Musica e radici

Giuseppe, che suona e costruisce l’antica lira: «Siamo orgogliosi e testardi. Resistiamo, non scappiamo dalla Calabria»

Uno strumento che risale al Medioevo e fa parte della tradizione musicale della nostra regione. Giuseppe Chiarelli l'ha riscoperto e ora sogna di aprire una piccola bottega nel centro storico del suo paese, Mirto Crosia

di Franco Laratta
7 settembre 2023
19:09

C'è un ragazzo che ha imparato a suonare la lira calabrese. Ma non è tutto, perché questo giovane non solo suona bene la lira calabrese per quanto la costruisce, la crea. Ed è una cosa unica, di grande ingegno e passione.

Giuseppe Chiarelli, giovane musicista poco più che 30enne, non ha voluto lasciare la Calabria in cerca di fortuna altrove. Vive a Mirto Crosia, il suo amore per la storia della Calabria e delle sue tradizioni lo ha portato a scoprire la lira calabrese.
Una chiacchierata con questo ragazzo ci aiuta a capire tante cose.


«Tutto è partito a causa della mia forte e grande passione per la Calabria e le sue tradizioni tra le quali anche quelle musicali. Ho visto la prima lira nel 2016 ad un concerto in piazza nel mio paese e incuriosito ho iniziato subito a fare delle ricerche sul web, quando ho scoperto che risaliva a 1000 anni fa mi sono appassionato ancora di più e ho capito che non era solo un semplice strumento ma molto di più».

Ma intanto è necessario sapere qualcosa sulla storia della lira calabrese 
«La lira calabrese risale al Medioevo e venne portata qua in Calabria dai bizantini, infatti viene chiamata anche lira bizantina, tramandata fino al 1900 soprattutto dai pastori e contadini. Si hanno testimonianze di costruttori e suonatori fino agli anni '50, prevalentemente nella zona della Locride. Infatti è da li che si è riscoperta e rivalutata per poi negli anni '80, tramite corsi e laboratori, essere inserita nella musica etno-popolare calabrese. Oggi è usata ancora in Calabria, ma anche nel resto d'Italia».

Ma che suono fa la lira?
«Essendo uno strumento appartenente alla famiglia dei cordofoni ad Arco si può definire l'antenata del violino, ma segue la musicalità della zampogna».

Ovviamente tutti vogliono sapere come e da che cosa si costruisce la lira calabrese
«Si ricava da un unico blocco di legno, la tavola armonica realizzata in legno di abete rosso viene successivamente incollata. È formata da tre corde e si suona stando seduti, lo strumento viene appoggiato fra le ginocchia o sulla gamba sinistra».

Entriamo un po’ più nel dettaglio, soprattutto ad uso di chi conosce e legge la musica
«Con la mano sinistra si tiene il manico dello strumento e si tastano le corde lateralmente con le unghie, mentre con la destra si sfrega l'archetto sulle corde. Viene accordata in base alle tonalità scelte dal diapason dello strumento ad esempio in tonalità di Sol maggiore, le note sono: La (Il grado) - Re (V grado) - Sol (I grado). L'ordine di tali note è inteso da sinistra verso destra, guardando la lira dalla prospettiva del suonatore, quindi il Il grado (La) è la corda più esterna e più fina, che viene tastata con il dorso delle unghie ed è la nota "cantino", cioè produce la melodia».

E qui fermiamo Giuseppe che da esperto della lira, entra sempre più nel tecnico.

Dicevamo all’inizio che Giuseppe Chiarelli non solo suona la lira. Lui è un costruttore artigianale della lira calabrese. La crea con le sue mani, realizzando strumenti che quindi sono pezzi unici.

«Le ricerche, la curiosità e la passione mi hanno spinto a cercare anche come procurarmi e suonare questo strumento. Dato che già suonavo l'organetto e il pianoforte, avrebbe anche arricchito il mio bagaglio culturale musicale e allora mi sono reso conto che non era molto complessa la costruzione, mi sono procurato gli attrezzi e i materiali ed ho iniziato a costruire le lire, una diversa dall'altra, ogni lira unica nella forma nel suono e nell'anima».

Vediamo con quale legno viene realizzata la lira, che certamente ha anche un suo valore essendo di fatto un'opera d'arte unica, che racconta la storia e l'identità della nostra terra
«La lira prevalentemente viene realizzata da legno stagionato di alberi da frutto, molti di noi usano il ciliegio, ma si usa anche l'ulivo, il noce, il pioppo. La tavola armonica è realizzata in abete rosso, i piroli fatti al tornio sono di un legno un po più duro, io uso faggio o castagno, il ponticello in acero e l'anima in canna, l'archetto invece è composto da un ramoscello di olivo selvatico e crini di cavallo».

I materiali quindi sono tutti reperibili in natura
«Esattamente, e ci vengono donati dalla nostra terra calabrese. Infatti come ogni strumento musicale della musica popolare calabrese è fatto con materiali semplici e sostenibili. Ogni lira è unica e si può definire una vera opera d'arte e come in un dipinto o in una scultura vengono trasmesse le emozioni e gli stati d'animo del costruttore. Infatti si crea anche un legame tra il costruttore e lo strumento, al punto che una volta venduta ogni lira un po’ mi manca!».

Non hai voluto lasciare la Calabria. Così, di fatto ha reinventato un mestiere artigianale che ormai non esisteva più
«Le ragioni per cui non ho abbandonato la mia terra sono tante, nutro un amore incondizionato per il mio paese, Crosia, un piccolo borgo nella provincia di Cosenza. Tutto quello che mi circonda, il nostro mare, le nostre meravigliose montagne, i torrenti, gli amici, la famiglia. E poi ho resistito nel cercare anche un lavoro stabile, non sono subito scappato via. Ora, spinto da questa passione per la lavorazione del legno e il suono della lira e della musica popolare, vado avanti con nuovi progetti che spero riuscirò a realizzare. Uno di questi è una piccola bottega nel centro storico del mio paese».

Giuseppe che ama tanto la nostra terra, certamente vorrà parlare ai giovani calabresi. Magari avrà tante cose da chiedere e da dire
«Tante no, ma una sì. Mi rivolgo ai giovani che come me amano la Calabria, e si vedono costretti a scappare. Cercate fino alla fine di restare qua! Con orgoglio e testardaggine che ci contraddistinguono quando andiamo altrove, usatele qua in Calabria queste doti perché la nostra terra ha tanto da darci!».

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