al presente di questo luogo, cinto dalle montagne che sorvegliano l’altopiano dei superlativi pourparler, il passato è una componente necessaria da cui partire. Non manca nulla a questi meridiani dal buon cibo, ai panorami (instagrammabili), alla cucina anche stellata e quando si parla di innovare quei luoghi, il rischio di rompere il giocattolo è più alto del desiderio di compiere un miracolo di business. Da un ventennio buono si parla di “rilancio”, e se ne parla a più livelli: rilancio estetico, rilancio commerciale passando per rilancio di infrastrutture e arterie di viabilità. 

Ponte ponente ponte pì

C’è da augurare ai viaggiatori più che “buone vacanze”, “in bocca al lupo” quando la statale alle porte di Celico passa su quel cuscino d’aria che sembra reggere il ponte Cannavino come quelle sfere di plastica degli anni 80 tenute sospese dal soffio in una pipa di plastica fluorescente. Una specie di miracolo che si compie ogni volta che all’ultima ondulazione delle giunture d’asfalto, ci si ritrova sani e salvi sulla terraferma. Di tanto in tanto la questione del ponte che è mezzo rotto ed ha avuto un battesimo di sangue nel 1972, proprio durante la sua costruzione che costò la vita a due operai, torna a bomba sui media. La prima volta che fece tanto rumore fu nel 2016, quando dopo la pubblicazione di un video, la spaccatura al chilometro 42,700 risultò così evidente da suscitare il panico generale. Del caso si interessò anche la giornalista Selvaggia Lucarelli che chiese conto a Matteo Renzi (all’epoca premier), e nel 2017 venne aperto un fascicolo dalla Procura di Cosenza contro ignoti dopo un esposto del Codacons.
Il video del 2016 che spopolò sui social
L’Anas ha sempre schivato i proiettili mediatici, inviando esperti, redigendo analisi mai troppo convincenti. La verità che tutti conoscono è che quel ponte non si può più puntellare con interventi di qualche milione di euro, ma va rifatto. Intanto, a periodi alterni, quel tratto viene chiuso e poi riaperto (per controlli) costringendo gli automobilisti a giri immensi quanto gli amori che a volte ritornano. Da qualche mese la notizia di una possibile demolizione e ricostruzione si rincorre ma niente è ancora ufficiale e tutto è poggiato sul temibile tavolo del ministero. L’assessore leghista Staine ha chiesto a Salvini di dare un’occhiata a vari ponti tra cui quello di Celico. In attesa della prima pietra e di un cenno dalle alte sfere, il segno della croce resta la soluzione migliore quando si passa da quelle parti.

Piccolo, Grande amore

La Sila Grande (Camigliatello Silano, San Giovanni in Fiore e Lorica) e quella Piccola (che abbraccia la zona a Sud del Lago Ampollino tra le province di Catanzaro e Crotone verso la Valle del Tacina, la Gola del Soleo e la valle del Savuto) sebbene unite dal nome, sono realtà molto diverse. Più mainstream la prima e più selvaggia la seconda.
Il turismo ha penalizzato e innalzato località a fasi alterne. Se nella Grande fu Lorica, nata da un camping impiantato dall’Opera Valorizzazione Sila sulla riva del lago Arvo, il primo centro di richiamo, Camigliatello ne scippò il primato successivamente alla famosa costruzione della Statale 107. La concorrenza tra le due Dame dei Laghi, è storica e anche oggi che gli attriti paiono risolti, o semplicemente diluiti dagli anni e dal comune malcontento per certi andazzi, non si può dire che agiscano in sincrono per superare il momento avverso. 

Dove le fate non abitano più

Per preservare uno dei luoghi più fascinosi, Villaggio Mancuso e il noto “Albergo delle fate”, qualche tempo fa il Segretariato regionale del ministero della Cultura per la Calabria aveva emanato un’importante disposizione di tutela per procedere a una “riqualificazione”, parola chiave che viaggia insieme a “rilancio”, “apertura di un tavolo di concertazione”, “sinergia” e “volano” (che poi chi c’ha mai giocato a questo volano).

