Commemorazione per Soumaila Sacko, sindacalista ucciso per una lamiera

L'attivista maliano dell'Usb è stato ammazzato nell'ex fornace La Tranquilla di San Calogero mentre cercava con un amico scarti per riparare la sua baracca. Per gli inquirenti a fare fuoco fu Antonio Pontoriero

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di Stefano Mandarano
2 giugno 2020
17:23

Erano lì «al fine di prelevare alcuni pannelli/lamiere di copertura inutilizzati e abbandonati che a noi sarebbero serviti per sistemare la nostra dimora nella tendopoli. Nel mentre eravamo intenti ad eseguire dette operazioni, e precisamente mentre io e Sacko eravamo sul tetto della struttura a smontare alcuni pannelli, udivo un colpo di fucile che ci allarmava e ci faceva subito scendere dal tetto. Avendo percepito da quale direzione proveniva il colpo, ho notato un uomo a distanza, in posizione sopraelevata, che ci osservava da seduto puntandoci il fucile contro. Io avvertivo subito il mio amico Sacko in modo che ci potessimo riparare dall’esplosione di ulteriori colpi. Mentre io comunicavo con Sacko, un altro colpo di fucile colpiva Sacko alla testa e lo faceva cadere per terra procurandogli una perdita di sangue. Io riuscivo precipitosamente a ripararmi dietro a un muro al fine di evitare di essere attinto».

Drame Madhieri è un bracciante e un attivista del coordinamento dei lavoratoti agricoli dell’Usb a San Ferdinando. Ma è soprattutto un amico e compagno di lotte di Soumaila Sacko, ed è con lui quella drammatica sera del 2 giugno del 2018 quando il 30enne maliano, anch’egli sindacalista Usb, viene raggiunto e ucciso dai colpi di fucile esplosi da Antonio Pontorierocolui che si riteneva il padrone dell’ex fornace La tranquilla di San Calogero, la “fabbrica della morte” nel cui ventre – come riscontrato nell’inchiesta Poison – furono interrate 130mila tonnellate di rifiuti provenienti dalle centrali Enel di Puglia e Sicilia.


 

Drame, testimone oculare di quell’evento – dal quale uscì ferito insieme ad un terzo compagno, Madoufoune Fofana -, racconta con dovizia di particolari l’accaduto ai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, in un verbale in cui individua con precisione le circostanze in cui maturò quell’atroce delitto. “Reazione a furto” si disse nell’immediato, salvo poi chiarire che quel presunto furto di lamiere destinate a realizzare un riparo di fortuna, non poteva essere rivendicato da alcun proprietario, essendo l’area dell’ex fornace da tempo abbandonata e sottoposta a sequestro giudiziario. Tantomeno dal 43enne di San Calogero nipote dell’ex custode de La tranquilla che per l’omicidio tornerà in aula, davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, il prossimo 24 giugno.

 

I timori per una nuova rivolta

Una morte, quella di Sacko, che suscitò unanime indignazione e accese proteste nell’area di San Ferdinando, tanto che la Prefettura di Reggio Calabria guidata da Michele Di Bari indisse nell’immediato un comitato per l’ordine e la sicurezza per sedare eventuali rivolte.

“La mattina del 4 giugno – racconta Aboubakar Soumahoro, leader sindacale dell’Usb, nel suo libro L’umanità in rivolta – ci muovemmo dalla tendopoli verso il centro di San Ferdinando per chiedere a gran voce verità e giustizia sull’uccisione di Soumaila. Molti si aspettavano reazioni di rabbia incontrollata, ma già il giorno precedente, durante la prima manifestazione spontanea, i braccianti avevano dato una prova di grande maturità, senza dare alcun pretesto a chi avrebbe voluto ridurre la protesta a una questione di ordine pubblico”.

 

Ritorno a Sambacanou

Nei giorni a venire, la parte più difficile per i compagni di Sacko e lo stesso Soumahoro: incontrare i familiari dell’attivista e condividere con loro la tragedia. Da lì prese le mosse la grande gara di solidarietà che consentì di raccogliere 40mila euro, i fondi necessari al trasferimento della salma di Sacko fino a Sambacanou, il villaggio del Mali del quale era originario il sindacalista ucciso. Un viaggio di quasi 11mila chilometri in più tappe che consentì alla moglie e alla figlia di 5 anni di Sacko di poterlo riabbracciare e dargli una degna sepoltura. “Riponiamo tutta la nostra fiducia nel vostro lavoro e nella vostra lotta affinché insieme si possa portare avanti la ricerca di verità e giustizia per Soumaila Sacko. Non fermatevi, non fermiamoci, perché va tutelata la memoria di nostro figlio, perché le sue battaglie non muoiano con lui”. Queste le parole affidate dalla madre di Sacko a Soumahoro e ai compagni che lo hanno accompagnato nel suo ultimo viaggio.

 

La commemorazione

Oggi, alle 17, la commemorazione del bracciante promossa dall’Usb nei pressi del luogo in cui venne ucciso. «Soumaila  – ricorda l’Unione sindacale di base – aveva un regolare permesso di soggiorno. Ma se non avesse incontrato sulla sua strada la furia omicida che considerava “roba sua” quel terreno usato dalle mafie come discarica di veleni, oggi sarebbe condannato all’invisibilità come centinaia di migliaia di braccianti, in forza dei decreti sicurezza ancora in vigore. E sarebbe in prima linea nella lotta contro lo sfruttamento dei braccianti e per la regolarizzazione degli invisibili. Perché Soumaila era un delegato sindacale di Usb e per non lasciar cadere nel nulla la sua eredità politica e civile, l’Usb ha dato vita nella piana di Gioia Tauro allo Sportello Soumaila Sacko, attivo nella difesa dei diritti dei lavoratori. Perché nessuno dimentichi Soumaila Sacko, le sue lotte per i diritti e la dignità e le tante altre vittime dello sfruttamento e del razzismo».

Giornalista
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