Covid, la Regione prima cerca laboratori privati per i tamponi e poi ferma tutto

Ad ottobre viene pubblicata una manifestazione d'interesse per supportare gli ospedali per processare i test. Individua una decina di strutture, in otto rispondono ma dopo gli investimenti la Cittadella non autorizza

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di Luana  Costa
7 dicembre 2020
14:52

Si tinge di giallo la manifestazione d'interesse indetta dalla Regione Calabria volta all'accreditamento di laboratori privati da autorizzare al processamento dei tamponi molecolari. Lo aveva anticipato in una delle sue ultime conferenze stampa, il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, ma in verità la procedura che avrebbe consentito di decongestionare i laboratori di Microbiologia delle tre aziende ospedaliere hub calabresi era in gestazione già da un mese. E nonostante il trascorrere del tempo la pratica è tutt'altro che risolta, anzi risulta paludata nelle sabbie mobili regionali.

 


I laboratori al collasso

L'idea di "liberalizzare" il processamento dei tamponi molecolari aprendo al privato risale, infatti, al mese di ottobre. Il periodo in cui la curva dei contagi era aumentata prepotentemente in Calabria e con essa anche la necessità di processare tamponi, un'esigenza che aveva però prodotto contraccolpi sui laboratori ospedalieri costretti in alcuni casi a spedire i test arretrati fuori regione per accelerare le procedure di tracciamento e di processamento. Ed è quello il periodo in cui in Cittadella si inizia a valutare l'ipotesi di accreditare laboratori privati per supportare l'azione del pubblico.

 

La lista degli "invitati"

I primi incontri in Regione avvengono in maniera interlocutoria tra il dipartimento Tutela della Salute e la Protezione civile che individuano una lista di laboratori privati potenzialmente accreditabili sulla base di un criterio preliminare: l'evasione di almeno 200mila prestazioni all'anno e il possesso di attrezzature per effettuare i test di biologia molecolare. Non sono in molti a soddisfare questo pre-requisito, una decina circa in tutta la Calabria e sono tanti a ricevere l'invito alla manifestazione d'interesse bandita poi dalla Regione il 22 ottobre. La scadenza è fissata alla mezzanotte del 29 ottobre e solo in otto presentano formale adesione.

 

L'ordinanza abortita

Nei giorni immediatamente successivi il dipartimento Tutela della Salute redige una prima bozza di decreto trasmessa al presidente ff della Regione, Nino Spirlì, che sarebbe poi dovuta essere stata adottata nella forma di ordinanza per l'accreditamento dei privati e l'avvio delle attività a supporto dei laboratori ospedalieri. Ed è a questo punto che la procedura viene inghiottita nelle nebbie burocratiche tipiche della Cittadella. Il 24 novembre il sindaco di Catanzaro, Sergio Abramo, durante una conferenza stampa in Comune anticipa l'imminente adozione dell'ordinanza autorizzativa per otto laboratori privati, salvo ricevere a stretto giro la reprimenda del presidente in persona che lo diffida dall'anticipare «provvedimenti o creare aspettative che non hanno corrispondenza con atti ufficiali».

 

I numeri ballerini

La censura non è però tanto rivolta alle procedure di accreditamento, che a quella data risultavano concluse da almeno un mese, quanto evidentemente al numero dei laboratori da accreditare che già da qualche settimana aveva iniziato a diventare ballerino. Non più otto, il numero iniziale dei partecipanti, bensì solo due. E la riduzione nel numero dei laboratori da accreditare sembra discendere da un carteggio intercorso ai primi di novembre tra il delegato del soggetto attuatore per l'emergenza Covid, Antonio Belcastro, e le strutture private da accreditare.

 

Il black out informativo

Il 6 novembre la nota vergata dal soggetto attuatore parte dalla Cittadella alla volta dei laboratori chiedendo integrazioni circostanziate circa la presenza di attrezzature specifiche, utili al processamento dei tamponi. Contestualmente, viene richiesto un orizzonte temporale entro il quale poter avviare le attività a supporto dei laboratori pubblici. Le otto strutture rispondono nella settimana successiva, tra il 9 e il 14 novembre, fornendo le informazioni richieste sotto forma di integrazioni e indicando quale orizzonte temporale il 30 novembre. Da allora il black out informativo, difficile capire se la lunga parentesi riflessiva sia da ascrivere ad una verifica sul possesso dei requisiti o ad un ripensamento in corsa sull'impiego del privato nella lotta al Covid.

Giornalista
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