Ludopatia

Gioco d’azzardo, il responsabile del Serd di Cosenza: «Questa legge vanifica tutto il nostro lavoro»

Roberto Calabria cura da anni le persone affette da ludopatia: «È una dipendenza a tutti gli effetti, come quella da droghe o alcol. La Regione? Ha voluto sentire cosa avevamo da dire ma poi non ci ha ascoltato»

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di Mariassunta Veneziano
23 dicembre 2022
17:00

Il presidente del Consiglio regionale Filippo Mancuso l’ha definita una legge «inclusiva di gran parte delle richieste che sono state fatte dalle parti in causa». Eppure le “parti in causa” non sembrano tutte così soddisfatte.

Le modifiche alla norma sul gioco d’azzardo, approvate dall’aula di Palazzo Campanella, non piacciono a chi con le conseguenze – estreme – del gioco d’azzardo ci lavora. «Hanno rimesso il distanziamento ma poi hanno allungato l’orario di apertura delle sale». Roberto Calabria, medico e responsabile del Serd dell’Asp di Cosenza, le dipendenze le conosce bene e la ludopatia, sottolinea, lo è non meno della tossicodipendenza o dell’alcolismo, fenomeni ai quali peraltro spesso si accompagna.


Dottore, possiamo tracciare un profilo del giocatore patologico?
«In base ai dati di cui siamo in possesso l’identikit è questo: uomo, laureato, con un lavoro stabile, di età compresa tra i 30 e i 39 anni. In provincia di Cosenza il 78% delle persone trattate da noi è impiegata stabilmente: è un dato che ci ha fatto sobbalzare sulla sedia».

Questo cosa vuol dire?
«Sono persone convinte di rifarsi la vita con una giocata, di avere la svolta grazie a una grossa vincita, solo che poi non vincono niente perché le percentuali di successo sono veramente esigue».

Cosa scatta nella mente di queste persone?
«Parliamo di una dipendenza a tutti gli effetti, come quella da droghe o alcol. Non a caso viene curata nei Serd. È una patologia: parlando a livello scientifico, ci sono due sostanze che si muovono nel cervello – la serotonina e la dopamina – responsabili di certi comportamenti».

Come si interviene?
«Interveniamo con un approccio multidisciplinare: qui abbiamo un’equipe di psicologi, educatori, assistenti sociali, medici che trattano tutti gli aspetti della patologia. In alcuni casi si interviene anche con terapie farmacologiche per stabilizzare l’umore».

Chi si rivolge a voi lo fa spontaneamente?
«In genere sì. La particolarità è che siamo a tempo zero: chi arriva qui va subito accolto e trattato, non possiamo rimandare».

È un fenomeno in crescita?
«È nettamente in crescita e attrae sempre di più giovani e giovanissimi, non a caso facciamo campagna di prevenzione nelle scuole: è un’attività fondamentale».

Ci possono essere anche ricadute?
«La ricaduta fa parte della patologia. E c’è anche un altro dato: spesso questa dipendenza si accompagna ad altre, all’uso di droga o all’abuso di alcol per esempio».

Parliamo della legge regionale. Come enti e associazioni che si occupano di ludopatia avete protestato prima, poi le forze politiche di maggioranza a Palazzo Campanella hanno fatto un passo indietro. Siete ancora insoddisfatti?
«Altro che passo indietro, di fatto hanno allungato l’orario di apertura delle sale gioco da 8 a più di 12 ore. La cosa che infastidisce è che hanno voluto sentire anche associazioni ed enti ma poi non hanno ascoltato nessuno e hanno fatto come volevano».

È una legge che dovrebbe contrastare il gioco d’azzardo patologico, ritiene che invece faccia altri interessi?
«Ritengo che dobbiamo essere molto preoccupati. Peraltro diamo un pessimo esempio come Regione Calabria e potremmo creare un precedente molto pericoloso perché qualcuno potrebbe copiarci. Voglio ricordare che nel solo 2021 qui si sono giocati più di 4 miliardi di euro e la media calabrese – solo per quanto riguarda il gioco legale – è di 2 miliardi all’anno. A Cosenza e hinterland abbiamo oltre 200 sale giochi, capisce bene che se stanno sempre aperte noi possiamo influire poco. Il lavoro delle comunità terapeutiche, le campagne che facciamo: così tutto viene vanificato».

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