'Ndrangheta: Rinascita Scott, Pittelli chiede il giudizio immediato

L’avvocato ed ex parlamentare vuole essere mandato subito a processo. A pesare sulla decisione le sue condizioni di salute. È accusato di concorso esterno in associazione mafiosa

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di Redazione
21 agosto 2020
08:35
Giancarlo Pittelli
Giancarlo Pittelli

Chiede il giudizio immediato l’avvocato del Foro di Catanzaro ed ex senatore di Forza Italia Giancarlo Pittelli, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa nell’ambito della maxi-operazione antimafia denominata “Rinascita-Scott”, condotta sul campo dai carabinieri e coordinata dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri.

 


Un giudizio che prevede di saltare l’udienza preliminare andando subito a processo. L’istanza presentata dagli avvocati Salvatore Staiano e Guido Contestabile è al vaglio del gup del Tribunale di Catanzaro, Claudio Paris.

 

Qualora fosse accolta, il gup stralcerà la posizione di Pittelli mandandolo a processo dinanzi a Tribunale collegiale di Vibo Valentia quale unico imputato rispetto agli altri 455 di cui comunque bisognerà vedere quanti chiederanno invece il giudizio abbreviato.

Le condizioni di salute e le accuse

A pesare sulla decisione di invocare il giudizio immediato potrebbero esserci le condizioni di salute di Pittelli, attualmente rinchiuso nel carcere di Nuoro. Tre le istanze di scarcerazione sinora respinte.

 

Continua a pesare, dunque, la principale accusa mossa all’avvocato Giancarlo Pittelli, ovvero quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Pittelli è in particolare accusato di aver messo a disposizione dei clan del Vibonese, come i Mancuso di Limbadi e Nicotera ed i Razionale-Fiarè-Gasparro di San Gregorio d’Ippona, i suoi “canali” ed i suoi “agganci” per rafforzare il loro potere mafioso. In particolare, l’avvocato Pittelli nella sua qualità «di avvocato e di massone – e, in quanto tale, di soggetto portatore di un rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale e del mondo imprenditoriale e delle professioni, caratterizzati da vincoli di fratellanza e reciproca riconoscenza – è indicato quale risolutore dei più svariati problemi dei clan «sfruttando le enormi potenzialità derivanti dai rapporti del medesimo con importanti esponenti delle istituzioni o della pubblica amministrazione, in particolare delle forze dell’ordine, e, quindi, dalle illimitate possibilità di accesso a notizie riservate».

 

Si sarebbe creato, secondo l’accusa, una sorta di circolare rapporto “a tre” tra il politico/ professionista/faccendiere, l’operatore di impresa e la cosca mafiosa, in cui il primo ottiene e concede favori, in forza dei suoi legami con le istituzioni e la ndrangheta, fungendo da “cerniera” tra i due mondi, il secondo cresce o risolve problemi grazie all’influenza mafiosa ed alla politica collusa, e la terza rafforza il suo radicamento nel tessuto politico ed economico.

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