Temperature impazzite, eventi meteo violenti e sistemi sanitari sotto pressione preannunciano una stagione estiva destinata a superare ogni precedente, confermando l’emergenza climatica globale
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Da alcuni giorni, dopo una primavera che non è mai arrivata, l’Italia è già nella morsa della prima ondata di calore. Aria bollente, umidità insopportabile e temporali violenti: una combinazione che prelude a un’altra stagione da record, simile a quelle vissute negli ultimi anni, ma con un’aggravante crescente. Il caldo non è più soltanto un disagio passeggero. È un sintomo. E l’intero pianeta è malato.
In questi giorni, molte aree del Centro-Sud Italia stanno registrando temperature anche 4 o 5 gradi superiori alla media stagionale, mentre al Nord il contrasto con correnti più fresche genera temporali intensi, grandinate e alluvioni improvvise. Secondo i dati forniti dal Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine (ECMWF), l’intera area del Mediterraneo sta vivendo un’anomalia termica persistente, che conferma le previsioni dell’IPCC: l’Italia è uno degli hot spot climatici più vulnerabili al riscaldamento globale.
Nel suo ultimo rapporto del 2023, il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico ha lanciato l’ennesimo allarme: se non verranno prese misure drastiche per ridurre le emissioni, il riscaldamento globale supererà i +2,5°C entro la fine del secolo, con impatti catastrofici. Ma la realtà è che molte delle conseguenze previste per il 2100 si stanno già manifestando nel 2025.
L’impatto sulla salute: anziani e bambini le prime vittime
Ondata di calore significa anche emergenza sanitaria. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, solo nell’estate del 2022 si sono registrati oltre 18.000 decessi in eccesso in Europa attribuibili direttamente al caldo estremo. Gli anziani, le persone fragili, chi vive in città densamente urbanizzate, con poco verde e alto inquinamento, è il più esposto.
Le temperature notturne elevate impediscono il recupero fisiologico dell’organismo, aggravano le malattie croniche, aumentano il rischio cardiovascolare. In molte città italiane, i pronto soccorso sono già sotto pressione, e la stagione estiva non è nemmeno entrata nel vivo.
Incendi, siccità, tempeste: il volto della crisi climatica
Mentre l’Europa boccheggia, il mondo brucia. Il Canada è devastato da incendi che si estendono su milioni di ettari. In Asia, le ondate di calore hanno toccato i 50°C in India e Pakistan. Negli Stati Uniti, la stagione degli uragani si prevede più intensa della norma. In Africa orientale, dopo anni di siccità record, piogge torrenziali hanno causato alluvioni e sfollamenti di massa.
I fenomeni estremi non sono più “eventi rari”. Sono la nuova normalità di un pianeta che reagisce a decenni di emissioni di CO₂, deforestazione, industrializzazione selvaggia e inazione politica.
Il negazionismo climatico: la politica resta indietro
Nonostante l’evidenza scientifica sia ormai schiacciante, il negazionismo climatico continua a influenzare la politica globale.
Donald Trump, di nuovo in carica come presidente degli USA, ha già smantellato molte delle politiche ambientali dell’amministrazione precedente. Ha ritirato fondi per la transizione energetica e ha riaperto all’uso massiccio di carbone e petrolio.
In molti paesi emergenti, la crescita economica continua a basarsi su modelli insostenibili. E anche in Europa, gli impegni assunti con il Green Deal vengono spesso rallentati da interessi economici o elettorali.
Il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, superando il precedente record del 2023. Il 2025 si avvia a fare peggio. Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, c’è una probabilità del 98% che almeno uno dei prossimi cinque anni superi il limite simbolico di +1,5°C rispetto all’epoca preindustriale.
Se ciò accadrà, sarà difficile tornare indietro. Lo scioglimento dei ghiacciai, la desertificazione, l’innalzamento del livello del mare e il collasso di interi ecosistemi porteranno a migrazioni di massa, carestie, instabilità geopolitica. Non è uno scenario da film catastrofico. È ciò che la scienza, con sempre maggiore certezza, ci dice che avverrà se non cambiamo rotta.
Cosa si può (ancora) fare
La finestra per intervenire si sta chiudendo, ma non è ancora del tutto sbarrata. Ridurre le emissioni, abbandonare i combustibili fossili, investire nella riforestazione e nelle energie rinnovabili, cambiare stili di vita e abitudini di consumo: tutto questo è ancora possibile. Ma servono scelte politiche coraggiose e consapevolezza collettiva.
La lotta al cambiamento climatico non è più una questione per specialisti o ambientalisti. Riguarda tutti. E ogni estate che passa senza interventi adeguati rende il prezzo da pagare più alto.
Siamo già nel futuro che temevamo. Ma forse possiamo ancora decidere che tipo di futuro sarà. Forse.