Il capoluogo negato e l’assedio della città furono l’avvio di una scia di eventi ancora oggi carichi di misteri come il deragliamento del treno del Sole a Gioia Tauro e la morte dei cinque anarchici in viaggio verso Roma
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«Nacque come una rivolta di popolo ma poi divenne altro». In questo pensiero di un cittadino di Reggio Calabria, interpellato sui moti del 1970, si condensa tutta la complessità di una delle pagine più critiche della nostra storia.
Il 14 luglio del 1970 fu il giorno successivo alla convocazione della riunione del Consiglio Regionale a Catanzaro. Scelta che segnava l’assegnazione a Catanzaro, piuttosto che a Reggio, del capoluogo di regione e che già aveva innescato reazioni a Reggio. Il capoluogo, al quale Reggio aspirava per riscattarsi, era stato negato.
La città dello Stretto, 55 anni fa, fu così teatro di scontri e barricate, di rabbia repressa con violenza. Città assediata e vittime.
Barricate sulla via Marina e sul corso Garibaldi. Blocchi disseminati dalla zona di Sbarre, che nel corso dei fatti di Reggio divenne la Repubblica di Sbarre, fino al quartiere di Santa Caterina, poi battezzato Granducato di Santa Caterina. Un’agitazione che si sarebbe protratta con una scia di eventi ancora oggi oscurati da dubbi e misteri.
Il deragliamento del Treno del Sole a Gioia Tauro, la morte dei cinque anarchici della Baracca (Angelo Casile, 20 anni, Franco Scordo, 18 anni, Gianni Aricò, 22 anni, la moglie tedesca neppure diciottenne Anneliese Borth, e il cosentino Luigi Lo Celso, 26 anni) e il fallito golpe Borghese sono fatti che risalgono ai mesi successivi di quel rovente 1970. Fatti pregni di ombre e misteri. Continua a leggere su IlReggino.it