Il Ministero per i Beni Culturali, con Ddr n. 124 del 28 novembre 2007 ha dichiarato l’Albergo delle Fate monumento storico nazionale di notevole interesse architettonico. Da un punto di vista estetico sembra uscito da un acquerello: stile anni Trenta, legno ovunque, grandi soffitti con vista sul parco nel cuore di Villaggio Mancuso. La sua golden age fu negli anni 60 quando tanti personaggi noti del mondo della cultura e dell’arte, lo scelsero come luogo d’elezione. I luccicori di quell’epoca oggi paiono lontanissimi e nelle more di una scelta d’uso che possa rianimarne le stanze solo gli alberi restano a goderne e delle fate non resta che il nome.

L’aria più buona?

Qualcuno aveva provato a imbottigliarla e metterla sul mercato l’aria della Sila, sperando di farci bei soldi. Ma non ha avuto la fortuna che sperava il signore di Spezzano che sognava di bissare il business di John Dickinson e Theo Ruygrok che hanno venduto alla Cina l’aria delle Blue Mountains, la brezza del mare di Bondi Beach e il vento della Tasmania, a 18 dollari a bottiglia.

Lo slogan “Sila, l’aria più pulita d’Europa” funziona a meraviglia per i social e nelle manifestazioni d’orgoglio local, però quest’anno pare che polveri sottili stiano insinuando il primato. Secondo una rilevazione dello scorso mese di agosto, condotto nell’osservatorio atmosferico di Monte Curcio, sono emerse concentrazioni di particolato al di sopra dei limiti. Insomma se la cosa peggiora poi tocca cambiare slogan.

C’erano un pastore, un guardiano, un operaio e un… mostro

La narrativa legata alla Sila, diffusa e raccontata per ammantarla ancor di più di fascino, lega molto con la filosofia dei viaggiatori e delle leggende. Si diceva del famoso mostro dell’Ampollino, un’altra Nessie, una bestia preistorica, che sarebbe spuntata a un certo punto in un lago artificiale molto lontano per nascita dall’epoca dei dinosauri.

La storia della segnalazione rimbalzò nel 2010 sui giornali come una barzelletta: c’erano un pastore, un guardiano e un operaio. Un albergatore riferì alla stampa che un amico che conosceva un amico, gli aveva raccontato che un guardiano, all’alba di un mattino d’inverno, mentre si stava preparando il caffè nella sua casa sul lago, sentendo un rumore provenire da fuori s’era affacciato alla finestra. «In quel momento ha visto una grande scia che si allungava verso il centro del lago – disse - e una schiena lucida con un riflesso azzurrognolo, sul verde». C’è da chiedersi cosa ci fosse in quel caffè.

Nella seconda metà dell’Ottocento, restando nei dintorni del fantasy, il giornalista e scrittore Iginio Ugo Tarchetti, dedicò alla Sila un suo racconto tinto di nero narrando delle tre lamprede, terrificanti abitanti del lago, e dei fatali circoli di ranuncoli che imprigionavano il viandante poco accorto in un loop spazio-temporale. Storie che oggi Netflix racconterebbe in tre stagioni.

Buona volontà e recessione

Il concetto di circolo vizioso (non di ranuncoli) possiamo mutuarlo alla situazione attuale del territorio silano. Si entra con curiosità ma se ne esce a volte confusi. Andando sui numeri: secondo uno studio del Gal del 2020, l’area del distretto contava, nell’annus horribilis del Covid, 153 esercizi ricettivi. Di questi, 45 erano strutture alberghiere e 108 extralberghiere. I 45 esercizi ricettivi alberghieri si localizzavano soprattutto a Camigliatello Silano, Lorica, Villaggio Palumbo e Villaggio Mancuso, con alberghi da 1 a 4 stelle, residenze turistico-alberghiere e pensioni. La morìa dovuta alla crisi economica, conseguenza (ma non sempre) della pandemia, ha mietuto diverse vittime di recente, dando un altro colpo ad una situazione già borderline. Sono pochissimi gli hotel ristrutturati di fino, molti hanno stanze datate, bagni da rifare e offrono un impatto estetico poco accattivante.

