Reggio Calabria torna al centro della mappa nazionale del trasporto aereo in un momento in cui tutto sembra muoversi, ma nulla è davvero stabilizzato. Soprattutto in un mese, come quello di novembre, che vede gli aeroporti nazionali praticamente svuotati. L’ultima scintilla arriva da Bergamo: Orio al Serio – terzo aeroporto più trafficato d’Italia dopo Fiumicino e Malpensa – chiede ufficialmente un volo diretto per Reggio Calabria, un’inversione di prospettiva che racconta più di mille dati. Stavolta è un grande aeroporto del Nord a cercare un collegamento con il Tito Minniti, e non il contrario: è il nord che vede un’opportunità possibile guardando a sud. E Ryanair, per bocca del suo Ceo Wilson, non esclude di aprire la rotta. È un segnale politico, economico e simbolico insieme, che si innesta in un quadro complesso fatto di cantieri che avanzano, contratti che scadono, promesse che oscillano e una dialettica istituzionale accesa anche nell’ultima seduta del Consiglio regionale.

Procedono intanto spediti i lavori per la costruzione della nuova aerostazione, così come quelli del nuovo svincolo di Malderiti. In Aula, giovedì, a Palazzo Campanella, il governatore Roberto Occhiuto ha ammesso con il sorriso e senza giri di parole che l’inaugurazione del nuovo terminal slitterà di almeno un mese: «Molte volte anticipo le date rispetto a quelle degli uffici perché voglio farli pedalare». È una strategia di comunicazione, ma anche un modo per imprimere pressione sulla macchina amministrativa. Il risultato, però, è concreto. L’involucro della nuova aerostazione cresce a vista d’occhio e sarà pronto a dicembre come annunciato mesi fa, mentre l’inaugurazione complessiva slitterebbe a gennaio. Il dato che resta è comunque che i lavori procedono ed il cantiere è stato confermato come uno dei più massicci degli ultimi anni sullo Stretto. Occhiuto rivendica di essersi esposto pur di accelerare, consapevole delle critiche, e rilancia il motivo politico della crescita: una Reggio che registra numeri turistici mai visti e, punzecchiando Falcomatà, invita il primo cittadino a verificare i dati dell’incremento dei proventi della tassa di soggiorno.

Il sindaco – oggi anche consigliere regionale del Pd – ha però un’altra preoccupazione: il futuro del contratto con Ryanair, ossatura di tutto il piano voli calabrese. «Abbiamo posto il tema in Consiglio senza ricevere risposte», ha affermato Falcomatà. La domanda è diretta: cosa accadrà tra un anno, quando scadrà l’accordo milionario finanziato con fondi europei? È possibile rinnovarlo con la stessa misura di risorse comunitarie o la Regione dovrà cercare nuovi capitoli di spesa? È qui che l’opposizione vuole chiarezza, perché l’intero impianto dei voli low cost rischia di poggiare su fondamenta fragili senza un meccanismo stabile.

Nel frattempo, la realtà quotidiana dello scalo dello Stretto vive un doppio impulso. Da una parte, Ryanair proietta Reggio nel suo network come mai nella storia, con l’operativo più ampio di sempre, due aerei basati e rotte che consolidano un salto di scala quasi inimmaginabile fino a pochi anni fa quando si ipotizzava di relegarlo a voli charter stagionali. Dall’altra, ITA Airways arretra, riducendo all’osso i collegamenti con Linate e Fiumicino, spegne il volo serale e costringe lo scalo a orari che penalizzano lavoratori, studenti e chi ha necessità di rientrare in giornata. È il paradosso evidenziato nel dibattito pubblico: passeggeri in aumento, ma offerta di voli tradizionali che si restringe.

E mentre la politica litiga sui numeri, il cantiere avanza. La nuova aerostazione, descritta nelle ultime presentazioni pubbliche come una struttura moderna, antisismica, in vetro e acciaio, cinque gate e nuovi sistemi tecnologici, viene caricata di significati simbolici. È l’emblema del nuovo corso, dice la Regione. Sarà il terminal più moderno della Calabria, dicono i sostenitori dell’investimento. Ma resta sul fondo una domanda che nessun rendering può oscurare: quanto varrà davvero un terminal nuovo se il sistema delle rotte non verrà consolidato e diversificato?

Si parla di Easyjet, Volotea, Wizzair e altre compagnie. Voci non confermate, almeno al netto di smentita. Intanto più passano i mesi e più Ita Airways sembra spegnere la propria presenza all’aeroporto dello Stretto. Perdere l’ex compagnia di bandiera sarebbe un errore clamoroso, che potrebbe mettere in pericolo l’esistenza stessa dello scalo.

Nel frattempo, Bergamo chiama Reggio. E questa è una notizia che sposta equilibri. Perché racconta la desiderabilità dello Stretto in un nuovo scenario turistico, certifica l’attrattività del bacino d’utenza calabrese e suggerisce che la domanda esiste e può crescere. È anche la prova che la strategia avviata due anni fa sta producendo effetti, pur dentro una cornice che richiede correzioni, stabilità e visione a lungo termine.

L’Aeroporto dello Stretto è arrivato a un bivio cruciale. Da una parte c’è l’opportunità storica di agganciare la spinta dei grandi player, dall’altra l’esigenza di governare un sistema ancora vulnerabile, in cui le rotte possono nascere e morire nel giro di pochi mesi. Reggio ha finalmente la possibilità di cambiare la propria geografia dei collegamenti. La posta in gioco è enorme: decidere se lo scalo resterà un aeroporto che subisce le scelte altrui o se diventerà, una volta per tutte, un vero hub del Mediterraneo.