Verso il nuovo governo

I tormenti calabresi di Giorgia Meloni: in Fratelli d’Italia cova il malcontento

I risultati elettorali hanno deluso le aspettative della vigilia. Aumentano i mal di pancia per i paracadutati e le scelte romane. E la sostituzione di Orsomarso nella Giunta regionale diventa un caso (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Bellantoni
29 settembre 2022
11:00
Giorgia Meloni (foto Ansa)
Giorgia Meloni (foto Ansa)

Dalla prospettiva di Giorgia Meloni la Calabria appare come una terra dolente, una fonte di problemi più o meno trascurabili e anche di grandi imbarazzi. Le operazioni antimafia che, nel recente passato, hanno coinvolto esponenti di primo piano del partito (l’ex parlamentare Pittelli e gli allora consiglieri regionali in carica Nicolò e Creazzo) hanno forse rappresentato un punto di non ritorno nei rapporti tra la premier in pectore e questa regione.

Certo è che Meloni, dopo la sbornia elettorale, alla Calabria non ci pensa nemmeno, presa com’è da altre e più importanti questioni. Tra tutte, la formazione del Governo – bisogna accontentare gli alleati (Salvini, in particolare: non sarà facile) e rassicurare l’Europa sulla collocazione atlantista dell’Italia e sulla distanza tra il futuro governo e le democrazie illiberali stile Orbàn –, ma anche i rimedi urgenti (forse un decreto da 20 miliardi) contro il caro bollette e una legge di bilancio da approvare nelle prossime settimane.


La Calabria è insomma marginale, se non inesistente, nella testa della prossima inquilina di Palazzo Chigi. Epperò i problemi esistono comunque e i focolai di malcontento, nel partito regionale, aumentano di giorno in giorno.

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Fdi, in Calabria risultato deludente

A deludere, innanzitutto, è stato il risultato elettorale di domenica. Lo storico trionfo del partito meloniano in Calabria si è trasformato in un successo ben al di sotto delle aspettative della vigilia. Fdi, primo partito in quasi tutto il Paese, qui ha ottenuto il secondo posto dietro al M5S e accumulato un ritardo di sette punti rispetto al 26% conquistato su scala nazionale.

A incidere, e questo i vertici provinciali lo sanno bene, è stata la crociata di Meloni contro il reddito di cittadinanza, che in tutto il Sud, e specialmente in una regione dalla disoccupazione galoppante come la Calabria, ha avuto un peso non indifferente nell’orientare l’elettorato verso i veri difensori del sussidio, i pentastellati.

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I tormenti del partito

Il risultato elettorale avrà effetti concreti, perché di fatto esclude anzitempo la Calabria dalla corsa per un ministero e forse anche da quella per un sottosegretariato. Perché mai Meloni dovrebbe dare una ricompensa politica a una regione che, a livello elettorale, ha preferito premiare Giuseppe Conte?

L’amarezza per i dati usciti fuori dalle urne e le relative conseguenze istituzionali vanno a sommarsi agli altri tormenti che si autoalimentano da mesi. E che sono arrivati sul punto di esplodere al momento della formazione delle liste. Dei cinque parlamentari eletti, due sono già stati da etichettati dalla base, a torto o a ragione, come paracadutati, stranieri, usurpatori di seggi. Alfredo Antoniozzi ed Eugenia Roccella – vite politiche finora spese altrove – formalmente rappresenteranno la Calabria alla Camera, ma per il grosso delle truppe meloniane sono pur sempre due «estranei» che hanno tolto spazio ai dirigenti locali.

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Fdi, i retroscena

In questi giorni stanno sul chi vive soprattutto i colonnelli e i militanti reggini. Uno dei più inquieti sarebbe il coordinatore provinciale, Denis Nesci, che potrebbe finire stritolato dalle manovre che si stanno consumando sull’asse Roma-Bruxelles.

Il Fatto quotidiano ha pubblicato un retroscena inaspettato: Meloni potrebbe chiedere a Raffaele Fitto, appena rieletto in Parlamento, di mantenere il suo seggio nell’Eurocamera «per continuare a rappresentare il partito con gli alleati europei». Nesci, primo dei non eletti nel 2019, rimarrebbe così fuori da tutti i palazzi. Una beffa, visto e considerato che, subito dopo la compilazione delle liste per Camera e Senato, che escludevano il segretario reggino, il responsabile dell’organizzazione di Fdi, Giovanni Donzelli, e il capogruppo a Montecitorio, Francesco Lollobrigida, si erano affrettati a diramare una pomposa nota per tranquillizzare tutto l’ambiente: «Abbiamo chiesto a Denis Nesci di garantire una forte e incisiva azione della compagine di Fratelli d’Italia in Europa con il prossimo ingresso di Raffaele Fitto nel Parlamento italiano».

Il caso Orsomarso

Il caso che più turba i sonni dei fratellisti – reggini e no – è tuttavia un altro e ha a che fare con il posto che a breve Fausto Orsomarso, neo senatore, lascerà libero nella Giunta regionale. La domanda che molti si fanno, in queste ore, è una: quale sarà il nome proposto da Roma al governatore Roberto Occhiuto?

Molto probabile che venga seguito il criterio territoriale, con il nuovo assessore ancora una volta espresso dalla provincia di Cosenza. Potrebbe pure concretizzarsi quanto affermato dalla commissaria Wanda Ferro, e cioè che il nome verrà indicato, per una questione di «eredità», dallo stesso Orsomarso.

Un possibile modus operandi che ha già scatenato proteste diffuse: «Ora siamo arrivati alla successione medievale? Non può funzionare così in politica», sbotta un esponente di rilievo di Fdi.

Proteste o no, Orsomarso – partito e Occhiuto permettendo – avrebbe già scelto l’erede: Angelo Brutto, attuale coordinatore provinciale a Cosenza. Designazione che, peraltro, non sarebbe accettata all’unanimità dai meloniani cosentini.

Le dispute interne al partito provinciale sono però poca roba di fronte alle rimostranze, già inoltrate alla segreteria romana, di chi ritiene che Fdi, in Calabria, si sia polarizzato solo su due territori. Il primo è Cosenza, da cui provengono, appunto, un assessore (da confermare) e due consigliere regionali (Luciana De Francesco e la new entry Sabrina Mannarino), due senatori (Orsomarso ed Ernesto Rapani) e un deputato, quello stesso Antoniozzi che viene considerato paracadutato o calabrese d’origine a seconda delle interpretazioni del momento.

Il secondo è Catanzaro, che esprime una deputata, Ferro, più un assessore e un consigliere regionali, Filippo Pietropaolo e Antonio Montuoro.

Reggio, che schiera solo il capogruppo regionale, Giuseppe Neri, sconterebbe invece un deficit di rappresentanza. «Qui – spiega un dirigente – Fdi ha ottenuto le percentuali migliori di tutta la regione. Eppure questa provincia non ha potuto esprimere nemmeno un candidato nei collegi uninominali. E ora potrebbe essere di nuovo esclusa dalla Giunta».

Altre urgenze per Fdi

Questo il clima generale nella fiamma tricolore calabrese, a soli quattro giorni dalla grande affermazione nazionale del partito. Nelle scorse ore era stata pure annunciata la convocazione di un vertice tra i neo parlamentari e i commissari provinciali per analizzare il voto e programmare i futuri appuntamenti politici, ma al momento non è stata fissata alcuna data.

Meloni e il suo stato maggiore, in questi giorni straordinari, hanno ben altre preoccupazioni.

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