Le attività di intrattenimento, specie d’estate, sono diverse: dal giro sul trenino della Sila al trekking, dalle visite al Parco nazionale fino all’e-bike e alle escursioni ai Giganti. Le Fattorie funzionano, da poco è possibile osservare il cielo notturno dall’interno di bubble room a Lorica o pescare sul lago, quello che manca è un’azione di sistema al livello di mercato. Insomma, al solito, manca una strategia. 

Il Grande Bosco e il Grande Inverno

Il Parco nazionale della Sila, il “Gran Bosco d’Italia”, rientra spesso in classifiche di qualità internazionali. All’interno della sua area protetta sono presenti 25 siti di interesse comunitario, 1 sito di interesse nazionale e 3 zone di protezione speciale. A guardarlo dall’alto, è disegnato come un cuore verde che esplode al centro della Calabria, un organismo a sé attraversato da foreste, valli, fiumi, cascate, rupi, canyon.

I MONTI PIU ALTI

Il lupo cattivo solo nelle favole
l’Area 51 silana (e segreta)

Il benvenuto al Parco della Sila è affidato al cartello iconico: “Il lupo è cattivo solo nelle favole”. E, c’è da aggiungere che l’animale ha imparato anche a resistere ai veri cattivi: gli umani. Una legge, dal 1976, lo protegge e l’alveo del Parco gli ha permesso di scampare al rischio di estinzione che minacciava la specie appenninica.

Anche se più raro, il gatto selvatico (quante volte l’abbiamo visto nel famoso cartellone a collage, must di ogni posto rustico silano) si aggira tra i pini larici insieme al tasso e alla volpe. Tra la fauna presente anche l’abile martora, la faina la donnola e la puzzola. Risale al 2013 l’avvistamento di una schiva lontra che, si dice, si aggiri in un’area dichiarata “segreta” del Parco, una sorta di Area 51 faunistica, iper-protetta.
Non è difficile incappare in ghiri o osservare i tipici scoiattoli neri e bianchi che si trovano soltanto in questa zona. Grazie all’impegno del Corpo Forestale anche i cervi hanno potuto riprodursi così come i caprioli. Guardando al cielo troviamo l’astore, lo sparviero, la poiana, il raro nibbio reale, biancone e lo splendido gufo reale che si fa desiderare a differenza di altri rapaci notturni come il gufo comune Asio otus, il barbagianni, l’allocco e la civetta. Avvistata da poco anche una rara cicogna nera, uno dei volatili più rari dell’avifauna europea, catturata dall’obiettivo dell’ornitologo Gianluca Congi.

In quantità attraversano il cielo le cornacchie, battono i tronchi il picchio verde e quello rosso. Presenti anche i gabbiani reali, germani reali, svassi maggiori, aironi bianchi maggiori e aironi cenerini. Dal cielo alla terra, temutissima dai viandanti, striscia tra le felci la vipera a dorso grigio e ventre chiaro. Tra i rettili troviamo anche il ramarro verde, il cervone e il biacco. Lo chiamano lo ‘mpasturavacche il cervione, per quel detto popolare che lo descrive come goloso del latte delle mucche alle cui zampe si attorciglierebbe per arrivare direttamente dalle mammelle. Manca ancora un elemento: l’acqua. La trota fario è il pesce più diffuso nei laghi in cui sopravvivono anche le anguille (foto in basso ParcoSila). 

