Corigliano Rossano aspetta. E da mesi, ormai, non arriva una sola risposta. La vertenza Enel, aperta da tempo, è in uno stato di immobilismo totale. Tutto è fermo da quando l’azienda ha deciso di ritirare il progetto sull’idrogeno. Nessuna alternativa, nessuna proposta, nessun piano. Intanto il sito dell’ex centrale continua a restare lì: senza bonifiche, senza demolizioni, senza un futuro chiaro. I bandi sono andati deserti, le ipotesi sul carbone sono scomparse da tempo, e il dibattito – se mai si può chiamare così – non si è più riaperto. Un’interruzione netta, calata nel silenzio. E quel silenzio oggi pesa tutto sulle spalle della città, dei lavoratori, e di un territorio che aveva visto in quel progetto una possibilità concreta di ripresa. Il problema è politico, prima ancora che industriale. Perché nessuno ha ripreso il discorso. Nessuno ha provato a riaprire una trattativa. Nessuno ha convocato un tavolo, neanche interlocutorio. Si aspetta che sia Enel a dire qualcosa, che arrivi qualche aggiornamento. E invece tutto si è fermato. La richiesta è semplice: riprendere il confronto. Perché si può anche prendere atto che l’idrogeno non rientra più nei piani industriali dell’azienda. Ma non si può accettare che dopo l’idrogeno ci sia solo il nulla.

Il silenzio pesa più dell’abbandono

Un progetto alternativo non è mai stato presentato. I finanziamenti disponibili sono stati risparmiati, non reinvestiti. Una parte – 15 milioni – proveniva dal PNRR. I 5 milioni che Enel avrebbe dovuto metterci di suo, pare non voglia più spenderli. Il risultato è che oggi il sito è abbandonato e la città resta in attesa. L’assenza della politica in questo quadro è ancora più pesante. La Regione Calabria non ha preso una posizione forte, il Comune resta in silenzio. E a livello nazionale, il Governo – che ha voce in capitolo, visto che l’amministratore delegato di Enel è una nomina politica – non ha mosso un dito.La richiesta non è campata in aria. Si chiede solo trasparenza, chiarezza, e una comunicazione seria sul futuro dell’area. Si chiede che l’azienda dica se ha o non ha intenzione di fare qualcosa. Anche perché nel frattempo il territorio non può restare in sospeso, senza strumenti, senza idee, senza interlocutori. L’Enel ha promesso un incontro entro metà giugno. Ma le promesse, finora, hanno prodotto solo attese. E il tempo, qui, non gioca a favore di nessuno. La rabbia cresce, così come il senso di abbandono. E non è solo una questione sindacale. È una questione di prospettiva. Una vertenza che parla di sviluppo, di occupazione, di rispetto verso un territorio che ha già dato tanto, anche in termini ambientali. Ora chiede soltanto risposte.