L’inchiesta

«I ciucci di Campo Calabro non si toccano»: la ’ndrangheta dietro le minacce all’imprenditore cosentino

I quattro arrestati avrebbero minacciato il titolare di un centro ippico per convincerlo a non accettare la custodia di venti equini: «Il mio compare appartiene alla famiglia degli zingari di Cosenza». L'accusa è aggravata dal metodo mafioso (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Marco Cribari
22 febbraio 2023
16:15
Foto di repertorio
Foto di repertorio

«I ciucci di Campo Calabro non si toccano». Un messaggio minaccioso, che il titolare di un centro ippico del piccolo comune reggino, Dario Arcudi di 50 anni, avrebbe fatto pervenire a un collega cosentino nel tentativo di salvare la propria attività imprenditoriale da provvedimenti amministrativi oramai inevitabili.

Il risultato è che sia lui che i tre presunti latori di quella ’mmasciata pericolosa, sono stati arrestati con l’accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso su richiesta della Dda di Catanzaro accolta dal gip distrettuale Sara Merlini. I fatti risalgono al settembre del 2022, periodo in cui il maneggio dell’indagato, ubicato in località Poggio Pignatelli, è ormai sull’orlo della chiusura. Su quel fondo di proprietà comunale, infatti, incombe un’ordinanza di sgombero decretata a seguito del mancato pagamento dei canoni d’affitto da parte di Arcudi, inadempiente anche sul fronte di una bonifica dell’area alla quale avrebbe dovuto provvedere.


Il discorso dei ciucci

In quei giorni, però, smantellare l’impianto è solo una parte del problema. L’altro è rappresentato dalla ricollocazione degli animali: dodici cavalli, sei asini e due pony. L’amministrazione comunale di Campo Calabro pensa di affidarli in custodia a un allevatore cosentino e per ostacolare questo disegno si mette in moto una piccola catena umana. Arcudi si sarebbe rivolto a tale Francesco Paiano, ventottenne di Oppido Mamertina (Rc) con precedenti per fatti di criminalità organizzata, che a sua volta avrebbe contattato il cosentino Leonardo Bevilacqua, 40 anni, esponente del locale clan degli zingari, per chiedergli di risolvere la questione. Dal canto suo, Bevilacqua si sarebbe rivolto poi a Gaetano Rubino, 36 anni da Castrovillari (Cs), un conoscente della vittima designata. Sarà proprio quest’ultimo, il 6 settembre, ad agganciare l’imprenditore rivolgendosi a lui in questi termini: «Ho incontrato il mio compare di Cosenza, Leonardo Bevilacqua, che mi ha chiesto di chiederti la cortesia di rifiutare l’incarico di custodire i ciucci del Comune di Campo Calabro come hanno già fatto tutti gli altri prima di te. Naturalmente di qualsiasi cosa hai bisogno, lui si mette a disposizione. Il mio compare appartiene alla famiglia degli zingari di Cosenza».

«Un chiaro messaggio mafioso»

Per il pm Alessandro Riello, firmatario della richiesta di arresto, il “Discorso dei ciucci” rappresenta un vero e proprio compendio di mafiosità. In tal senso, il riferimento agli zingari di Cosenza altro non è che «una chiara evocazione della ’ndrangheta». Quello al comparaggio, «espressione di chiara matrice mafiosa», stabilisce poi un «legame di quasi-immedesimazione» fra Rubino e lo ’ndranghetista. Anche la frase minatoria «come hanno fatto gli altri prima di te», rileva Riello, è funzionale «a incrementare la pressione sulla persona offesa» e, in cauda venenum, «il mettersi a disposizione» brilla della solita luce sinistra perché serve «a rafforzare l’idea nell’interlocutore che Bevilacqua, potente come ogni ‘ndranghetista che si rispetti, sia pronto a ricambiare con la propria disponibilità l’altrui supina condiscendenza al proprio volere».

Le indagini

A tale analisi si sono poi associate le indagini condotte sul campo dalla Squadra Mobile cosentina guidata da Angelo Paduano. L’esame dei tabulati telefonici e alcune intercettazioni hanno permesso di confermare l’esistenza di una sequela di contatti avvenuti nel periodo incriminato (Arcudi-Paiano, Paiano-Bevilacqua, Bevilacqua-Rubino), di certificare i rapporti di conoscenza pregressa fra le tre diverse coppie, di documentare altri tentativi di boicottaggio del trasloco degli animali operati da Arcudi. Non a caso, quest’ultimo si sarebbe rivolto all’uomo incaricato di trasportare i cavalli a Cosenza, convincendolo a sottrarsi a quel compito. E poi, quando l’imprenditore parte offesa in questa vicenda decide di rinunciare all’incarico per questione personali, sempre lui arriva a contattare il nuovo custode per chiedergli di non immischiarsi nella vicenda. In entrambi i casi, però, senza rivolgere loro alcuna minaccia, ma facendo leva solo su rapporti d’amicizia. Nelle prossime ore, tutti e quattro gli indagati affronteranno l’interrogatorio di garanzia. 

Giornalista
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