L’evento

Antimafia, presentato a Reggio il libro di Salvo Vitale: «Radio Aut chiudeva e Valarioti veniva ucciso»

VIDEO | Amico di Peppino Impastato, lo il giornalista e scrittore siciliano dedica un pensiero al giovane dirigente comunista assassinato quarantadue anni fa

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di Anna Foti
11 giugno 2022
22:00

«Ripensare al 1980 ha richiamato alla mente la vicinanza tra Peppino Impastato e Peppe Valarioti». Memoria vivente di Radio Aut e dell’esperienza dell’antimafia sociale a Cinisi, autore di tante inchieste su TeleJato, televisione siciliana libera del tenace Pino Maniaci, che le nuove trasformazione digitali stanno mettendo in serio pericolo, insegnante e scrittore, Salvo Vitale a Reggio Calabria si sofferma sul 1980, anno in cui venne ucciso Giuseppe Valarioti, il giovane e appassionato dirigente comunista.

Era la notte dell'11 giugno quando si consumava il primo delitto politico mafioso calabrese (solo dodici giorni dopo sarebbe stato assassinato il segretario capo della Procura della Repubblica di Paola Giovanni Losardo a Cetraro). Sono trascorsi quarantadue anni e il delitto resta senza verità.


Accadeva a Nicotera dove Valarioti stava festeggiando la vittoria elettorale del Pci nella città natìa di Rosarno. Una figura di grande spessore umano e autentico impegno politico e sociale che molto richiama l’amico fraterno, Peppino Impastato. Un premio, infatti, è dedicato alla memoria di entrambi.

Due nomi, due storie, due giovani molto vicini

«È stata per me una grande emozione ricevere a Rosarno il premio Valarioti Impastato. È il mio primo premio e sono particolarmente orgoglioso che porti questi due nomi.  Valarioti muore due anni dopo Peppino, nel 1980 – racconta Salvo Vitale - in un momento cruciale per la nostra radio Aut che, rimasta isolata, senza risorse e anche senza collaboratori dal momento che vigeva per i giovani il divieto imposto dalle famiglie di frequentarla, chiudeva. Mentre noi chiudevamo, Peppe Valarioti veniva assassinato. Peppino Impastato e Peppe Valarioti sono due persone indubbiamente molto vicine: trent’anni ciascuno, Giuseppe tutti e due; comunisti tutti e due, anche se contrariamente a Valarioti che rimase nel partito, Peppino non lo fece. Sentiva che non era più il partito di un tempo. La sua indole lo rese attivo nell’antimafia sociale, quella che lo spingeva in strada a insegnare gratuitamente, a prestare i suoi libri, a combattere accanto ai disoccupati, a cercare di sottrarre i giovani ad un destino segnato dalla mafia. Un impegno per costruire un bene comune, non certo per guadagnare», ha ricordato ancora Salvo Vitale.

Cronache da Telejato

Nei giorni scorsi, il premio è stato anche occasione per presentare a Reggio Calabria, il suo volume “In nome dell’antimafia. Cronache da Telejato”, nell’ambito dell’incontro promosso dalla fondazione Girolamo Tripodi, rappresentata dal presidente Michelangelo Tripodi, presso la sede reggina di Arci, allestita proprio in un bene confiscato, rappresentata dal presidente provinciale Peppe Fanti. Un’occasione per tracciare i punti di forza e di debolezza del meccanismo di confisca dei beni confiscati alla criminalità mafiosa, anche con l’autorevole contributo di Gaetano Paci, già procuratore aggiunto a Reggio Calabria e da poco nominato procuratore capo a Reggio Emilia.

Giornalista
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