Le discese ardite e le risalite…

La Sila, insomma, oscilla tra grande bellezza e buchi neri. I due impianti di risalita, che dovrebbero fare da detonatori al turismo invernale, hanno avuto alterne fortune. Quello di Lorica impantanato per molto tempi in un guado giudiziario, dallo scorso anno è ritornato in funzione. Camigliatello attende ancora il definitivo disco verde per la revisione ventennale obbligatoria che dovrebbe avvenire nell’anno in corso.

Gli impianti di Monte Curcio (Camigliatello) sono dotati di due piste: la rossa (1800 mt per sciatori esperti) e quella blu (2200 mt di lunghezza) per i principianti. Dal primo gennaio del 2022 per ogni sciatore è obbligatorio possedere un’assicurazione che copra la propria responsabilità civile per danni o infortuni causati a terzi, così ha stabilito il Decreto legislativo 28 febbraio 2021 n. 40 in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali. In fondo, dove le due piste si intersecano, esiste un campo scuola con un tappeto a nastro lungo 52 metri a disposizione delle scuole sci e dei principianti. Si può anche noleggiare l’attrezzatura sportiva e affidarsi alle cure di un maestro di sci. La pista di fondo attraversa la Strada delle Vette che collega Monte Scuro con Monte Curcio e Monte Botte Donato. Per quanto riguarda il costo della cabinovia, nei feriali il costo dell’andata e ritorno è di 8 euro (10 per festivi) con possibilità di uno sconto comitiva.

A Lorica per lo sci e lo snowboard sono disponibili 20 km di piste. Quattro impianti spiccano a un’altitudine compresa tra i 1405 e i 1877 metri e uno skipass giornaliero costa 33 euro. Al Centro Fondo Carlomagno, si trovano alcune piste dedicate allo sci nordico che raggiungono i 15 chilometri.

Quattro piste rosse di cui 2 a Valleinferno partono da 1665 m e arrivano a 1877 m a Cadicola di Coppo. Dalla stagione sciistica 2019 è stato introdotto lo skipass integrato per le 2 località di Lorica e Camigliatello.
A Camigliatello si è alle prese con rodaggi e controlli che ogni vent’anni tocca fare ma, giurano, tra poco si tornerà a pieno regime. Attivati gli impianti l’offerta andrebbe irrobustita e rinfrescata anche da un punto di vista di intrattenimento perché il turista va accolto, coccolato ma vuole anche sapere cosa fare quando le piste chiudono. 

C’era una volta l’elefante

Nell’autunno del 2017 la Sila divenne il cuore di una scoperta archeologica incredibile. I resti di un elephas antiquus, vennero adocchiati da due curiosi che passeggiavano sulle rive del lago. I ricercatori dell’Università del Molise, in collaborazione con l’Università di Bari, furono incaricati dalla Soprintendenza di conservare e studiare i reperti prima di riportarli in Calabria.

Si favoleggiava di turisti che sarebbero venuti da tutto il mondo per vedere i resti di quell’elephas e invece nulla. Dopo la promessa della Soprintendenza di velocizzare la procedura di restituzione tutto è finito nel dimenticatoio. Al solito.
Prima il ritrovamento quattro anni fa sulle rive del lago, poi la promessa di fondi per finanziare altri scavi e riportare in Calabria i reperti, infine il silenzio. Storia di un’occasione mancata

In tutti i laghi

La storia dei laghi della Sila inizia molto prima che negli anni Sessanta l’industria idroelettrica decidesse di investire nell’altopiano. Resti ritrovati nei dintorni del Cecita, danno conferma che in tempi antichi l’acqua riempiva quelle zone prima che la siccità asciugasse la valle. I livelli dei laghi, ogni anno, a causa delle piogge sempre più scarse, si abbassano pericolosamente e le loro acque, a leggere il rapporto di Goletta dei Laghi 2022 di pochi mesi fa, non sono più neanche tanto pulite. Come per l’aria tra un po’ toccherà cambiare ritornello anche per le acque.

