Carmine Lupia, una laurea in Scienze Agrarie presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, giovane studioso catanzarese, esperto botanico ed etnobotanico, si occupa di tutela della biodiversità e di promozione delle risorse ambientali e paesaggistiche. È una grande miniera di informazioni, notizie, storia e leggenda sulle piante. Più in generale conosce ogni minimo segreto sulla natura e sul nostro ambiente.

Nella seconda giornata del premio letterario Caccuri, in corso nel piccolo borgo dell’alto crotonese, ha guidato una comitiva di curiosi venuti da ogni parte della Calabria e non solo, alla scoperta della memoria del bosco, della storia delle nostre piante e delle erbe, impartendo una interessante lezione sul campo. Per spiegare immediatamente che il patrimonio di piante ed erbe della Calabria è di straordinario valore, forse unico.

Il dottore Lupia entra subito nel cuore degli argomenti: «La Sila è un pezzo delle Alpi antiche che si è staccato in epoche remotissime. Insieme alla Corsica e alla Sardegna». Ed ecco spiegato perché su questo settore la Calabria presenta ‘anomalie’ veramente uniche.

In Calabria troviamo una delle più importanti biodiversità. E su questo concordano tutti gli studiosi. E Lupia lo rafforza: «È una delle biodiversità più diverse perché crescono piante un po' di tutte le fasce fitoclimatiche».

Infatti sappiamo bene che qui, nella nostra terra, nascono in maniera naturale tutte le piante. Qui ci sono piante dell’estremo nord Europa ma anche dell’Africa: «Si ci sono piante che si trovano nella zona tropicale e anche nel nord Europa».

Per esempio sembra che in Sila cresca la ginestra inglese: «Confermato. Qui cresce la ginestra inglese, pianta definita ad areale disgiunto. Norman Douglas ne parla in Old Calabria».

Altro tema discusso è quello dell’influenza che hanno avuto gli arabi e i popoli del nord e che ha prodotto conseguenze importanti per la nostra etnobotanica: «Sì, le tradizioni Etnobotaniche mediterranee ed orientali incontrano spesso quelle europee»

Non tutti sanno che, per quanto possa sembrare incredibile, in Calabria si trova la manna.
«La manna ricavata dal frassino, in Calabria era considerata dappertutto quella più pregiata».

E tanti non sanno che un tempo questa è stata la terra dei pistacchi e dello zafferano: «Sì, le fonti d’un tempo parlano chiaramente del pistacchio e dello zafferano come prodotti di eccellenza diffusissimi in Calabria».

Ma anche della mastica, del sughero…
«La Calabria era conosciuta per la gomma da masticare chiamata mastica o scingomma, da scinu nome dialettale del lentisco di origine greca. Il sughero era ed è ancora prodotto in Calabria, anche se in misura molto ridotta. Ci sono ancora piccole imprese di scorzini che poi lo esportano fuori»

Ora la Calabria ha una legge sulla biodiversità. «È stata approvata nel maggio 2023 ed è contestualizzata nel sistema delle aree protette regionali».

Purtroppo abbiamo completamente perso la memoria. Eppure il bosco è un’enorme riserva a servizio della terra e dell’uomo. In Calabria ci sono piante ed erbe che curano la salute dell’uomo. E quelle per la bellezza: «Sono circa 400 le specie d'interesse officinale nella tradizione. Medicinale tra le più usate la malva e la calamintha, e per la bellezza in cosmetica il Mirto».

Forse pochi sanno che dal legno dei nostri boschi sono state realizzate nei secoli, grandi opere nel mondo: «Ad esempio la Reggia di Caserta, San Pietro in Roma e San Paolo fuori le mura». E scusate se è poco.

E poi Carmine Lupia, un esperto conosciuto e apprezzato in tutta Italia, parla ancora della Sila che «vanta un patrimonio Etno-botanico di circa 500 specie utilizzate nella tradizione. Di grande interesse le specie usate in architettura, in gastronomia e per scopi medicinali».

Proviamo a capire quali sono le specie più interessanti: «Abbiamo l'endemico pino laricio, usato in architettura per le travi di monumenti di fama mondiale e soprattutto per la pregiatissima pece. I lamponi chiamati frambose, nome di origine normanno-francese e le fragoline, frutti sui quali si impernia la tradizione millenaria del gelato e delle granite. E poi la belladonna, pianta velenosa medicinale, un tempo dalla Sila esportata in quantità verso Roma, Firenze, Milano e all'estero. La ricchezza di queste specie attirava fino al secolo scorso manodopera anche dalla Toscana, Lombardia, Lazio e soprattutto Veneto».

Torniamo ancora sul tema affascinante e in qualche modo sbalorditivo: la Sila che gli studiosi più quotati hanno potuto accertare sia un pezzo delle Alpi antiche. Su questo Lupia non ha dubbi: «La Sila è di origine granitica, cioè una roccia vulcanica intrusiva e faceva parte della parte più antica delle Alpi, che si trovavano dove ora si trova la Costa Azzurra. Non essendo calcarea (ma di origine vulcanica ) e quindi di origine sedimentaria, non si può considerare geologicamente Appennino».