Cover Art

Le copertine dei dischi del secondo ‘900 in mostra nel complesso badiale di San Giovanni in Fiore

Sarà visitabile fino al 9 gennaio. Un tuffo nell’arte, nella musica e in un’epoca che ha lasciato una traccia fortissima, presente fino ai giorni nostri

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di Franco Laratta
20 dicembre 2022
13:04

Nella Sala Marra dell’Abbazia Florense di San Giovanni in Fiore una bella e interessante mostra, Cover Art, ovvero l’esposizione di 66 copertine di dischi italiani e internazionale del secondo Novecento. Ideata e curata da Emilio Arnone, un giovane fotografo, studioso di arti visive. 
In un catalogo di oltre 100 pagine, curato dallo stesso Arnone, sono illustrate le copertine esposte nella mostra, sono quelle di Andy Warhol, Keith Haring, Stom Thorgerson, Pablo Picasso, Miró, Magritte, Anna Leibovitz e Guido Harari, Michael Andreas Russ, Milo Manara, Cesare Monti Montalbetti, Salvador Dalí e altri ancora.

Veramente una splendida mostra da visitare fino al 9 gennaio. Un tuffo nell’arte, nella musica e in un’epoca che ha lasciato una traccia fortissima, presente fino ai giorni nostri. Un’idea originale di Emilio Arnone che aveva già curato la mostra dei manifesti del cinema del ‘900. Oltre 50 splendidi manifesti e locandine di film appartenenti alla collezione privata dell'archivio Tiziano Magi, appassionato di cinema e grande collezionista.


Nel catalogo dell’attuale mostra si parla delle curiosità che girano attorno alle copertine dei dischi. Infatti sulla cover del terzo album dei Deep Purple appare un particolare del Trittico del giardino delle delizie di Bosch, la copertina originale doveva essere a colori ma ci fu un errore di stampa per tanto venne fuori in bianco e nero. Icone pop e paesaggi che sono diventati itinerari e mete di pellegrinaggio per orde di fans. Basti pensare allo scatto più famoso che capeggia sull’album Abbey Road dei Beatles: nel quartiere di Camden a Londra, i Fab Four vengono ritratti mentre attraversano la strada, appena fuori dal loro studio di registrazione. L’immagine venne usata per illustrare l’omonimo album musicale, uscito nel 1969.
Altro scatto iconico, la cover dell’album The Freewheelin’ di Bob Dylan, anno 1963, scattata in un pomeriggio terribilmente freddo del febbraio dell’anno di uscita dell’album, tra le Jones e la West 4th Street, a Greenwich Village, New York, tanti sono andati alla ricerca di quella location, di quell’angolo, per ripetere lo scatto fotografico che vede Bob Dylan e la sua allora fidanzata Suze Rotolo, ritratti abbracciati.
Strange Days dei The Doors 1967 è un album che raccoglie, per la sua cover, una serie di personaggi che sembrano usciti da un cir- co e si radunano lungo la piccola e nascosta Sniffen Court, vicolo chiuso che parte dalla 36th Street, tra la Lexington e la Third Avenue, a New York.


Può essere un duro colpo, per i fan di Hotel California degli Eagles. L’hotel ritratto sulla cover non si chiamerebbe affatto “California”. Il vero Hotel California si chiama invece Beverly Hills Hotel e si trova al 9641 di Sunset Boulevard, Los Angeles.
Ma non ci sono solo storie straniere dietro le copertine degli album musicali più famosi al mondo. Basti pensare a Mina che ironizza su sé stessa e sul suo peso, allora notevole, nella copertina del doppio album Caterpillar del 1991; a Riccardo Cocciante, l’album La grande Avventura, 1987, la copertina è di Milo Manara. La copertina dell’album Note di viaggio, prima parte della raccolta delle canzoni di Francesco Guccini è una straordinaria opera realizzata dallo street artist Tvboy, comparsa a sorpresa a Bologna, nei pressi di via Paolo Fabbri. Era il 1990, quando usciva l’album di Paolo Conte Parole d’amore scritte a Macchina, in copertina troviamo un ritratto dello stesso Conte realizzato dal grande fumettista romagnolo Hugo Pratt.

Scrive il giovanissimo Saverio Arnone: “Al giorno d’oggi la comunicazione in rete è in grado di diffondere in tempi brevissimi le idee e i pensieri di un’artista, dando però la possibilità di controllare l’umore e la reazione del pubblico, ed eventualmente correggere in corso d’opera i contenuti. Totalmente differente era invece la situazione in passato: l’artista veniva irrimediabilmente associato alle copertine dei propri album, le quali esprimevano idee e concetti, legati all’artista in maniera vincolante, attraverso un linguaggio univoco e assoluto. Grazie allo scandalo e alla fama acquisita, quella della copertina si trasformerà presto in una macchina perfetta, che sposando comunicazione, immagine e prodotto, la porrà da quel momento in poi al centro di ogni progetto discografico”.
La mostra è stata inaugurata il 17 dicembre nel complesso badiale gioachimita. Rompendo per qualche minuto la sacralità del museo con un giradischi che suonava i Rolling Stones. Del resto la musica è stata per decenni provocazione!

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