Il Vintage non muore mai

Quella che non cambierà mai è l’onda vintage di modernariato polveroso che occhieggia negli esercizi commerciali della meta, così dicono, più a richiamo turistico della Sila. Parliamo di Camigliatello. Laddove Lorica punta su una componente “wild”, la località all’ombra del monte Curcio offre in quantità oggettistica shabby chic tra le pentole di rame e gli stendipasta, e va a traino del passaparola sul “negozio del Nataleaperto tutto l’anno, accoccolato in fondo al corso nei dintorni della ricercatissima e unica farmacia, della macelleria trendy, del negozio delle mountain bike a noleggio. 

Un treno bello ma salato

Il trenino della Sila col muso waltdisneyano di Casimiro, da qualche anno è tornato attivo per alcuni periodi dell’anno. Il suo breve viaggio, che con la neve è uno splendore, è il quid plus che mancava e ha affascinato anche il regista Mainetti che lo ha fatto comparire in una sequenza del suo fortunato “Freaks out”. Il convoglio segue le tracce di una ferrovia dismessa tra Cosenza e San Giovanni in Fiore. Passa per il viadotto Camigliati per infilarsi poi nel bosco fino alla stazione di Croce di Magara. Si tagliano le stazioni di Sculca e Righio con la vallata del Crati e il lago artificiale di Cecita che salutano dai finestrini.

Le corse sono poche e i biglietti vanno via come il pane ma costano decisamente più di una pagnotta specie ora che il prezzo per salire a bordo è diventato ancora più salato. La novità giustificata con più servizi (degustazioni e musica a bordo) non è piaciuta granché agli utenti che sui social hanno mugugnato. Trattasi di vera e propria stangata: in poco più di un anno si è passati da 18 euro a persona a 25 euro. Dal primo febbraio 2023 il prezzo è lievitato dai 30 ai 40 euro a persona. Facendo un esempio pratico, una famiglia di 3 persone arriverà a pagare fino a circa 100 euro per 12 chilometri di tracciato nel cuore del Parco Nazionale della Sila. I dodici chilometri più costosi della storia. Neanche L’Orient Express avrebbe saputo fare di meglio (o di peggio).

Musica ad alta quota

Tra luglio e agosto, e con qualche puntatina d’eccezione in pieno inverno, la Sila di tanto in tanto regala concerti ad alta quota. Ogni show fa il pienone. Gli artisti si esibiscono su uno sfondo magnifico che sia il lago, come nel concerto agostano dei Kings Of Convenience, o le montagne come per Mannarino, Manu Chao, Vinicio Capossela, Tonino Carotone. Ma sono eventi sporadici. Accadono una sera, un giorno, un pomeriggio e lasciano solo una bella eco. La programmazione continua, organica, strategica, in Sila non esiste. E anche l’occhio non sempre ha la sua parte.

A Camigliatello (per fare un esempio), il corso è costellato da strutture in legno a corredo dei posti di ristoro, tutte diverse, poco armoniche, alcune molto ingombranti che danno un senso di disordine e temporaneità. Un vero orrore. Perché è così: il bello e il brutto in Sila convivono a poca distanza. La chiesetta di San Lorenzo offre la pace dei sensi, specie al tramonto, quando il cielo si tinge di tutte le tonalità della bellezza vestita di rosso, poco più in là cumuli di spazzatura riposano ai bordi delle strade. 

Tutto fermo nel tempo

Tra la giostrina acchiappabimbi e i ricordi d’albergo, per negozi si va ancora a caccia della trottola che s’accende e musica posta sempre accanto allo strummolo a corda. Lembi di plastica leggera sigillano con strisce di cartone la vasca dei pesciolini meccanici, la scatolina con lo scorpione a molla fa paura per due euro a confezione, i feticci d’infanzia degli anni ’80 sono una naturale gallery di memorabilia da sfogliare con le mani per stupirsi di quanto tempo è passato.

