Impianto rifiuti di Gioia Tauro

Rischioso per la salute o necessario: l’inceneritore della discordia divide la Calabria

Il raddoppio del termovalorizzatore della città del porto annunciato dal governatore Occhiuto ha riacceso le proteste sul territorio non solo per paura dell'inquinamento. A confronto le opinioni di chi è contro e chi è possibilista

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di Francesco Altomonte
29 settembre 2022
16:45
L’inceneritore di Gioia Tauro
L’inceneritore di Gioia Tauro

Associazioni, comitati e politica locale sono in rivolta da mesi per evitare che l’impianto venga ampliato. Dall’altra parte della barricata c’è la giunta regionale guidata da Roberto Occhiuto, che ha già annunciato di volere correre rapida verso il raddoppio dell’inceneritore di Gioia Tauro per cercare di risolvere una volta per tutte la questione dei rifiuti in Calabria.

Del tema, centrale da anni in Calabria, se n’è discusso nella puntata di ieri di Dopo della notizia, condotto da Pasquale Motta, nel corso della quale è stato intervistato il consigliere regionale e esponente dell’associazione Isde Ferdinando Laghi. L’esponente del gruppo De Magistris presidente parte da una posizione nettamente contraria agli impianti di incenerimento e, anche in questa occasione, ha ribadito il concetto.


Un’altra testimonianza, raccolta durante il programma di LaC da Agostino Pantano, è quella del sindaco di Gioia Tauro Aldo Alessio. Il primo cittadino insieme a chi si oppone all’impianto ha presentato un esposto alla procura di Palmi affinché indaghi sulla vicenda. «Ci siamo accorti – spiega Alessio – che mancano degli studi che sono resi obbligatori dalle successive riforme del Codice dell’ambiente. Ci sono state nei mesi scorsi dichiarazioni parecchio contraddittorie da parte del presidente Occhiuto – prosegue Alessio – specie quando ammette che l’impianto attuale inquina e che per evitare tutto ciò bisogna raddoppiarlo. Beh, se l’impianto inquina come lui dice deve immediatamente chiuderlo oppure far capire quali misure siano state adottate per non renderlo pericoloso».

Costruito da oltre 20 anni, l’impianto di contrada Cicerna a Gioia Tauro, chiamato in maniera impropria termovalorizzatore, in questi anni non ha prodotto quell’energia per cui era nato, quindi nella città del porto si bruciano solo i rifiuti che non possono essere differenziati.

La posizione del governatore Occhiuto, come detto, è contestata da più parti, ma a sua parziale discolpa possiamo dire che

nel Piano regionale dei rifiuti, licenziato dalla giunta Chiaravalloti e fatto proprio da tutte le altre, è stato ereditato dall’attuale presidente della Regione Calabria. Nel documento si parla da allora di raddoppiare l’impianto di Gioia Tauro, costruendo altre due linee per bruciare 250mila tonnellate di rifiuti all’anno contro gli attuali 125. La beffa, però, per i cittadini della Piana di Gioia Tauro è doppia: quando negli anni '90 si iniziò a parlare di termovalorizzatori in Calabria, gli impianti avrebbero dovuto essere due: uno a Gioia Tauro e l’altro a Castrovillari, per averne uno a Nord e uno a Sud. Mentre, però, nella città del porto fu costruito, a Castrovillari le forti resistenze del territorio hanno fatto abortire il progetto.

«Intanto – attacca Laghi - bisogna dire che in tutto il mondo li chiamano inceneritori sia se producono o meno energia. Le ceneri prodotte negli impianti sono rifiuti speciali e quindi vanno in discarica. Inoltre, la domanda se inquinino o meno è pleonastica, retorica: non esistono inceneritori che non inquinano, di qualunque generazione. Ogni volta che nasce una nuova tecnologia, si dice che quella precedente inquinava e quella nuovo no. Ma non è vero, perché gli inceneritori non solo producono gas climalteranti, dovuti alla combustione, che contribuiscono cioè a cambiare gli eventi climatici, ma inquinanti cancerogeni, a cominciare dal particolato, cioè le polveri fini e ultrafini che non possono essere intercettate da nessun tipo di filtro. In aggiunta al particolato, metalli pesanti e quant’altro. Tutte cose che non possono essere filtrati. Tutti ciò non contribuisce a eleminare le discariche, ma a produrre ceneri che hanno bisogno di discariche, inserendo quest’ultime irreversibilmente nel ciclo dei rifiuti».

Non tutti, però, sono contrari al raddoppio né in generale ai termovalorizzatori (o inceneritori, che dir si voglia). È il caso del geologo Mario Pileggi, esponente calabrese dell’associazione ambientalista di Amici della terra, che ha commentato in un post sulla nostra pagina di Facebook durante la diretta di Dopo della notizia.

«Come Amici della Terra – scrive Pileggi - lo dimostriamo da anni. Infatti, fin dal 1995, intervenendo subito dopo la prima emergenza rifiuti, quella di Milano, abbiamo chiesto pubblicamente a tutto il movimento ambientalista di superare il tabù della combustione controllata dei rifiuti, prendendo atto della grande evoluzione tecnologica dei termovalorizzatori rispetto ai vecchi impianti di incenerimento che erano – quelli sì! - inquinanti e pericolosi. Un’evoluzione tecnologica che permette di recuperare l’energia dai residui non riciclabili, che garantisce il funzionamento in sicurezza per la salute pubblica anche all’interno delle città, che ha le più basse emissioni inquinanti rispetto a quelle di ogni altro impianto industriale e che consente l’utilizzo del calore prodotto per il riscaldamento delle abitazioni o per gli usi industriali e agricoli. Non solo. La tecnologia consente il controllo in tempo reale sulle emissioni e sul corretto funzionamento degli impianti da parte delle autorità ambientali e sanitarie e la raccolta dei dati a disposizione dei cittadini».

La tesi di Pileggi è stata contestata in diretta da Laghi che ha sostenuto come sull’inquinamento prodotto dell’incenerimento non ci possano essere opinioni su cui discutere: «I fatti dimostrano che bruciare i rifiuti inquina e provoca il cancro». Ci sono, però, anche altre manifestazioni di assenso verso il sì all’incenerimento.

È il caso dell’ingegnere Fabio Scionti, segretario regionale di Azione e candidato alle elezioni politiche del 25 settembre scorso con il Terzo Polo.

«Sull’impiantista – spiega Scionti - siamo stati sempre chiari: va fatta. Nel rispetto delle norme tecniche ambientali, però, si potrebbe ripartire dal Piano regionale dei rifiuti che prevede due impianti in Calabria, uno dei quali nel nord della nostra regione, non tutto concentrato a Gioia Tauro. Ci sono moltissimi esempi di termovalorizzatori che funzionano e che rilasciano emissione congrue ai dettami di legge. E diciamo chiaramente che per come è organizzata oggi la nostra società e la produzione di massa nel mondo, anche l’indifferenziata spinta non basta a evitare di produrre indifferenziata. La conseguenza è che le discariche e i termovalorizzatori sono ancora necessari».

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