Rapporto agromafie

Braccianti sfruttati, il report: «Nel 2021 ben 230mila impiegati irregolarmente». Calabria maglia nera

Il fenomeno del caporalato radicato soprattutto nelle regioni meridionali. I lavoratori impiegati nel settore agricolo registrano un reddito bassissimo. I dati emergono dal rapporto stilato dalla Flai Cgil

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di Redazione
28 novembre 2022
20:03

Il fenomeno del caporalato ancora fortemente presente in Italia. Nel 2021 sono stati circa 230 mila gli occupati impiegati irregolarmente nel settore primario (55mila donne), oltre un quarto del totale, in larga parte concentrata nel lavoro dipendente, che include una fetta consistente di stranieri non residenti impiegati in agricoltura. Il dato emerge dal VI Rapporto agromafie e caporalato dell'Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, anticipato oggi e che verrà presentato integralmente domani. Il lavoro agricolo subordinato non regolare è radicato in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio con tassi di oltre il 40%, ma nel Centro-Nord le percentuali sono tra il 20 e il 30 per cento.

Quasi due quinti delle ore effettivamente lavorate annualmente dai dipendenti agricoli sono irregolari, pari a oltre 300 milioni di ore sul totale di 820 milioni, secondo il rapporto dei sindacati. Un fenomeno quello del lavoro irregolare nei campi, ha evidenziato in conferenza stampa Jean Renè Bilongo, presidente dell'Osservatorio Placido Rizzoto, «che si mostra in ulteriore crescita rispetto alle 180 mila unità indicate nel rapporto precedente in base a una stima prudenziale».


Nel 2020 l'economia sommersa vale 157,4 miliardi di euro (9,5% del Pil) in calo di 26,5 miliardi rispetto all'anno precedente. Inoltre, mettendo a fuoco, nello specifico, il profilo degli occupati agricoli non regolari, si nota che il peso dei lavoratori migranti quasi raddoppia (in particolare quello dei cittadini comunitari); in oltre il 70% dei casi si tratta di lavoratori dipendenti e, tra questi, si osserva un maggior peso degli occupati che lavorano in regime di part-time. Ne consegue che, in corrispondenza dei lavoratori con tali caratteristiche, i tassi di irregolarità assumono valori decisamente più elevati rispetto al tasso riscontrato per l'intero settore agricolo. Nel comparto agricolo, si riscontra la tendenza a generare "lavoro povero" ove prevalgono individui, che pur avendo lavorato, mostrano redditi personali e familiari decisamente al di sotto dei valori medi.

In particolare, in Italia circa 8,6 milioni di individui hanno un reddito disponibile familiare equivalente annuo inferiore alla metà del reddito mediano misurato su tutti i residenti (cioè inferiore a 8.300 euro). Escludendo i lavoratori stranieri non residenti, poco meno di un terzo dell'occupazione agricola (pari a oltre 300 mila unità) ricade in questa area a bassissimo reddito, con un'incidenza che è il triplo di quella media, senza contare un ulteriore 3,7% di occupati agricoli che vive in famiglie prive di segnali di redditi emersi.

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