Arresti Reggio, richieste di pizzo anche in chiesa e imprenditore costretto a pagare 80mila euro

NOMI-VIDEO | I dettagli dell'inchiesta Nuovo corso che ha portato in carcere cinque persone. Fondamentali le dichiarazioni delle vittime e del collaboratore di giustizia Maurizio De Carlo

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di Redazione
25 febbraio 2021
11:00

C'è anche il boss del quartiere Archi di Reggio Calabria Paolo Rosario De Stefano tra gli arrestati nell'ambito dell'inchiesta Nuovo Corso. Il figlio del defunto Giovanni De Stefano, infatti, è uno dei destinatari dell'ordinanza di custodia in carcere emessa dal gip Tommasina Cotroneo su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti della Dda reggina Stefano Musolino e Walter Ignazitto.

Gli arrestati

  1. Paolo Rosario De Stefano, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 21.12.1976, attualmente detenuto (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione e tentata estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

  2. Paolo Caponera, nato a Reggio Calabria il 15.12.1979, attualmente detenuto (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

  3. Andrea Giungo, nato a Reggio Calabria il 16.05.1972 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, estorsione e tentata estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

  4. Domenico Morabito, nato a Reggio Calabria il 15.06.1977 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa ed estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa);

  5. Domenico Musolino, nato a Reggio Calabria il 14.07.1976 (destinatario della misura della custodia cautelare in carcere per estorsione in concorso, con l’aggravante del metodo e dell’agevolazione mafiosa).

Le estorsioni

Stando all'inchiesta, tra il 2015 e il 2018, l'imprenditore reggino Francesco Siclari avrebbe pagato "a titolo di pizzo", e in più tranche, la somma di 80mila euro, corrispondente al 2% del valore dei lavori di ristrutturazione del centralissimo corso Garibaldi.  Le somme di denaro venivano corrisposte dalle vittime agli estorsori quando, sulla base dei S.A.L. (stato avanzamento lavori), il committente dell’opera, ovvero il Comune di Reggio Calabria, pagava le quote relative al corrispettivo spettante alle ditte aggiudicatarie.


L'estorsione ha visto come vittima anche l'imprenditore di Cirò Marina (Crotone) Antonio Porta che, con Siclari, era componente dell'Ati che si era aggiudicata l'appalto. Siclari, inoltre, avrebbe subito una seconda estorsione per i lavori di riqualificazione di Piazza Duomo.

Tutte e due le richieste di pizzo sarebbero state avanzate da Andrea Giungo che, assieme a Domenico Morabito, è accusato anche di associazione a delinquere di stampo mafioso. Secondo i pm, infatti, sarebbe stato Andrea Giungo il soggetto del clan di Archi che ha accompagnato Siclari al cospetto del boss Paolo Rosario De Stefano. Gli indagati, in sostanza, rivendicavano quello che i pm descrivono come "il diritto di autorizzare l'esecuzione dei lavori edili nella zona controllata dal loro sodalizio mafioso". In caso di mancato accoglimento della richiesta estorsiva, inoltre, gli arrestati avrebbero prospettato "azioni ritorsive".

In sostanza, per i De Stefano, l'imprenditore aveva la "necessità di 'protezione' anche in ragione dei danneggiamenti e dei furti perpetrati nei cantieri".

"Ti sei aggiudicato i lavori del Corso Garibaldi eventualmente vedi che noi se viene qualcuno a trovarti di altre famiglie eventualmente gli dici che hai parlato con noi": stando alle dichiarazioni della vittima, sarebbe stata questa la frase che Andrea Giungo avrebbe detto a Siclari.

Richieste di pizzo anche in chiesa

Una richiesta di pizzo, inoltre, sarebbe stata avanzata addirittura all'interno della cattedrale: "Lo incrocio vicino al Duomo - racconta Siclari ai pm - e mi dice di entrare dentro la chiesa, la cattedrale. Con questo con sta motocicletta mi affiancano sulla via San Francesco Da Paola e mi dicono di fermarmi e mi fa segno che devo entrare dentro la cosa ... entriamo dentro la cattedrale, ci sediamo in un banco, io terrorizzato perché ho ... cominciavo a capire la pericolosità del soggetto".

Le dichiarazioni di De Carlo

L’inchiesta si è anche avvalsa delle dichiarazioni del collaboratore Maurizio De Carlo che ha descritto il contesto mafioso facente capo alla cosca De Stefano - dal quale sono scaturite le vicende estorsive ai danni degli imprenditori impegnati nei lavori di rifacimento di Corso Garibaldi e Piazza Duomo - e i ruoli degli indagati indicati (ad eccezione di Domenico Musolino) come soggetti fedelissimi e di massima fiducia di Paolo Rosario De Stefano elemento di vertice dell’omonima cosca 'ndrangheta. 

Nell'ordinanza il gip parla di "morsa asfissiante nella quale rimangono vittime gli operatori imprenditoriali del territorio governato da cosche di ndrangheta potenti, storiche e terribili come la cosca De Stefano".

Oltre agli arrestati, nell'inchiesta sono indagati anche Paolo Morabito e Vincenzino Zappia, ritenuto il braccio destro del boss Giuseppe De Stefano.

L'imprenditore sequestrato e portato dal boss

L'imprenditore Francesco Siclari nell'autunno 2016, mentre percorreva con il suo motorino una via del centro urbano, venne "prelevato" e portato al cospetto di Paolo Rosario De Stefano, l'ex latitante della nota famiglia di Archi. Lo ha raccontato lui stesso agli investigatori della Squadra Mobile reggina. Siclari fu prima affiancato da una motocicletta di grossa cilindrata, a bordo della quale c’era uno degli arrestati, Andrea Giungo, con un complice, il quale con fare minaccioso lo invitò a seguirlo in una traversa della zona universitaria dove lo fece salire a bordo di un'utilitaria guidata da un altro complice, per condurlo infine in un appartamento all'interno del quale Andrea Giungo gli presentò Paolo Rosario De Stefano come il capo della famiglia De Stefano.

De Stefano, sempre secondo il racconto di Siclari, rievocò i danneggiamenti ed i furti che l'imprenditore aveva subito e gli garantì protezione se avesse mostrato "amicizia" nei confronti del sodalizio. L'imprenditore, dopo questo incontro, si irrigidì e iniziò a non pagare più le rate delle estorsioni. Successivamente venne avvicinato da Domenico Musolino, già imprenditore edile, cognato di Antonio Lavilla, quest'ultimo genero di Giovanni Tegano, lo storico patriarca dell'omonima famiglia di ‘ndrangheta, federata ai De Stefano. È a Domenico Musolino che tra il 2017 e il 2018 l'imprenditore e il suo socio pagarono le ultime tre tranche della mazzetta relativa ai lavori di ristrutturazione del Corso Garibaldi.

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