Il prossimo 18 luglio Nicola Gratteri, Peter Gomez e Pasquale Tridico saranno in piazza a Corigliano-Rossano per parlare di pace, Europa e riarmo. A moderare la giornalista ed analista politico del network LaC, Antonella Grippo. Abbiamo sentito l’europarlamentare Pasquale Tridico.

A suo avviso, alla luce delle inchieste giudiziarie in corso, l’attuale governo regionale della Calabria arriverà fino alla fine del proprio mandato?
«Credo che gli avversari politici vadano battuti sul terreno delle proposte e dell’alternativa reale. Sono in corso indagini sulla Regione e intanto la Calabria continua a spopolarsi e a peggiorare nei servizi e nella tutela dei diritti: dalla sanità ai trasporti, dalla salute al lavoro, dall’assistenza sociale al reddito pro capite. Ciononostante, si continua a sottovalutare il fenomeno dell’astensionismo e della perdita progressiva di legittimazione elettorale, un campanello d’allarme della crisi democratica odierna. In Calabria, nell’ultima tornata delle amministrative, si è tornato a parlare di pacchetti di voti: segno che nella politica 2.0 è divenuto secondario il concetto di appartenenza e identità. Segno, poi, che molto consenso viene orientato e dirottato da singole persone, magari titolari di posizioni elettoralmente utili. Nell’area progressista dobbiamo cambiare questo sistema: lavorare sulle idee, sui princìpi e sulle prospettive».

Cioè?
«Partire dalla pace: in Europa, in Medio Oriente, nel mondo. Pace significa stabilità, vuol dire investire in settori strategici, creare o consolidare rapporti economici e diplomatici vantaggiosi. Soprattutto, la pace porta sempre un miglioramento generale delle condizioni di vita. L’Europa, culla di cultura, civiltà, diritti e Stato sociale, deve maturare: costruire la pace, diventare ponte tra Atlantico e Oriente, tra Stati Uniti, Russia e Cina; elaborare modelli di distribuzione della ricchezza fondati su equità, solidarietà e giustizia sociale. Per questo è imprescindibile fermare il riarmo sospinto da Ursula von der Leyen e Mark Rutte, che affamerà gli Stati europei e allargherà le disuguaglianze. Ci stiamo battendo insieme al presidente Giuseppe Conte ed esponenti progressisti come Yolanda Díaz, Zoe Konstantopoulou e Jeremy Corbyn. Vorremmo che il Pd e i Socialisti europei isolassero la presidente della Commissione europea, che sta consegnando un orizzonte buio alle nuove generazioni. In Parlamento europeo voteremo la mozione di sfiducia nei suoi confronti, ma per motivi diversi da quelli avanzati dai presentatori: il silenzio su Gaza, l’insistenza sul riarmo».

Quello del 18 luglio può essere definito un tentativo di cambiare linguaggio e racconto rispetto a una politica sempre più social, che parla da remoto e per spot?
«È un confronto a più voci su temi chiave: legalità, giustizia, informazione, Unione europea, pace, costi economici e sociali del riarmo. L’Europa è a un bivio tra regressione e progresso. I vincoli europei di bilancio ci venivano presentati come insormontabili, secondo una visione inflessibile sostenuta anche da Mark Rutte. Ora, in nome di un riarmo disorganico e senza una vera difesa comune, von der Leyen e i suoi ci dicono che si può sforare il Patto di stabilità per produrre debito e armi. È un controsenso, in contraddizione con la cultura filosofica europea. Immanuel Kant raccomandava che “non si devono fare debiti pubblici in relazione a conflitti esterni dello Stato”. Il suo insegnamento è stato rapidamente accantonato per logiche di potere e interessi economici».

Che cosa vi proponete, quindi, con l’appuntamento di Corigliano-Rossano?
«Di discutere di futuro comune: di persona, senza influencer, senza effetti speciali digitali. Tornare alla partecipazione, alla piazza, al valore del confronto, alla riflessione critica, all’approfondimento diretto su questioni che ci toccano da vicino: infiltrazioni mafiose, indipendenza della magistratura, informazione libera, sfide dell’Unione europea in un contesto geopolitico problematico e in un’economia di guerra che colpisce i più deboli».

Come si collega questo discorso alla Calabria?
«La Calabria è parte dell’Italia e dell’Unione europea. È tra le ultime regioni europee per reddito, Pil e qualità della vita. Il riarmo comporterà tagli alla sanità, all’istruzione e alla spesa pubblica. Destinare fino al 5% del Pil a missili e armi significa rinunciare a risorse per ridurre i divari, aiutare i deboli, valorizzare i giovani, curare i poveri. Il Sud, e in particolare la Calabria, continuerà a spopolarsi. Il Piano strategico nazionale delle aree interne lo ha già scritto: ci sono zone che “non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza”, ma che “non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse”. Il governo propone un piano per accompagnarne il declino, per renderlo “socialmente dignitoso”. È una dichiarazione cinica di abbandono: un suicidio assistito, figlio del pensiero neoliberista».

E allora?
«Bisogna unire le intelligenze e le coscienze; portare avanti una rivoluzione culturale, che è anche politica; sensibilizzare l’opinione pubblica; mostrare un’alternativa nei contenuti, nel linguaggio e nel metodo; raccontare giorno per giorno la nostra idea di Calabria, Italia ed Europa: fondata sulla partecipazione, sulla democrazia reale, sulla difesa concreta dei diritti e della verità. Essere con le persone, tra le persone, per le persone».

Parla da candidato presidente della Regione Calabria?
«Parlo di un progetto civile e politico di lungo periodo, che comprende anche la lotta ai colossi digitali. Come ho proposto, paghino tasse proporzionate ai profitti che fanno in Italia. Non si può imporre alla povera gente una pressione fiscale insostenibile. Il presidente Conte lo ha ricordato a Giorgia Meloni, sottolineando le sue contraddizioni su questo punto».

Su quale candidato dovrebbe puntare il centrosinistra per le prossime Regionali?
«In primo luogo su un programma con tre priorità: impiego dei giovani intellettualmente formati, anche attraverso partnership tra università e imprese con fondi pubblici; riorganizzazione del servizio sanitario regionale recuperando la sua dimensione pubblica, con il contributo di scienziati competenti; rilancio delle aree interne, partendo da una fiscalità di vantaggio. Mi fermo qui, altrimenti anticipo troppo».