Ti lasci tentare e ricompri lo stesso tiro a segno che avevi a dieci anni: per magia, come il Graal di Indiana Jones, appena l’oggetto varca il confine del negozio perde il suo potere e il suo fascino. Se vuoi comprare il tamburello lo trovi, se serve un salvagente eccolo, se giochi a ping pong basta chiedere. I calzoni da sci in vetrina hanno ancora la fantasia dei pacchetti Merit, il negozio di pellami ha fissi gli sconti al 40%, secchiello e paletta si vendono in coppia, magneti per il frigo quanti ne vuoi: a cipolla, a fungo, a cestino di patate. 

Dall’ago al trattore

Dall’ago al trattore, così si dice ancora quando il villeggiante rompe il filo di un’accensione, buca un calzino, perde la catena della bici, partecipa a una caccia al tesoro, riferito alla bottega che ha la fama di scrigno dell’indispensabile e del superfluo, un po’ ferramenta un po’ stregoneria, di quel tipo che odora di Vinavil e lavoretti di fino. Alessio il musichiere ha perso il nome sull’insegna ma non i vinili e neppure le cassette.

Negli anni Ottanta con diecimila lire riuscivi a portarti a casa Adamo, Demis Roussos, TuttoVenditti e Gianna Nannini con la custodia trasparente sopra, una fotocopia in copertina e la chiusura nera. La lista delle canzoni non c’era o era stampata così piccola, su una striscia shocking, che conveniva indovinare dal ritornello il titolo. Ma il rumore di fondo del duplicato non dava molto fastidio, bastava affondare i bassi e tenere un volume moderato. Per il viaggio bastava e avanzava.

E la processionaria procede

Chiunque passi per la Sila, non potrà fare a meno di notare dei grossi bozzoli biancastri che pendono dai rami dei sempreverdi. Non si tratta di innocui nidi, ma della tana della processionaria. Tutta la zona ne è infestata come non mai. Le larve crescono e nel mese di marzo (e fino ad aprile) daranno vita a centinaia (per nido) di insetti simili ai bruchi ma molto pericolosi.

La processionaria (chiamata così perché le larve a caccia di foglie da mangiare si mettono in fila come in una processione) aggredisce pini e querce. Una volta stanziata sui rami diventa invasiva e fermarne la riproduzione a catena continua diventa impossibile se non si agisce dall’esterno (per aree molto estese le trappole non servono ma è necessaria l’irrorazione via area di una sostanza specifica).
A provocare anche violenti attacchi allergici, sono i peli di cui sono cosparse le larve che agiscono non solo per contatto diretto ma anche indiretto, quando vengono trasportate dal vento, un po’ come avviene per l’amianto. Una volta sfiorata la pelle si possono verificare forti dermatiti, eritemi che favoriscono l’insorgenza di papule e, in casi gravi, vesciche. A contatto con gli occhi scatenano congiuntiviti e, nel caso disgraziato in cui i peli riuscissero a penetrare in profondità, possono addirittura cagionare cecità se non si interviene tempestivamente. E non è neanche questa la cosa peggiore.

Sempre i peli rilasciano istamina (non è raro che si attacchino alle suole delle scarpe col rischio poi di portare in casa dei resti), che è la sostanza che scatena le reazioni allergiche. Purtroppo il fenomeno non fa che dilagare nonostante le rassicurazioni che parlano di eventi «ciclici». In Regione ciclicamente se ne parla, è stata messa su anche una task force, ma ormai le nidificazioni sono talmente tante che a meno di intervenire con gli elicotteri prima o poi in Sila si dovrà entrare con lo scafandro.

Sansuela-Sansuela

Insomma intanto che ci si lamenta per un tesoro trascurato all’inverosimile, mentre la processionaria mangia gli ultimi alberi rimasti sani, un altro trenino (non quello suggestivo di cui sopra) attraversa il corso di Camigliatello sommerso da Sansuela-Sansuela e dagli Eiffel65, perché la macchina del tempo in Sila a volte è solo un disco rotto.