L’intervista

Bullizzata per i suoi studi di Catanzaro, il dolore sempre vivo della sorella di Sara Pedri: «Non cercheranno più il suo corpo»

Della giovane si persero le tracce il 4 maggio del 2021 in val di Non, nel Trentino, vicino al lago di Santa Giustina. La ragazza dopo essersi laureata a Ferrara, si era trasferita in Calabria per completare il suo percorso di specializzazione

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di Redazione Cronaca
5 marzo 2024
09:09
Sara Pedri
Sara Pedri

Sono passati tre anni dalla scomparsa di Sara Pedri, la ginecologa 31enne originaria di Forlì, di cui si persero le tracce il 4 maggio del 2021 in val di Non, nel Trentino, vicino al lago di Santa Giustina. La ragazza dopo essersi laureata a Ferrara, si era trasferita a Catanzaro per completare il suo percorso di specializzazione all’università Magna Graecia conseguendo la laurea specialistica il 9 novembre 2020. Proprio per il suo percorso di studi in Calabria, all’ospedale Santa Chiara di Trento, dove ha preso successivamente servizio, si sarebbero verificati episodi di bullismo e mobbing nei confronti della giovane. A seguito della scomparsa di Sara è partita anche un’indagine interna dell’azienda sanitaria che ha portato Saverio Tateo e Liliana Mereu, ai tempi primario e vice primario del Santa Chiara, ora a processo.

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Sul Corriere della Sera è stata pubblicata un’intervista, a firma di Enea Conti, alla sorella Emanuela: «Non aver mai potuto rivedere il suo corpo — racconta — non ci ha permesso ancora di chiudere il cerchio. E nella sua stanza, qui a Forlì, c’è ancora il suo odore». Di seguito riportiamo l’intervista per intero.


È stato un tempo breve o un tempo lungo?
«Lunghissimo, a volte sembrava infinito. All’inizio mettevamo in dubbio persino l’esistenza del futuro. Sapevamo che il tempo guarisce le ferite, ma nel nostro caso è stato complicato: noi non abbiamo mai visto il corpo di Sara e per questo stiamo ancora elaborando il lutto».

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Si rimane in un limbo?
«Sì. A volte il tempo rallenta, sintomo dell’impazienza di avere risposte. Poi all’improvviso diventa veloce. Accade quando riusciamo a riempirlo di un senso. Lo stiamo facendo con una serie di progetti, perché il sacrificio di Sara non può essere stato vano. Poi entriamo nella sua stanza».

Ed è identica a prima?
«Sì. C’è ancora il suo odore. Sara è rimasta nel cuore di molti, tanto che abbiamo riposto qui tutte le lettere che le sono arrivate. Cito un messaggio di una amica che aveva conosciuto quando studiava a Catanzaro. “Sara è nei miei pensieri tutti i giorni. In ogni donna dai capelli rossi, in ogni romagnolo che incontro. In ogni nuova amicizia. È in ogni mia scelta professionale e non, in ogni successo e insuccesso. Immagino spesso di raccontarle le mie cose e di chiederle consiglio. La porto con me, sempre”. A Catanzaro Sara visse un periodo felice. Catanzaro e Trento: la luce prima, il buio poi. Due destini diversi che la vita le aveva mostrato».

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Ha parlato di progetti. Quali?
«Abbiamo costituito un’associazione nazionale antimobbing, l’Aps “Nostos”, parola greca che significa “viaggio”. Come quello di Ulisse nell’Odissea, un viaggio verso casa, verso il nostro io interiore, da ricercare quando il lavoro è logorante e ci sentiamo denigrati. Io sarò la presidente, la mia vice sarà Gabriella Marano, la psicologa che ha fatto la perizia di Sara. Sarà vice anche Nicodemo Gentile, il nostro legale».

Torniamo a Sara. Il suo corpo non verrà più cercato?
«Non ci saranno più ricerche anche se il Capitano dei carabinieri di Cles Guido Quatrale ci ha promesso che nella zona del lago gli occhi saranno sempre aperti. Ecco, il calore delle persone ci ha permesso di trasformare l’assenza in presenza».

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